K metro 0 – Beirut – Il Covid-19 è un’emergenza che ha già colpito in pieno il Medio Oriente, come il resto del mondo, ma che arriva in un’area già provata da anni di guerre, rivoluzioni, scontri perpetui, sistemi politici affaticati e giovani società sempre più inquiete, provate dalle difficili condizioni economiche. Intanto i casi
K metro 0 – Beirut – Il Covid-19 è un’emergenza che ha già colpito in pieno il Medio Oriente, come il resto del mondo, ma che arriva in un’area già provata da anni di guerre, rivoluzioni, scontri perpetui, sistemi politici affaticati e giovani società sempre più inquiete, provate dalle difficili condizioni economiche. Intanto i casi di contagio da coronavirus nel mondo hanno superato la soglia delle 275.500 unità, mentre il numero dei decessi è salito a oltre 11.400: lo riporta l’ultimo bollettino diffuso dalla Johns Hopkins University
In Libano, l’emergenza Covid-19 arriva nel mezzo della peggiore crisi economica e finanziaria dalla guerra civile finita nel 1990, con un governo che, malgrado cambiato sotto la pressione della piazza, resta obiettivo del dissenso. Intanto salgono a 187 i casi di contagio nel Paese del Cedro, con i 24 nuovi test con risultato positivo effettuati nelle ultime 30 ore. Il 16 marzo scorso, il primo ministro libanese Hassan Diab aveva dichiarato lo “stato di mobilitazione generale” fino al 31 marzo. La decisione arriva dopo la richiesta avanzata al Consiglio dei ministri da parte del capo dello Stato Michel Aoun, al fine di contenere la diffusione della pandemia nel paese. Decisione seguita da chiusura di enti pubblici e privati, compreso l’aeroporto Rafiq Hariri di Beirut. Lo scalo resterà chiuso al traffico passeggeri dal 18 al 29 marzo, mentre l’associazione delle banche libanesi ha annunciato la chiusura degli istituti di credito.
Anche, nella vicina Siria, dove ufficialmente da oggi annuncia un primo caso di contagio, ci si avvia verso il coprifuoco preventivo contro il coronavirus nei vari territori sotto controlli politici e militari diversi. Il governo di Damasco ha annunciato ieri nuove misure, come la chiusura di tutti i negozi, con l’eccezione di farmacie e alimentari, e la riduzione al minimo del numero di impiegati negli uffici pubblici di tutte le aree sotto il controllo governativo. Dal canto suo, il governo provvisorio filo-turco, che formalmente amministra per conto suo alcuni distretti nel nord-ovest tra Idlib e Aleppo, ha annunciato l’imposizione “a breve” del coprifuoco, perché “si sta entrando in una fase pericolosa”. E nel nord-est, nelle zone amministrate dalle autorità curdo-siriane, si intensificano i preparativi sanitari per far fronte all’emergenza, ma si lamenta della scarsità di mezzi e strutture nel territorio orientale e nord-orientale siriano.
Mentre la Giordania ha deciso di imporre il coprifuoco nel Paese a partire da sabato mattina alle 07.00 (ora locale) e fino a nuovo ordine. Lo riporta l’agenzia Petra. È stata imposta anche la chiusura di tutti i negozi. “Chiunque violi le misure previste da quest’ordine – ha riferito la Petra – e quelle emesse dalle autorità potrebbe essere sotto posto ad arresto immediato per un periodo non superiore ad un anno”. Per le emergenze mediche, i cittadini – ha proseguito la Petra – “dovranno informare” la pubblica sicurezza o il Direttore della protezione civile della zona di appartenenza “per prendere le misure necessarie a proteggere la loro salute in accordo con le regole”.
