K metro 0 – Parigi – Riflettori puntati su Londra, in questi giorni di drammatica lotta al Covid-19 in tutto il mondo. Il discorso alla nazione del premier britannico Boris Johnson sulla strategia di riapertura dopo il lockdown per l’emergenza coronavirus ha diviso il Regno Unito. Lo riporta il quotidiano britannico “The Guardian”. Johnson ha
K metro 0 – Parigi – Riflettori puntati su Londra, in questi giorni di drammatica lotta al Covid-19 in tutto il mondo. Il discorso alla nazione del premier britannico Boris Johnson sulla strategia di riapertura dopo il lockdown per l’emergenza coronavirus ha diviso il Regno Unito. Lo riporta il quotidiano britannico “The Guardian”. Johnson ha invitato il paese a muovere i primi passi fuori dal lockdown questa settimana in un discorso che è stato immediatamente definito divisivo, confuso e vago. I suoi commenti hanno attratto preoccupazione e critiche da parte di tutti i partiti politici. Inoltre la sua decisione di sostituire il messaggio di “rimanere a casa” con quello di “rimanere all’erta” non è stato accolto positivamente dai leader della Scozia, dell’Irlanda del Nord e del Galles. Secondo alcune fonti del governo il pubblico sarà autorizzato a incontrarsi con un altro membro di un altro nucleo familiare all’aperto. Johnson ha messo in chiaro che incomincerà a riaprire l’economia solo se la pandemia è chiaramente sotto controllo, ma il suo invito a tornare a lavorare ha subito scatenato critiche da parte dei sindacati, preoccupati per la sicurezza dei lavoratori. Il leader del Partito laburista, Keir Starmer, ha detto che il primo ministro “sembra aver effettivamente detto a milioni di persone di tornare a lavorare dall’11 di maggio” senza le necessarie linee guida. I lavoratori sono stati invitati a non utilizzare i trasporti pubblici quando possibile, recandosi invece al lavoro in macchina, in bicicletta o a piedi. Questo consiglio non sarà però attuabile per molte persone.
Nel frattempo, gli istituti di credito del Regno Unito hanno concesso la sospensione temporanea del pagamento dei rimborsi di quasi 1,2 milioni fra carte di credito e prestiti personali ai clienti in difficoltà durante la crisi del coronavirus. Lo riporta ancora il Guardian. Le cifre riportate dal gruppo di lobby bancaria Uk Finance mostrano che alla fine del mese di aprile è stata concessa una sospensione del pagamento di rimborso a circa 700 mila carte di credito e a circa 470 mila prestiti. Le banche hanno anche proposto di rinunciare agli interessi su 27 di milioni di clienti che si trovano con uno scoperto massimo di 571 euro. L’amministratore delegato di Uk Finance, Stephen Jones, ha dichiarato: “Molte persone nel Regno Unito hanno problemi finanziari a causa del coronavirus e gli istituti di credito hanno deciso di agire con decisione per aiutarli durante questo momento difficile”. Uk Finance ha esortato i clienti a chiedere la sospensione dei pagamenti di rimborso solo se effettivamente bisognosi di aiuto immediato. I cittadini britannici sono stati in grado di richiedere una pausa dal pagamento della durata massima di tre mesi dall’inizio di aprile, quando l’Autorità britannica per la condotta finanziaria ha introdotto delle misure di emergenza per proteggere le categorie più vulnerabili. Queste misure sono state create per dare una mano a coloro che non beneficiano di altri mezzi di assistenza come la sospensione dal pagamento del mutuo o il piano di conservazione dei posti di lavoro del governo. Nella fase pandemica, le attività del settore delle costruzioni hanno toccato una “crisi storica” il mese scorso per via delle misure restrittive e la chiusura dei sistemi di forniture dovute all’emergenza coronavirus. Lo riporta il Financial Times. L’indice Ihs Markit/Cips per il settore delle costruzioni nel Regno Unito è sceso dal 39,3 a marzo a 8,2 in aprile, raggiungendo il livello più basso dal 1997. A febbraio, prima che venissero introdotte le misure restrittive per il coronavirus, l’indice registrava il 52,6. Il direttore economico di Ihs Markit Tim Moore ha affermato che il calo nelle attività di costruzione spicca anche rispetto a crisi storiche di altri settori. “La chiusura diffusa dei siti di costruzione e delle attività commerciali che fanno parte della catena di fornitura ha causato un blocco totale delle attività in vaste parti del settore”, ha detto Moore. Le aree del settore delle costruzioni più colpite sono la costruzione di edifici e l’attività commerciale. L’ingegneria civileè’ stata leggermente meno danneggiata dalle misure del lockdown.
