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Rohingya: “un esempio di pulizia etnica da manuale”

Rohingya: “un esempio di pulizia etnica da manuale”

K metro 0 – Dhaka – Sono passati 3 anni dall’inizio delle violenze in Myanmar, quando oltre 700 mila Rohingya sono sfuggiti a quello che l’ONU ha definito “un esempio di pulizia etnica da manuale”. I rifugiati ammassati nei campi in Bangladesh hanno commemorato oggi il terzo anniversario del genocidio con preghiere silenziose all’interno delle tende

K metro 0 – Dhaka – Sono passati 3 anni dall’inizio delle violenze in Myanmar, quando oltre 700 mila Rohingya sono sfuggiti a quello che l’ONU ha definito “un esempio di pulizia etnica da manuale”. I rifugiati ammassati nei campi in Bangladesh hanno commemorato oggi il terzo anniversario del genocidio con preghiere silenziose all’interno delle tende a causa della pandemia di coronavirus. Le autorità bengalesi hanno imposto restrizioni nei campi sovraffollati per contenere la diffusione della pandemia.

Più di 1,2 milioni di Rohingya vivono da anni in campi di fortuna nel distretto sud-orientale di Cox’s Bazar, in Bangladesh. L’etnia più perseguitate al mondo hanno osservato il 25 agosto come “Giornata della memoria del genocidio dei Rohingya” poiché lo stesso giorno del 2017 l’esercito del Myanmar ha iniziato una brutale repressione contro i civili Rohingya, costringendo più di 750.000 persone a fuggire nel vicino Bangladesh in pochi giorni.

Si stima che in Bangladesh e Myanmar 108.037 bambini, per lo più Rohingya, siano nati confinati all’interno di campi profughi negli ultimi anni.  In questi luoghi sopportano condizioni inaccettabili per la vita dei bambini. Hanno accesso limitato all’istruzione e alle cure mediche, nessuna libertà di movimento e dipendono quasi interamente dagli aiuti umanitari.  Attualmente, Secondo l’organizzazione Save the Children circa 75.971 bambini sotto i tre anni vivono nei campi di Cox’s Bazar, ovvero il 9% della popolazione totale di rifugiati. Quasi tutti sono nati dopo che le loro madri sono fuggite in Bangladesh.

In un rapporto intitolato Forced Migration of Rohingya, a partire dal 25 agosto 2017, quasi 24.000 musulmani Rohingya sono stati uccisi dalle forze militari del Myanmar, inoltre più di 34.000 Rohingya sono stati anche gettati nel fuoco mentre oltre 114.000 altri sono stati picchiati, afferma il rapporto dell’OIDA.

Nel frattempo, 10 organizzazioni per i diritti dei Rohingya, tra cui Arakan Rohingya Society for Peace & Human Rights e Rohingya Women for Justice and Peace, in una dichiarazione congiunta hanno esortato le Nazioni Unite a riconoscere le atrocità del Myanmar contro i Rohingya come “genocidio”. Si legge nella dichiarazione; “noi, popolo Rohingya, siamo stati sotto la minaccia di un genocidio occultato attraverso un piano sistematico e l’intenzione strutturale del governo birmano e dei politici estremisti birmani dal 1960”.

La dichiarazione accusa i “gruppi armati brutali ” legati del governo birmano [del Myanmar] di uccisioni di massa, bruciando le case compresi villaggi e seminari, gettando i bambini nel fuoco, bruciando le persone vive nelle case, massacrando uomini e donne, rapinando le proprietà, violentando ragazze e donne minorenni e arrestando persone senza ragione.

La diaspora Rohingya ha anche esortato i rappresentanti del mondo, tra cui l’ONU, l’UE e altre organizzazioni autorevoli, a garantire giustizia ai Rohingya. Il popolo Rohingya, descritti dalle Nazioni Unite come l’etnia più perseguitate del mondo, hanno affrontato paure crescenti di attacchi da quando nel 2012 migliaia di persone sono state uccise nella violenza collettiva.

Secondo Amnesty International, più di 750.000 rifugiati Rohingya, per lo più donne e bambini, sono fuggiti dal Myanmar e sono entrati in Bangladesh dopo che le forze del Myanmar hanno lanciato un’offensiva senza precedente contro la minoranza musulmana nell’agosto 2017, portando il numero di persone perseguitate in Bangladesh a oltre 1,2 milioni.

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Nizar Ramadan
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