K metro 0 – Roma – L’anno in corso inizia con una speranza in più, considerato il momento, per la concertazione dal basso di politiche di sostegno allo sviluppo economico locale. A fine gennaio la gazzetta ufficiale pubblica il tanto atteso decreto per la ripartizione ed il trasferimento delle risorse residue dei Patti territoriali. Strumenti,
K metro 0 – Roma – L’anno in corso inizia con una speranza in più, considerato il momento, per la concertazione dal basso di politiche di sostegno allo sviluppo economico locale. A fine gennaio la gazzetta ufficiale pubblica il tanto atteso decreto per la ripartizione ed il trasferimento delle risorse residue dei Patti territoriali. Strumenti, questi, di ausilio finanziario che tanto hanno contribuito in passato a finalizzare l’incremento dell’occupazione ed il riequilibrio territoriale nelle aree ritenute economicamente depresse. Ciò è avvenuto all’indomani della legge del 341/1995 che ne ha sollecitato la, condivisione, a seguito della quale sono stati approvati, nel primo quinquennio, una sessantina di Patti territoriali. Una stagione che, perfezionati nel 1996 ciascuno degli strumenti negoziali di intervento nell’economia locale, ha introdotto la programmazione (economica) negoziata.
In virtù della quale un ampia tipologia di finanziamenti è stata messa a disposizione delle autonomie locali e comparti economici, dallo Stato centrale (Ministero Sviluppo economico), per la concertazione di compositi strumenti finanziari di sviluppo. Per la programmazione negoziata, infatti sono stati previsti dalla risalente disciplina non solo i Patti Territoriali, ma altre forme di concertazione, quali i contratti d’area ed i contratti e accordi di programma. A prescindere dalle criticità che in alcuni casi si sono rilevate, non dovute al sistema teorico del Patto, ma alla debolezza delle forze messe in campo, l’avvenuta pubblicazione del decreto segnala che lo Stato ritiene ancora proficua la programmazione negoziata, ai fini dello sviluppo economico locale. Una forma di politica programmatoria attiva, per l’appunto, diretta a contribuire dal canto suo alla coesione economica e sociale, secondo quello che resta sempre l’obiettivo che, a far data dal 1986, l’Atto Unico Europeo si è prefisso per l’intera Unione Europea e tuttora impone, nella teoria della propria spesa pubblica, anche alle singole Regioni d’Europa, da quando queste ultime hanno assunto un proprio protagonismo nel contesto della programmazione dei fondi strutturali dell’Unione stessa. C’è da conservare un’ulteriore speranza, a questo punto, che nel prosieguo il sistema della programmazione negoziata sia ulteriormente strutturato con il finanziamento, soprattutto, di quelle esperienze territoriali che hanno rivelato effettiva capacità di negoziazione, lasciando di conseguenza, sui territori, palesi indicatori di crescita economica e sociale.