“In piena crisi del Covid-19, con la Francia in lockdown, i consiglieri del primo ministro, Edouard Philippe, scoprono, costernati, che da diverse settimane, milioni di mascherine provenienti dalle riserve di stato, una parte non trascurabile delle quali ancora utilizzabili, venivano zelantemente bruciate”: lo afferma Le Monde, nel quinto e ultimo capitolo della sua inchiesta sugli errori e l’impreparazione della Francia di fronte alla pandemia. Si tratta – continua l’inchiesta – delle “famose mascherine, di cui la popolazione ha tanto bisogno, e i cui stock sono scomparsi in proporzioni fenomenali anno dopo anno dal 2009. Il governo ha bloccato subito il processo di distruzione, ma l’episodio è uno squarcio incredibile di questo ‘disarmo sanitario’ di cui il paese paga oggi pesantemente il prezzo, e del quale l’attuale potere, la nostra inchiesta lo dimostra, ha una parte importante di responsabilità”. Secondo l’inchiesta di Le Monde, la decisione di distruggere le mascherine sarebbe stata presa nel tempo, dopo perizie che avrebbero giudicato inservibili le vecchie mascherine, o perché non più in grado di filtrare o perché danneggiate dall’umidità. Ma buona parte di quegli stock, dicono testimoni citati nell’inchiesta, era ancora valida.
La richiesta della comunità di Madrid di passare alla fase successiva della riapertura post-coronavirus ha provocato le dimissioni di Yolanda Fuentes, oramai ex direttore generale della sanità pubblica madrilena. La capitale spagnola è il focolaio di infezione più grande della Spagna; dall’inizio della pandemia di Covid-19, oltre 67 mila persone sono risultate positive e più di 15 mila sono morte nell’area a causa della malattia. In questa situazione, il direttore della sanità non ha ritenuto opportuno il rilassamento del distanziamento sociale e lo scontro con il governo regionale ha portato alle sue dimissioni, riporta il quotidiano spagnolo El Pais. Negli ultimi giorni, la situazione all’interno della maggioranza di governo della comunità di Madrid è apparsa confusa. Il 6 maggio, il presidente della regione, Isabel Ayuso, aveva dichiarato di non avere fretta di passare alla fase successiva della riapertura, mentre il vicepresidente della comunità autonoma di Madrid, Ignacio Aguado, assicurava che la regione era pronta. A seguito delle dimissioni di Yolanda Fuente, il presidente della comunità di Madrid ha affidato l’incarico ad Antonio Zapatero che era stato il direttore dell’ospedale allestito nei padiglioni della fiera di Madrid (Ifema).
Secondo un editoriale pubblicato dal quotidiano Haaretz, firmato da Anshel Pfeffer, l’accordo di coalizione firmato tra Netanyahu e Gantz consente al primo ministro di avviare la legislazione per annettere parte della Cisgiordania, così come previsto dal piano “Peace to prosperity” illustrato lo scorso gennaio dal presidente statunitense Donald Trump. Il 6 maggio, l’ambasciatore degli Stati Uniti a Gerusalemme, David Friedman, ha affermato che l’amministrazione Trump è pronta a riconoscere la sovranità di Israele “entro poche settimane”. Nella riunione della scorsa settimana dei ministri degli Esteri della Lega araba la decisione è stata fortemente contestata. Tuttavia, evidenzia Pfeffer, “non ci sarà nessuna annessione, perché Netanyahu non vuole che accada”. “Netanyahu non ne ha più bisogno per vincere le elezioni. Ha un accordo con Benny Gantz che gli garantisce di rimanere al potere per almeno altri tre anni. Non è necessario raccogliere l’elettorato”, ha spiegato. Il nuovo obiettivo del premier, secondo l’editorialista, dopo essere riuscito a mantenere la guida dell’esecutivo è impedire che si svolga un processo a suo carico per presunta corruzione. “L’annessione non aiuterà Netanyahu a raggiungere il suo secondo obiettivo, dopo la rielezione”, ha scritto, riferendosi al processo. “L’annessione è un’operazione complessa e Netanyahu semplicemente non avrà il tempo di concentrarsi su di essa nei prossimi mesi, mentre si prepara ad affrontare i giudici presso il tribunale distrettuale di Gerusalemme”. Dal punto di vista geopolitico, “Netanyahu ha probabilmente ottenuto tutto ciò che avrebbe potuto sperare da Trump, come lo spostamento dell’ambasciata a Gerusalemme, il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare iraniano, il riconoscimento della sovranità israeliana sulle alture del Golan”. Secondo Pfeffer, “l’annessione contenuta nell’affare del secolo di Trump non sarà realizzata”.