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Europa: 12 milioni di lavoratori domestici in nero

Europa: 12 milioni di lavoratori domestici in nero

K metro 0 – Bruxelles – In occasione della giornata internazionale del lavoro domestico la Federazione europea dei servizi individuali (Efsi) ha pubblicato un rapporto in cui si evidenzia il fatto che dodici milioni di europei assumono colf e badanti in nero. La direttrice di Efsi Aurélie Decker ha affermato che molto c’è ancora da

K metro 0 – Bruxelles – In occasione della giornata internazionale del lavoro domestico la Federazione europea dei servizi individuali (Efsi) ha pubblicato un rapporto in cui si evidenzia il fatto che dodici milioni di europei assumono colf e badanti in nero. La direttrice di Efsi Aurélie Decker ha affermato che molto c’è ancora da fare per combattere efficacemente il lavoro domestico in nero in Europa e che bisogna “assicurare adeguate condizioni di lavoro e accesso alla protezione sociale a tutti i lavoratori domestici in Europa”. Secondo il documento in tutta Europa, molte persone e famiglie si affidano al supporto di un lavoratore domestico per prendersi cura dei bambini, pulire o curare un parente anziano. Senza regolamentazione e investimenti nel settore, i lavoratori domestici e di assistenza spesso non hanno un’adeguata paga, vacanze o protezione. Inoltre, un numero crescente di questi lavoratori – la maggior parte dei quali sono donne – sono migranti privi di documenti. Essere senza documenti non consente loro di accedere agli stessi diritti degli altri lavoratori e li espone ad un maggiore rischio di sfruttamento, violenza e abusi. Spesso le lavoratrici trascurano l’educazione dei loro figli che rimangono nei paesi di origine per poter lavorare in Europa ed hanno con loro solo contatti virtuali. Il documento suggerisce poi all’UE di adottare il Global Compact delle Nazioni Unite sulla migrazione che è attualmente supportato dall’ONU. Questo porterebbe a un certo impegno sul fronte delle riforme e politiche di protezione sociale, garantendo un lavoro dignitoso per chi lavora nel settore. Secondo il documento sono necessarie due riforme chiave:

  1. Miglioramento delle condizioni lavorative, che dovrebbero raggiungere uno standard dignitoso. Ciò include il fatto di garantire che i lavoratori migranti possano cambiare datore di lavoro.
  2. Le normali norme di lavoro dovrebbero applicarsi ai lavori domestici e di cura a tutti i lavoratori di questi settori, indipendentemente dal loro status di residenza. Ciò significa garantire che i migranti possono presentare un reclamo contro i datori di lavoro che non rispettano questi standard e accedere a tribunali del lavoro per la difesa del salario e contro ogni violazione, senza rischiare l’arresto o la deportazione.

Sempre secondo il documento l settore domestico dà lavoro nell’Unione a circa otto milioni di persone di cui il 91% sono donne. Solo in Italia sono un milione e 200 mila, tra colf e badanti, così come in Spagna.  Un milione e 400 mila in Francia, un milione e 800 mila nel Regno Unito. Ma molti di questi lavoratori in Europa sono purtroppo assunti in nero, anche se non è possibile risalire alla percentuale precisa.

Nel 2010 secondo un’analisi del governo francese, in Italia e in Spagna era in nero il 70% circa dei lavoratori domestici, contro il 50% del Regno Unito, il 45% della Germania, il 30% della Francia e del Belgio.  Per la Federazione il settore va riformato e sostenuto con investimenti pubblici anche perché “nei prossimi anni, con l’invecchiamento della popolazione, questo tipo di servizi”, è la stima, “darà lavoro a 5 milioni di persone in più”. I governi dovrebbero stanziare budget per i servizi sociali di assistenza domiciliare per la salute e la cura. Per garantire accessibilità e qualità, i servizi dovrebbero essere erogati anche attraverso i servizi pubblici o attraverso partenariati pubblico-privato. Un modello di lavoro domestico e di assistenza sostenibile in Europa è essenziale per la società nel suo insieme, necessario sostenere sistemi di protezione sociale e facilitare la partecipazione paritaria al mercato del lavoro.

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