K metro 0 – Roma – Giorgio Napolitano (1925) è stato il primo Presidente della Repubblica eletto due volte, in una condizione straordinaria per la drammaticità di una situazione pesantemente condizionata dai mercati finanziari e da vincoli europei inesistenti nel passato. Il costante stimolo ad operare da lui dato a Governo e Parlamento, col supporto
K metro 0 – Roma – Giorgio Napolitano (1925) è stato il primo Presidente della Repubblica eletto due volte, in una condizione straordinaria per la drammaticità di una situazione pesantemente condizionata dai mercati finanziari e da vincoli europei inesistenti nel passato.
Il costante stimolo ad operare da lui dato a Governo e Parlamento, col supporto di consigli, pareri e riflessioni, fu dovuto non ad una sua volontà prevaricatrice, bensì dalla progressiva auto-paralisi delle Istituzioni interessate.
Il 10 maggio 2006 fu eletto Presidente della Repubblica, alla qual carica venne confermato il 20 aprile 2013. In ordine alla sua dimensione personale, nel corso di un’intervista a Scalfari, affermò: “Non possiamo non dirci liberali perché storicamente, anche nel passaggio dal liberalismo alla democrazia sono stati preservati i valori fondamentali della fase di sviluppo liberale, della storia moderna e contemporanea[..], riconosciuti fondanti di qualsiasi prospettiva di trasformazione della società si possa immaginare”.
Quanto al discorso sulla Fede, Napolitano disse di aver ricevuto una giovanile educazione religiosa, dalla quale si era in seguito distaccato calandosi “interamente in un’altra dimensione di vita, politica, culturale, istituzionale”. Ci si poteva chiudere nella convinzione che non si era stati toccati da “un lume di grazia”; ma affermò al riguardo che il discorso non doveva “finire lì”.
In occasione del messaggio contestuale al giuramento innanzi al Parlamento, tracciò gli obiettivi primari che avrebbe seguito nel corso del mandato: coesione nazionale, rilancio dell’Europa unita, lotta alla criminalità interna come al terrorismo internazionale, equilibrio tra i Poteri dello Stato.
L’Europa andava considerata “per noi italiani una seconda Patria”, dopo che si era portata a compimento la più grande impresa di pace del Novecento nel cuore del Vecchio Continente, realizzandosi uno straordinario e duraturo avanzamento economico e sociale, civile e culturale nei Paesi che ne erano entrati a far parte.
Nel corso dell’ intervento alla seduta del Consiglio Superiore della Magistratura nel 2008, Napolitano affermò il dovere dei pubblici amministratori a confrontarsi correttamente con la Magistratura chiamata al controllo di legalità, con lo speculare dovere di quest’ultima di evitare spettacolarizzazioni mediatiche, magari al fine di “toccare i potenti, anche contravvenendo a regole inderogabili.”
Nel 2011 in merito al decreto Milleproroghe, censurò l’aggiunta in sede di conversione di norme diverse da quelle previamente approvate e verificate, il che sviliva il ruolo del controllo presidenziale, aggiungendo un’altra patologia a quella del ricorso abnorme alla decretazione di urgenza, in mancanza dei relativi presupposti
Il mandato di Napolitano venne ad acquisire una crescente incisività sui tre poteri tradizionali, sicché iniziò a parlarsi di Repubblica tendenzialmente “presidenziale”, ed i governi affidati a Monti e poi ad Enrico Letta, furono etichettati come “Governi del Presidente”.
Nel 2013 Napolitano fu rieletto con suffragio plebiscitario dalle maggiori forze presenti in Parlamento, che nell’occasione sembrarono aver superato – almeno una volta- gli insormontabili dissidi e le contrapposizioni che avevano portato il Paese alla paralisi.
Nell’ottobre 2013 per la prima volta- avendo sempre in precedenza fatto ricorso alla moral suasion– rivolse un “Messaggio alle Camere” sulla questione carceraria, per richiamare i parlamentari sulla sua drammatica urgenza, avverso le tantissime violazioni del divieto di trattamenti inumani verso i detenuti, cui andava ad aggiungersi la durata irragionevole dei processi.
Al crepuscolo di un mandato ab origine accettato per un periodo breve, sperando che potessero risolversi in tutto o in parte i problemi evidenziati durante il noto discorso del suo secondo insediamento, Napolitano dovette sconsolatamente prendere atto di quel mancato rinnovamento della politica che aveva percepito come una delle emergenze prioritarie.
Era più che mai urgente reagire al qualunquismo dell’antipolitica, denunciandone le faziosità, i luoghi comuni, le distorsioni, impegnandosi in pari tempo non solo nelle riforme istituzionali e politiche necessarie, ma anche in un’azione volta a riavvicinare i giovani alla politica- valorizzando anche del ruolo insostituibile dei partiti- la quale non doveva risolversi nella routine burocratica, nel carrierismo personale nella miserevole compravendita di favori , “nella scia di veri e propri circoli di torbido affarismo e sistematica corruzione”.
Nella circostanza del discorso del 4 febbraio 2014 al Parlamento europeo di Strasburgo, il Capo dello Stato, notò che negli ultimi 7 anni era maturata una crescente disaffezione verso l’UE presso larghi strati della popolazione nella maggior parte dei Paesi membri, per il peggioramento delle condizioni di vita e dello status sociale, con l’aumento della disoccupazione e l’impennata drammatica di quella giovanile in particolare.
Le scelte dell’Unione, percepita riduttivamente nella sua dimensione “economicistica”, rischiavano “di farci perdere la nostra identità storica, il nostro retaggio culturale, il nostro esempio e modello di integrazione sovranazionale quale comunità di diritto, di economia sociale di mercato”.
Nell’ultimo messaggio augurale di fine d’ anno, dopo aver premesso la doverosità della sua uscita di scena per l’età assai avanzata, auspicò un clima di serenità per l’elezione del successore, dove le forze politiche erano chiamate a fornire una prova di maturità e responsabilità nell’ interesse del Paese, in quanto “destinata a chiudere la parentesi di un’ eccezionalità costituzionale”.