Frédéric Lefebvre è uno dei principali attori della vittoria di Nicolas Sarkozy alle presidenziali del 2007, di cui fu anche il consigliere per anni. È stato poi ministro del commercio, del consumo e turismo, e deputato dei francesi in America del Nord. Ha poi lasciato il suo partito le LR in piena campagna presidenziale nel 2017. Intervista di Pierre
Frédéric Lefebvre è uno dei principali attori della vittoria di Nicolas Sarkozy alle presidenziali del 2007, di cui fu anche il consigliere per anni. È stato poi ministro del commercio, del consumo e turismo, e deputato dei francesi in America del Nord. Ha poi lasciato il suo partito le LR in piena campagna presidenziale nel 2017.
Intervista di Pierre Sled
Dopo il Brexit in Inghilterra, l’elezione di Macron all’Eliseo, quella di Trump negli USA, è il turno degli italiani di un rovesciamento di scenario politico tradizionale. Quali sono i punti comuni di questi cambiamenti?
Una profonda crisi di fiducia tra il popolo e le élites politiche e amministrative. L’incapacità dei governi a rispondere alle angosce profonde dei cittadini. Il bisogno di sconvolgere il sistema che da decenni si auto-mantiene con grandi profitti e larghi compensi. Sono questi i punti in comune tra paesi peraltro molto diversi, che hanno come conseguenza quella di smobilitare quelli che invece hanno sempre scelto la ragione e di unire coloro che hanno la sensazione spesso corretta di essere i parenti poveri esclusi dalle politiche economiche e sociali. A ciò si aggiunge la sensazione che la mondializzazione porti un futuro solo alle classi più agiate, e che abbia come conseguenza la cancellazione delle identità locali. La pressione migratoria e l’aumento del terrorismo di matrice islamica nutrono le paure e danno voce a coloro che incitano a ripiegarsi su sé stessi.
Gli effetti della politica contro l’immigrazione, annunciata da Matteo Salvini, non hanno tardato a manifestarsi con il respingimento dell’Aquarius. L’Italia ha rispettato i diritti umani?
Non solo non ha rispettato i diritti umani, ma neppure gli obblighi sanciti dagli accordi internazionali. Ci sono delle regole. L’Italia si è resa colpevole di omissione di soccorso a persone in pericolo di vita! Salvini, un provocatore populista diventato ministro, calpesta il diritto internazionale. Ma la cosa più grave è che deve la sua ascesa al potere al dilettantismo di Silvio Berlusconi, che, pronto a tutto pur di ritornare al potere, ha sacrificato all’interesse personale i valori della destra italiana. In Francia abbiamo un uomo che si vuole leader della destra, che non ha il carisma di Berlusconi, ma che sta tentando la stessa scommessa. Tutto ciò terminerà ancora una volta con il vantaggio dell’estrema destra. Marion Maréchal le Pen farà di lui un sol boccone…
Ma l’Europa non ha un po’ abbandonato l’Italia sulla questione dell’immigrazione?
Totalmente. Io combatto questa idea assurda che i paesi che hanno una frontiera europea sul loro territorio siano responsabili di renderla sicura. In questo modo si mette una pressione economica e giuridica insopportabile sulle spalle di paesi talvolta fragili sul piano economico e sociale. È istruttivo il caso della Grecia, che ha una frontiera permeabile. Mi vergogno del fatto che in passato paesi Europei, e la Francia in particolare, abbiano messo in discussione l’Italia. L’Italia non è all’origine della destabilizzazione della Libia, ma oggi è l’Italia che si trova tra i paesi più esposti alle conseguenze di questa destabilizzazione. Da 10 anni chiedo di avere una polizia comune europea per le frontiere, equipaggiata di mezzi aerei, terrestri e marittimi e finanziata a parti uguali da ogni paese, al di là dell’esposizione diretta che esso possa avere ai flussi migratori. Frontex, l’agenzia europea, non è all’altezza… Così l’Europa proteggerà le sue frontiere, invece di gridare vendetta contro coloro che sono in prima linea e che semplicemente subiscono.
Che rapporti dovrebbe avere la Francia, e più generalmente l’Europa, con un paese di cui uno dei leader è apertamente contro migranti e stranieri?
Gli italiani si sono espressi con il voto e la Francia deve rispettare questa scelta. Tuttavia, noi dobbiamo ricordare al Governo italiano che non ha il diritto di non rispettare le regole comuni. L’Italia non è l’unico paese a trovarsi in questa situazione. L’Austria è in una situazione analoga. Un vento populista soffia in Europa. Dobbiamo fare attenzione alle prossime elezioni europee. Dobbiamo ridare all’Europa delle ambizioni in tema di Difesa e Sicurezza comuni. La Francia e la Germania dovrebbero essere il motore di queste questioni e non occuparsi soltanto di questioni monetarie, economiche e finanziarie. Non dimentichiamoci che l’Europa è nata da una guerra e che la prosperità economica è possibile solo se c’è stabilità. Dobbiamo smettere di farci tenere per mano dal nostro fratello maggiore americano. Possiamo dire oggi che la NATO sia ancora adatta al contesto attuale, quando uno dei suoi pilastri, la Turchia, é nelle mani di un dittatore che fa il doppio gioco, e un altro dei suoi pilastri, gli Stati Uniti, sta lanciando una guerra economica contro l’Europa?
Ad un anno dalla sua elezione, come giudica il bilancio di Emmanuel Macron dal punto di vista economico?
