Beatrice Covassi, attualmente Capo rappresentanza della Commissione europea in Italia dal 16 aprile 2016, è il tramite tra i media, i cittadini europei e le varie istituzioni nazionali, internazionali e regionali rappresentando nel nostro paese, oltre alla stessa Commissione europea, anche il presidente Jean-Claude Juncker. Dotata di forti competenze diplomatiche e abile nei rapporti con
Beatrice Covassi, attualmente Capo rappresentanza della Commissione europea in Italia dal 16 aprile 2016, è il tramite tra i media, i cittadini europei e le varie istituzioni nazionali, internazionali e regionali rappresentando nel nostro paese, oltre alla stessa Commissione europea, anche il presidente Jean-Claude Juncker. Dotata di forti competenze diplomatiche e abile nei rapporti con il pubblico, già primo consigliere, dal 2010 al 2014, a Washington DC presso la delegazione dell’Unione Europea, con mansioni di Cyber Security e responsabile del Portafoglio di economia digitale e Cyber Security transatlantica. Esperta di argomenti riguardanti internet e la tutela dei dati personali in rete, la dott.ssa Covassi dal 2000 ha inoltre ricoperto diverse cariche a Bruxelles e a Lussemburgo presso la Commissioni Europee, con mansioni di sviluppo del Mercato unico digitale e di assistente alle Politiche di direzione delle comunicazioni elettroniche. Ha lavorato anche come Capo aggiunto delle unità strategiche preposte all’agenda digitale europea e guida principale nello sviluppo di politiche riguardanti i cosiddetti dati aperti.
K metro 0 – Intervista di Emiliano Federico Caruso
La diplomazia europea è un’istituzione ancora giovane: molti dei suoi compiti e poteri sono stati possibili solo in seguito al Trattato di Lisbona. Considerando che nell’attuale clima geopolitico mondiale l’Europa sta cercando di rendersi più forte, quale futuro potrà ritagliarsi?
“La diplomazia europea è ancora molto giovane. Ha percorso molta strada e molta rimane ancora da percorrere. Il “Servizio europeo per l’azione esterna” (SEAE) rappresenta una delle principali novità del Trattato di Lisbona. Il SEAE è stato istituito con il compito di assistere l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, lavorando in collaborazione con i servizi diplomatici degli Stati membri, con l’obiettivo di coordinare e rendere coerenti le scelte di politica estera dell’UE. I cittadini hanno cominciato a conoscere il ruolo della diplomazia europea soprattutto in questa legislatura: una diplomazia che rispetta i partner internazionali ma che rivendica la propria autonomia. Rimangono ancora molte le sfide da superare, una di queste passa necessariamente dal campo della difesa e sicurezza comuni. Un tema per anni rimasto ostaggio del dibattito su un esercito europeo, recentemente superato da un piano di cooperazione più concreto e realizzabile. Oggi l’UE è la seconda potenza al mondo in termini di spesa nel campo della difesa. Una spesa che non supera, tuttavia, il 50% di quella statunitense a cui fa fronte una capacità produttiva del 15% rispetto a quella dei nostri alleati d’Oltreoceano. Integrare le infrastrutture e incentivare progetti comuni: grazie a questo nuovo approccio l’Europa è stata in grado di porre il primo mattone per la costruzione di un sistema comune in questo campo”
Secondo Lei quali sfide dovrà affrontare l’Unione Europea, alla luce dell’ultimo incontro allo State Of The Union di Firenze, per fortificare il messaggio politico?
“Per dirla in una parola sola, citando il Presidente della Commissione Jean Claude Juncker: “Solidarietà“. La sfida più grande per il futuro dell’Europa unita passa necessariamente dal rafforzamento del legame solidale alla base della sua ragion d’essere. Il banco di prova si presenta nei momenti di crisi: la crisi finanziaria e, per quanto riguarda l’Italia in particolare, la crisi dei migranti. La Commissione ha presentato con coraggio una riforma del Regolamento di Dublino, ispirando il nuovo testo pienamente a questo principio. Il concetto di “Paese di primo approdo“, su cui si è incentrata la discussione in questi anni, e che ha lasciato di fatto soli i paesi frontalieri, è stato superato dal nuovo testo del Regolamento, che attende ora di essere approvato dal Consiglio dell’UE. Lo stesso Presidente Juncker ha citato questa riforma a Firenze come un tassello fondamentale per ritrovare il giusto spirito di collaborazione tra gli Stati Membri”
Infatti una delle questioni importanti che l’Europa dovrà affrontare in futuro è il tema dell’immigrazione. Secondo Lei dopo l’incontro a Firenze sarà possibile arrivare a un disegno comune europeo per quanto riguarda la gestione dell’immigrazione e le quote di accoglienza che spettano a ogni Stato? E come?