Nel frattempo, l’Egitto ha preso le prime misure per prevenire il contagio del virus. Secondo i dati forniti dal governo, sono 7 i morti accertati per Coronavirus, 256 i malati e 28 le persone guarite. Il ministro dell’istruzione Tarek Shawki aveva annunciato venerdì, in una conferenza stampa, la decisione di chiudere scuole e università per frenare la diffusione della pandemia. Chiusi anche i centri commerciali, i ristoranti, le caffetterie durante la notte (dalle 19 alle 6 di mattina) fino al 31 marzo, per prevenire la diffusione del Coronavirus, afferma il governo in una nota. Farmacie e supermercati, compresi quelli all’interno di centri commerciali, panetterie, servizi di consegna a domicilio e negozi di alimentari rimarranno invece aperti. Venerdì pomeriggio,è arrivato lo Stop al traffico. L’Egitto ha introdotto queste misure risolutive nel tentativo di arginare la diffusione della pandemia. Con i suoi 100 milioni di abitanti, l’Egitto è il Paese arabo più popoloso e, potenzialmente, rappresenta un focolaio ideale per la diffusione dell’epidemia.
Israele, l’Autorità nazionale palestinese e Hamas si trovano invece a collaborare per contenere la minaccia del virus. Lo scenario più preoccupante è che la pandemia possa diffondersi nella Striscia di Gaza, con i suoi 1,8 milioni di abitanti, in 360 chilometri quadrati, e strutture medico sanitarie assolutamente insufficienti per affrontare l’emergenza.
La Striscia di Gaza, dove ufficialmente si sono registrati i primi 2 casi positivo al Covid-19, si avvia verso il coprifuoco preventivo. Con infinite restrizioni in ingresso e in uscita finora, pare che il virus sia entrato nella Striscia. Ma gli abitanti di Gaza sono molto preoccupati: se l’epidemia superasse i blocchi al confine con l’Egitto o Israele il rischio di un’ecatombe sarebbe altissimo. Gaza è povera e sovrappopolata, con spazi stretti e mancano soprattutto le strutture sanitarie e le attrezzature per gestire una emergenza da coronavirus. Le scuole sono chiuse, mentre in quelle gestite dalla Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi, sono state adottate misure di contenimento quali mascherine e distanza di sicurezza. Le circa 2700 persone, tornate dall’Egitto, sono in quarantena in casa. Hamas ha allestito al confine sud circa mille camere d’isolamento. Il problema è a livello di strutture e strumenti sanitari: sono solo 60 i posti in terapia intensiva in tutta l’area palestinese, hanno spiegato dall’ufficio locale dell’Oms. Ma è solo uno dei dati drammatici: scarseggiano l’acqua potabile, i medicinali e l’elettricità.
Mentre, in Israele continua a salire il numero dei positivi nel Paese, il governo sta effettuando operazioni di prevenzione come la sanificazione dei luoghi pubblici, introducendo questa settimana restrizioni piuttosto rigide: ridotti i servizi di trasporto pubblico, obbligo per le persone che non possono lavorare da casa di misurarsi la temperatura prima di uscire, vietati assembramenti con più di dieci persone e imposte limitazioni agli spostamenti. Comunque, Tel Aviv starebbe studiando un rafforzamento maggiore delle misure, indicato come “fase 3” (ora Israele è nella “fase 1”): una rigida isolamento per tutti, con pochissime eccezioni, impiegando per i controlli sia la polizia che l’esercito.
Il governo uscente, sta facendo molto affidamento sui propri apparati dei servizi segreti per tentare di prevenire l’epidemia da coronavirus nel Paese. Infatti, Netanyahu si è rivolto sia al Mossad che allo Shin Bet, rispettivamente servizio segreto per l’estero e per l’interno, per acquistare moltissimi test da paesi con cui Israele non ha rapporti diplomatici, e per usare strumenti solitamente impiegati nell’antiterrorismo per sorvegliare i propri cittadini e imporre loro l’isolamento, se fosse ritenuto necessario. Finora in Israele le persone risultate positive al test sono state 705, e anche una vittima.