Si è impegnato a fare delle riforme che la destra, ed in particolare quella di Nicolas Sarkozy di cui sono stato ministro, non ha avuto l’audacia di intraprendere. La semplificazione del diritto sociale, la riduzione degli oneri fiscali per le aziende o gli incentivi agli investimenti in economia. E lo stesso dicasi per l’adattamento alla mondializzazione, la riforma della SNCF (la società dei trasporti ferroviari), nonostante gli scioperi, i blocchi ovvero le azioni di presa in ostaggio da parte dei sindacati, sono una prova della sua tenacia e del suo sangue freddo. Macron deve adesso adattare il modello sociale e renderlo più giusto. È la sfida che abbiamo davanti a noi. Come uomo di destra e umanista, intendo aiutarlo a realizzare tutto questo. Sostengo da anni il reddito di cittadinanza, che a mio avviso sarà il modello mondiale da qui a 10 anni. Dobbiamo offrire più giustizia ma nello stesso tempo dobbiamo diminuire i fenomeni di intermediazione, disintermediare, poiché la gestione dell’amministrazione costa sempre di più e utilizza una immensa parte di risorse che potrebbero essere invece ridistribuite a coloro che ne hanno più bisogno. Ecco una nuova ambizione europea da difendere.
Il nuovo Presidente sembra accentrare tutti i poteri, appoggiandosi oltretutto su una assemblea nella quale ha la maggioranza assoluta. É una cosa positiva per il paese?
È comunque una garanzia di efficacia e rapidità. Ci ricorda gli anni d’oro del gaullismo. Ma bisogna fare attenzione a non diventare sordi e trascurare le preoccupazioni dei cittadini. Il Presidente ha adottato una logica multipolare: ha nominato un buon primo ministro di destra, Edouard Philippe. Il suo partito, «En Marche», come tutti i partiti, è in una logica bipolare. Non gli facilita certo la vita, e su molti temi la destra è oggi più in fase con il Presidente. Avremo successo soltanto vincendo la sfida e ottenendo una coalizione solida e duratura come ha saputo fare Angela Merkel in Germania. Questa è la logica che seguiamo con « Agir », di cui sono uno dei cofondatori insieme a molti altri deputati che hanno lasciato LR (Les Républicains), il mio ex partito, la cui deriva identitaria sta girando le spalle ai valori umanisti, liberali e gollisti della destra francese.
L’Europa deve far fronte all’ultra-protezionismo economico degli USA; secondo lei ha armi a sufficienza per far sentire la propria voce?
Da soli non possiamo riuscire. L’asse Macron-Trudeau é un’opportunità. L’accordo CETA sul libero scambio tra Europa e Canada, troppo spesso presentato come un cavallo di Troia per gli americani deve invece diventare il nostro cavallo di Troia in America del Nord. Con i nostri amici canadesi, dobbiamo essere aggressivi e reattivi! Assolutamente non lasciare che gli americani ci impongano le loro regole.
Quando lei era un deputato francese in America del Nord, ha incontrato Donald Trump. É imprevedibile come vuol lasciar credere?
Sono stato il solo non americano a partecipare al pranzo di investitura al Campidoglio. Devo dire che avevo già previsto la sua elezione l’anno prima, quando nessuno avrebbe scommesso una lira su di lui. Avevo preso la misura del malessere americano. Gli Stati Uniti non si possono limitare alla sola New York o a Los Angeles, come credono ingenuamente i francesi o gli italiani. Al contrario, Trump è molto prevedibile. Applica alla lettera tutto ciò che ha detto. É una cosa che sorprende, perché siamo abituati al fatto che i politici facciano il contrario di ciò che promettono. Ha un metodo che sebbene abbia sconcertato all’inizio, resta sempre lo stesso. Attacca i problemi in modo brutale per portare avanti le sue idee. Un metodo da business man.
L’Europa è composta da 28 paesi che sul piano economico sono molto diversi gli uni dagli altri. É una forza o un freno?
La diversità è una grande forza. Ma io sono a favore dello sviluppo di un unico sistema di diritto degli affari europei, perché l’Europa possa diventare una piattaforma di lancio di aziende mondiali come avviene negli gli Stati Uniti. Lì una start-up nasce in uno stato, e spingendo un bottone può duplicarsi in tutto il paese. Qui, la medesima start-up che si lancia in Francia deve ricominciare tutto da zero in Italia. E poi ricominciare da zero in Germania o in Spagna…
Quando usciremo secondo lei da questa crisi che dura da più di 10 anni?
Sono abbastanza preoccupato riguardo agli squilibri mondiali. Il mondo non è mai stato cosi instabile. In Medio Oriente, ma anche in Asia, anche se i fatti recenti in Corea del Nord sono piuttosto positivi. Senza contare l’Africa, che si trova a un crocevia. Poi ci sono le tentazioni isolazioniste, come negli Stati Uniti, che sono premonitrici di brutte sorprese. Per fortuna una innovazione galoppante e una gioventù intraprendente stanno disegnando una nuova crescita. Se riusciremo ad accompagnare l’Africa nel suo sviluppo e se l’ambiente diventerà una priorità, allora riusciremo a reinventare dei nuovi motori di crescita mondiale. Dobbiamo essere europei convinti ed aperti agli altri, e formare nuove alleanze strategiche, solo allora l’avvenire sarà radioso e sicuro.