“Questo dipenderà da quale Europa vorranno i Governi europei e, indirettamente, i cittadini europei. La decisione sulla riforma del Regolamento di Dublino spetta al Consiglio dell’UE. Allo stesso tempo la Commissione, affrontando per la prima volta in modo organico il fenomeno, ha costruito però in questi anni un quadro di azioni coerente e coordinato, sia sul piano interno che sul piano esterno. Dal 2016 è stata infatti istituita una Guardia Costiera e di Frontiera Europea, che sta attualmente sostenendo le guardie di frontiera nazionali con 1.350 esperti inviati lungo tutte le rotte migratorie. Inoltre, grazie all’accordo UE-Turchia, gli arrivi irregolari sulla rotta balcanica hanno registrato una riduzione del 97 %. A tutto questo si aggiungono gli accordi di riammissione prossimi ad essere finalizzati con la Nigeria e la Tunisia e, in fase negoziale, gli accordi quadro, oltre che con la Nigeria, anche con Costa d’Avorio, Senegal e Mali. A tutto questo bisogna aggiungere le iniziative messe in atto per agire sulle cause profonde dei processi migratori. Il Fondo fiduciario per l’Africa e il piano per gli investimenti esterni, ad esempio, rispettivamente dotati di 2,5 miliardi di euro e di 4 miliardi di euro, sono stati creati per garantire la sicurezza, stimolare lo sviluppo e la crescita economica nei paesi in via di sviluppo. Non dimentichiamo, infine, che non può esserci migrazione legale senza l’apertura di canali legali di immigrazione. Oltre alle nuove norme introdotte sulla carta blu, la Commissione ha promosso alcuni progetti pilota, finalizzati a favorire l’incontro di domanda e offerta sul mercato del lavoro. Progetti rivolti a tutto il territorio dell’UE, con l’obiettivo di individuare un sistema di gestione comune anche della immigrazione economica”
Di recente l’Europa ha chiesto di fare di meglio per il clima. L’obiettivo europeo di ridurre le emissioni di carbonio del 40% entro il 2030 è stato molto criticato, in quanto ritenuto insufficiente. È aumentare questa percentuale? Arrivando persino, a “…emissioni nette di Co2 pari a zero nell’Ue entro il 2050” come proposto da Tara Connolly di Greenpeace e altri?
“L’UE e i suoi cittadini hanno una particolare sensibilità verso la tutela dell’ambiente. Non esiste un piano B per il nostro pianeta. La tabella di marcia verso un’economia a basse emissioni di carbonio prevede oggi una riduzione per tappe delle emissioni di gas a effetto serra dell’80% rispetto ai livelli del 1990. Il 2030 è solo una tappa. Esistono settori in cui è possibile intervenire in modo importante. Penso alla produzione di energia o alle emissioni provenienti dalle abitazioni domestiche e dagli uffici, con riduzioni possibili anche oltre il intorno al 90%. Per quanto riguarda ad esempio i trasporti le riduzioni stimate sono più contenute, così come quelle provenienti da fertilizzanti, concimi e bestiame. L’obiettivo predisposto è stato stabilito tenendo conto di tutti questi fattori. Non dimentichiamo poi, sempre rimanendo sul tema ambientale, l’insieme di misure proposte dalla Commissione per promuovere un’economia di tipo circolare, ponendo vincoli sempre più stringenti alla gestione dei rifiuti, non solo in termini di riduzione degli sprechi ma anche per il loro riutilizzo e trasformazione. Entro il 2030 ci proponiamo di rendere riciclabili tutti gli imballaggi in plastica presenti sul mercato. Allo stesso tempo ci proponiamo di riciclare, entro il 2035, il 65% dei rifiuti urbani. Chiaramente un’Europa sostenibile è possibile solo facendo appello al nostro senso civico: i cittadini sono e saranno i veri protagonisti di questo processo di rinnovamento sociale”
L’Europa ha intimato ai giganti della Rete, specialmente ai Social network e alle loro piattaforme, di non raccogliere più i dati degli utenti, pena pesanti multe. Non è la prima volta che uno Stato europeo si impegna seriamente nella difesa della privacy degli utenti. Mentre la piattaforma Google si è adattata subito alle direttive europee, Facebook e Twitter hanno ammesso solo in parte le loro responsabilità. Cosa potrà fare l’Unione Europea per migliorare questa situazione?
“La difesa dei dati dei cittadini e la privacy sono un valore fondamentale per l’UE. Sul piano interno la legislazione europea in materia è tra le più avanzate in tutto il mondo. Il 25 maggio è entrato in vigore il Regolamento generale europeo sulla protezione dei dati che è ancora più restrittivo rispetto alla precedente direttiva, soprattutto riguardo la compravendita e la cessione a terzi di dati. Le compagnie saranno direttamente responsabili del trattamento dei dati dei consumatori e, in caso di violazione, dovranno far fronte a multe che possono arrivare fino al 4% del fatturato globale. Sul piano internazionale, invece, sono già stati messi in campo strumenti per tutelare i cittadini europei. In questa direzione si muove il Privacy Shield, lo “scudo per la privacy”: un accordo siglato con gli Stati Uniti, introdotto nel 2016, che garantisce il rispetto delle norme europee in caso di trasferimento di dati verso gli USA. È il caso ad esempio delle piattaforme social. Attualmente sono in corso trattative anche con il Giappone e con la Corea del Sud”
Considerando che l’ufficio della Commissione Europea è un punto di riferimento politico e sociale, cosa sta facendo per migliorare la fiducia dei cittadini nei confronti dell’Europa intesa come punto di riferimento politico e sociale in vista delle elezioni del 2019?
“L’Europa è ciò che i cittadini vogliono che sia. Per questo il 9 maggio, Festa dell’Europa, abbiamo lanciato due importanti iniziative in vista delle prossime elezioni europee del 2019. Con la campagna “EU and ME“, rivolta soprattutto ai giovani, abbiamo voluto ricordare alle nuove generazioni quanta Europa ci circonda nella nostra vita di tutti i giorni. Spesso senza accorgercene, cogliamo ogni giorno le infinite opportunità che l’Unione ci offre: pensiamo al fatto di viaggiare liberamente all’interno dell’UE o ai vantaggi dell’abolizione del roaming, senza contare l’espansione delle rotte aeree low cost, conseguenza della liberalizzazione e dell’unificazione del mercato. Accanto a questa Campagna, la Commissione ha inoltre lanciato una consultazione pubblica, facilmente raggiungibile online, rivolta a tutti i cittadini per chiedere loro quale direzione debba prendere il futuro dell’UE. La consultazione rimarrà aperta fino al 9 maggio 2019, dando la possibilità a tutti gli europei di contribuire a quello che riteniamo debba continuare ad essere un futuro comune”