K metro 0 – Roma – L’incantamento che suscita la visione del soggetto amato ha numerosi e illustri precedenti nella letteratura. Su questi indiscutibile primeggia Dante al quale la visione di Beatrice lo porterà alla composizione della Divina Commedia, ma anche il Petrarca non rimane immune dalla visione dell’immagine di Laura. La visione di una
K metro 0 – Roma – L’incantamento che suscita la visione del soggetto amato ha numerosi e illustri precedenti nella letteratura. Su questi indiscutibile primeggia Dante al quale la visione di Beatrice lo porterà alla composizione della Divina Commedia, ma anche il Petrarca non rimane immune dalla visione dell’immagine di Laura. La visione di una immagine, incanta, seduce, paralizza come ci ricorda anche il mito della Medusa.
Anche Serena Maffia nel suo romanzo La sua ragazza attinge a questo mito dell’essere soggiogati anima e corpo da una visione. Non certo per i contenuti spirituali come nel caso di Dante per Beatrice, ma per appagare quel desiderio di possesso della persona amata che si rivela poi essere un modo per scoprire se stessi. La sua ragazza (BookRoad Edizioni 2020) però non ha nulla di platonico né di elevazione religiosa, anzi, quella immagine in dettaglio da cui è attratta Francesca potrebbe benissimo essere tolta da un fotogramma porno. Perché la protagonista entrata inavvertitamente in una stanza vede lo sconosciuto Roscio essere oggetto di una fellatio da parte della sconosciuta Anna. La visione delle bella Anna sul pene del Roscio diventa per Francesca, che è lesbica, una ossessione e desiderio frenetico di arrivare alla bella Anna di cui si sente attratta e perdutamente innamorata. Potrebbe, essere una trama porno scaturita da una immagine/dettaglio porno, ma il romanzo è, invece, una indagine sul narcisismo, o meglio del mito di Narciso che fece dell’immagine, la sua, innamoramento e perdizione. E così il romanzo si svolge attraverso tutti i tentativi messi in atto da parte di Francesca per raggiungere e arrivare a possedere Anna della cui visione è tormentata. Inutile dire che il finale si rivelerà del tutto inatteso. E su questo binario della suspense l’autrice ci porterà a Venezia regno del fluttuante e capitale del riflesso liquido nel quale la storia troverà il suo scioglimento.
Nel romanzo, come nel mito di Narciso, ciò che attrae, apparentemente, è il proprio simile, ma ciò che ci somiglia è l’altro, inatteso e insondabile finché non ci si sprofonda dentro, per scoprire che l’immagine di noi stessi non è fatta come noi di carne ed ossa ma è composta di simulacri, di vestigia, di miraggi, perché la protagonista è sempre fuori luogo, sia in un senso fisico sia nel senso di essere in movimento e quindi, non è mai in se stessa, e il suo soprannome Frana le si adatta benissimo, perché dall’alto di una sua identità vissuta e supposta sprofonda verso l’alterità più radicale da cui è attratta inconsapevolmente, laddove Narciso ed Eco si fondono in un’unica immagine anche se apparentemente sdoppiati.
di Vittorio Pavoncello