fbpx

Federico II di Svevia, stupor mundi e la dignità della Donna

Federico II di Svevia, stupor mundi e la dignità della Donna

K metro 0 – Roma – Nel Basso Medioevo la civiltà italiana ebbe un ruolo trainante per l’intera Europa in tutte le manifestazioni dell’ingegno: dal diritto civile e canonico all’economia, dall’arte all’architettura, dalla letteratura alle Istituzioni ecclesiastiche e civili. La storia del diritto italiano, a partire dalla Rinascenza della Scuola di Bologna, divenne storia del

K metro 0 – Roma – Nel Basso Medioevo la civiltà italiana ebbe un ruolo trainante per l’intera Europa in tutte le manifestazioni dell’ingegno: dal diritto civile e canonico all’economia, dall’arte all’architettura, dalla letteratura alle Istituzioni ecclesiastiche e civili. La storia del diritto italiano, a partire dalla Rinascenza della Scuola di Bologna, divenne storia del diritto europeo ed, a seguire, mondiale, irradiandosi fino ai giorni nostri attraverso la scoperta del diritto romano in Cina, dove oggi costituisce la intelaiatura del diritto privato di quell’immenso Stato.

Nel contesto del Basso Medioevo un ruolo straordinario per la modernità di pensiero è quello che spetta all’imperatore Federico II di Svevia, italianissimo in quanto nato a Jesi, ed al contempo legislatore e uomo di cultura cosmopolita. Alla sua corte in Palermo nacque la lingua c.d. Volgare, cioè l’italiano; la sua guardia personale nella fortezza di Lucera fu formata da Saraceni; il Codice a lui intitolato (Codice federiciano) rappresentò una pietra miliare delle moderne legislazioni, con concezioni assai avanzate- in relazione ai tempi- per quello che riguardava la dignità della Donna.

Ebbene: otto secoli or sono, il Codice federiciano puniva con la decapitazione chi avesse forzato la volontà di una meretrice, purché la vittima avesse denunziato la violenza entro otto giorni, salvo che in quel lasso di tempo fosse stata oltre che violentata, anche privata della libertà, altrimenti sarebbe stata considerata consenziente. Federico II tutelava la dignità anche delle donne più disprezzate dalla società, accordando loro una tutela identica a quella  delle vergini, delle coniugate, delle vedove che fossero state rapite o stuprate, attraverso la pena capitale al reo Vietò anche il c.d. “matrimonio riparatore, istituto particolarmente diffuso nel sud Italia, sino al celebre episodio negli anni 60 di Franca Viola, che si ribellò alla squallida costumanza, dopo essere stata violentata dal c. d. spasimante. Ai tempi di quel grande Sovrano, vi erano multe salatissime per chi, avendo sentito le invocazioni di aiuto da parte della vittima, non fosse intervenuto in sua difesa. Per converso, erano punite con la pena di morte quelle donne che accusavano falsamente qualcuno di averle rapite o violentate, al fine di indurlo per il timore dell’incertezza del giudizio, a sposarle od a tacitarle con una somma di denaro. Più tardi (sec. XVI) nel Regno di Napoli sarebbe stato punito con la pena di morte chi avesse abbracciato o baciato “ una donna contro la sua volontà”. Nel Granducato di Toscana (art.298 c. pen.) era del pari punito con la pena capitale, non solo chi avesse stuprato una donna, cioè con forza e violenza, ma anche chi avesse agito mediante blandizie fraudolente, allettamenti e promesse dolose, per consumare l’atto carnale.

Oggi, in pieno terzo millennio, le strade delle grandi città pullulano di schiave del sesso- anche minorenni- sfruttate, malmenate, minacciate.

In ultima analisi: oggi di quale civiltà progredita parliamo? Di quella tecnologica,cibernetica od  economica? Non esiste civiltà se non nel senso etico della parola, poiché l’Uomo civile è colui che opera con sentimenti di solidarietà e di rispetto verso i propri simili.

In questo contesto di degrado morale e civile va collocata la provvida riforma introdotta dall’art. 609 bis c.p. (modificato dalla legge (l. 69/2019, art. 13) che ha introdotto il cosiddetto “codice rosso”, con  la pena della reclusione dai 6 ai 12 anni (in precedenza era dai 5 ai 10 anni) per chi «con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali».

Come è noto, tuttavia a fronte della sanzione in astratto, vi è sempre una riduzione in concreto nella condanna, ed un’ulteriore mitigazione con la pena che viene scontata.

Non c’è purtroppo solo la violenza sessuale, ma anche quella fisica in ambito domestico, che troppo spesso è stata considerata una tacita accettazione della condotta dell’uomo da parte della moglie o compagna, fino all’esito talvolta del femminicidio. Una sentenza del Tribunale di Genova del 7 aprile 2015 (giudice una donna!) arrivò a stabilire che  la vittima ricorrente  non aveva dimostrato il nesso causale tra le violenze subite e la disgregazione del nucleo familiare, “avendo [..]essa stessa ammesso, in sede di udienza presidenziale, che tali condotte sono iniziate nell’anno 1991, subito dopo la celebrazione del matrimonio.”

Pertanto, la giudicante giunse alla paradossale conclusione che la durata di detto atteggiamento passivo andava così interpretato: “la signora ha dunque di fatto tollerato tali condotte sino al 2013″, cioè 12 anni dopo dall’inizio dei maltrattamenti, sino a quando la ricorrente aveva “trovato la forza di allontanarsi da casa e poi di chiedere la separazione”.

Siamo sicuri ad otto secoli distanza da Federico II che la condizione della Donna sia migliorata? O viviamo piuttosto in una sorta di progresso regressivo?

 

di Tito Lucrezio Rizzo

Condividi su:

Posts Carousel

Latest Posts

Top Authors

Most Commented

Featured Videos

Che tempo fa



Condividi su: