K metro 0 – Roma – È “tosto” davvero il ministro dell’Economia Giovanni Tria. Continua a rassicurare i mercati finanziari e i nostri partner europei senza mai “chinare la testa” o cercare d’altra parte lo scontro. E lancia messaggi tranquillizzanti anche ai cittadini italiani con il Def, Documento di programmazione economica e finanziaria approvato alla
K metro 0 – Roma – È “tosto” davvero il ministro dell’Economia Giovanni Tria. Continua a rassicurare i mercati finanziari e i nostri partner europei senza mai “chinare la testa” o cercare d’altra parte lo scontro. E lancia messaggi tranquillizzanti anche ai cittadini italiani con il Def, Documento di programmazione economica e finanziaria approvato alla Camera e al Senato lo scorso giugno. Eh, sì, perché la risoluzione votata in aula impegna il governo a disinnescare le clausole di salvaguardia sugli aumenti Iva e le accise sui carburanti, che nel 2019 valgono circa 12,5 miliardi di euro. E, soprattutto, si chiede di riconsiderare in tempi brevi il quadro di finanza pubblica 2019- 2021, virando su una maggiore flessibilità delle regole Ue.
Si era capito subito, ai suoi esordi, che Tria aveva le idee chiare. Nella sua prima intervista rilasciata al Corriere della Sera, aveva parlato «di un avanzo primario (prima degli interessi) fra i più alti d’Europa; di una posizione finanziaria netta con l’estero ormai in equilibrio; di tanti crediti quanti debiti e di questo passo saremo creditori netti sul resto del mondo in pochi anni». Insomma, aveva subito dileguato ogni dubbio. Un paese in crisi? «Direi di no» la sua risposta secca. Anzi, «un’economia italiana solida, ma ora occorre puntare sugli investimenti e ridurre il deficit» Soprattutto investimenti pubblici, necessari per rafforzare la competitività globale italiana. Perché rilanciano la domanda e portano di conseguenza anche investimenti privati. Un obiettivo cui tiene molto, tanto da voler istituire una task force apposita per realizzarlo. Il calo nel comparto, a suo dire deriverebbe non tanto dalla carenza di risorse ma dalla perdita di competenze a livello locale e dagli effetti del Codice degli Appalti. Insomma, lo scoglio principale è snellire gli ostacoli procedurali, amministrativi e burocratici, restituendo dunque alle amministrazioni la capacità tecnica di progettare ed eseguire i lavori.
Per il ministro, gli investimenti pubblici sono la “leva” per la crescita nel medio e lungo periodo, magari utilizzando i fondi europei e quelli nazionali già stanziati.
Ridurre il deficit strutturale e il debito, fra l’altro «non risponde solo ai vincoli europei – ha dichiarato poi al suo primo Ecofin il 22 giugno – ma risponde a problemi che l’Italia deve affrontare nel proprio interesse, considerando che è un’economia aperta e che si muove su mercati finanziari globali». Il nostro debito è difatti pienamente sostenibile e questo è noto a tutti gli economisti, ma «l’importante è che siano i mercati a credere a queste stime, perché le aspettative irrazionali sono importanti e dobbiamo tenerne conto». All’Ecofin (Consiglio di Economia e finanza che si riunisce in seno al Consiglio dell’Ue ed è composto dai ministri dell’economia e delle Finanze dei 27 Paesi membri), Tria ha ripetuto l’intenzione del governo italiano di ridurre il deficit annuo dello 0,3%. Precisando che «si stanno facendo dei calcoli che una piccola deviazione dall’impegno che la Commissione europea già si aspetta deriverebbe dal fatto che lo 0.3% dipende da un quadro macroeconomico favorevole. Naturalmente ora c’è un rallentamento in tutta l’Ue, e ci possono essere piccole deviazioni, ma nella sostanza le linee economiche non cambiano». In effetti, la ripresa dell’economia italiana va avanti, «ma a ritmi più contenuti del 2017, alla luce del quadro internazionale e delle spinte protezionistiche, le prospettive di crescita e finanza pubblica sono meno favorevoli». In definitiva, la fase di rilancio è comunque alla nostra portata. Questo è il messaggio che emerge e che conta. Il quadro macroeconomico di tendenza del Def prevede un deficit allo 0,8% del Pil nel 2019 e il pareggio di bilancio nel 2020, con il debito che «inizierebbe un chiaro percorso discendente. È un’evoluzione che è bene non mettere a repentaglio». Il consolidamento del bilancio è difatti la condizione necessaria per mantenere la fiducia nei mercati finanziari, da cui non si può prescindere per tutelare i risparmi italiani e ottenere una crescita stabile.
Crescita dell’occupazione e sostenibilità del debito andranno dunque di pari passo e dovranno essere conciliate. A settembre potremo capire nell’ambito del quadro di programma le coperture adeguate alle misure di politica economica futura.
di Alessandro Luongo