K metro 0 – Roma – La pandemia che vediamo compiersi davanti ai nostri occhi è una delle tante facce della globalizzazione, quel processo economico-politico che negli ultimi cinquant’anni viene alimentato dal multi-culturalismo. Questo, avanzando oltre le frontiere, annulla l’identità dei popoli, le decostruisce, per sostituirvi una amalgama occidentalizzata, amorfa, di non chiara consistenza culturale.
K metro 0 – Roma – La pandemia che vediamo compiersi davanti ai nostri occhi è una delle tante facce della globalizzazione, quel processo economico-politico che negli ultimi cinquant’anni viene alimentato dal multi-culturalismo. Questo, avanzando oltre le frontiere, annulla l’identità dei popoli, le decostruisce, per sostituirvi una amalgama occidentalizzata, amorfa, di non chiara consistenza culturale. In questo ambiente culturale il razzismo, che di norma si riferisce a un momento storico particolare della storia umana, viene banalizzato in profondità. È questo il tema trattato da Stelio Fergola, giornalista professionista che analizza i fenomeni sociali della storia contemporanea. Nel suo lavoro del 2018 pubblicato per la Passaggio al Bosco Edizioni e intitolato “L’inganno antirazzista” Fergola, da fine intellettuale, spiega come l’obbligo alla “convivenza” con l’altro, per mezzo delle masse proletarie e immigrate, de facto apolidi, fomenti il razzismo. Questo dunque si intende come antipatia sociale, più che come convinto sentimento di superiorità razziale nei confronti dell’altro.
Gli europei sono razzisti? No, semplicemente, sono stanchi di essere obbligati a “convivere” con coloro che sono a loro volta “obbligati” a lasciare il proprio Paese per migrare altrove. In questo clima vi è uno strano fenomeno che avanza, quello del senso di colpa “autorazzista” verso i caucasici, gli europei: i bianchi insomma. La necessità di scegliere fra Oriente e Occidente, tra Islam e Cristianesimo, bianchi o neri, ed altro, è un falso problema. Per l’autore l’umanità ha da sempre convissuto con il “diverso” per mezzo dei viaggi e del commercio. Pensiamo solo, aggiungo io, alla proficua interazione tra la filosofia aristotelica e la cultura islamica, con Avicenna e Averroè: senza questi due musulmani, forse noi non avremmo mai conosciuto gran parte della filosofia greca e, con questa, non si sarebbe realizzato il Medioevo europeo. Guerre a parte, è solo nell’ultimo mezzo secolo che i gruppi di potere cercano di annullare le differenze, da una parte e dall’altra, in una “cloaca globale” in cui “tutti sono nessuno”. Il messaggio che Fergola manda, nel suo libro, ben scritto, consiste nel riconoscimento della “diversità” come una ricchezza: essa esiste, e non può essere omessa; tuttavia, la stessa diversità vivifica il mondo. Questa omologazione postmodernista, “inganno multietnico del clero ideologico” contemporaneo, non più una scelta, ma un obbligo, fomenta il razzismo.
La cultura pervasiva e oppressiva del politicamente corretto che vorrebbe un mondo senza differenze di genere, di religione, di tradizioni, ci fa credere che essere diversi sia una cosa sbagliata. Fergola è un autore che, con coraggio, ci dimostra il contrario. Il mio è invito alla lettura, quindi, per andare rispettosamente (e intelligentemente) controcorrente.
di Danilo Campanella.