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La riforma della legittima difesa tra utopia e realtà

La riforma della legittima difesa tra utopia e realtà

K metro 0 – Roma – L’art. 52 c. pen. testualmente recita al primo comma: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”. A seguire, con la legge

K metro 0 – Roma – L’art. 52 c. pen. testualmente recita al primo comma: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.

A seguire, con la legge 26 aprile 2019 n. 36, si è introdotta la c. d. legittima difesa domiciliare, per consentire una maggiore tutela alle vittime dei furti in casa, o in altro luogo dove si eserciti un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

Mezzo secolo fa (1969) si ebbe un’organizzata “conflittualità permanente”, in seguito al quale la Sinistra più accesa chiese il disarmo delle Forze dell’Ordine. Disordini accaddero anche nelle Università, sino a quelli della Statale di Milano, nei cui pressi fu assassinato nella sua autoblindo il giovane agente di PS Antonio Annarumma, durante gli scontri con dei facinorosi di area marxista: le Forze dell’Ordine erano sì armate, ma con la consegna di non difendersi con i mezzi che avevano in dotazione.

Nel 2001 durante il G8 di Genova, morì il giovane dimostrante Carlo Giuliani, mentre brandiva un estintore per scagliarlo contro un blindato dei Carabinieri, da dove il milite Mario Placanica sparando un colpo lo ferì mortalmente. L’aggressore fu immortalato come un eroe, mentre l’aggredito, che aveva agito nella legittima difesa prevista dal Codice penale, venne sottoposto non solo a procedimento giudiziario, ma anche a gogna mediatica. Il 15 ottobre 2011 si ebbero a Roma le “bravate” dei c. d. Black Block, che crearono terrore nella capitale. Un giovane carabiniere, dileggiato ed aggredito da un bandito – studente a tempo perso, se non fosse riuscito a mettersi in salvo dal suo automezzo dato alle fiamme, avrebbe corso il rischio di restare intrappolato come il povero Annarumma e di farne la stessa fine, oppure – ove si fosse difeso – di trovarsi processato da criminale come Placanica. Un agente di polizia che il 10 giugno 2018, sparando con l’arma di ordinanza per salvare un collega accoltellato da un giovane ecuadoriano, lo uccise, si ritrovò incriminato per eccesso colposo di legittima difesa!

Oggi la scena si ripete, con un’ipotesi accusatoria assai più grave: omicidio volontario, nonostante la recentissima riforma legislativa della legittima difesa. È dello scorso 1 marzo l’episodio accaduto a Napoli di un malvivente quindicenne che ha puntato un revolver alla tempia di un giovane carabiniere in borghese per rapinarlo di un Rolex, con la conseguente reazione armata della vittima, a tutela dell’incolumità propria e della fidanzata che era con lui. L’aggressore è stato portato moribondo al Pronto soccorso, ma nonostante i tentativi dei sanitari per salvargli la vita, è spirato, con il conseguente assalto di parenti ed amici a tale struttura, ed a seguire con i colpi revolver sparati contro la principale Caserma dei Carabinieri di Napoli.

A fronte di siffatti atti di spavalda criminalità, anche questo carabiniere oggi, come il menzionato poliziotto ieri, si è trovato ad essere indagato addirittura – come accennato – per omicidio. Qualcuno dovrebbe spiegare ai comuni cittadini – ed a maggior ragione ai tutori dell’Ordine – a fronte della percezione di una sorta di inesorabili “automatismi” nelle incriminazioni a titolo di “eccesso colposo”, o addirittura di “omicidio volontario”, in che cosa consista la “fisiologia “della legittima difesa.

Procedendo per questa strada, si è progressivamente consolidato un sostanziale de-potenziamento delle Forze di Polizia, che non sono state formalmente disarmate, ma che di fatto non possono difendere la collettività senza rischiare un’incriminazione. Sembra che sia stata scelta con la recentissima riforma del Codice penale, la via del rafforzamento dell’autotutela del singolo cittadino. Il ridare – viceversa- fiducia e poteri alle Forze dell’Ordine sarà giovevole per la civiltà della Nazione tutta, nella consapevolezza che non può esservi durevole libertà lasciando impunito il crimine e – peggio ancora – criminalizzando coloro che rischiano la vita senza aspettarsi nemmeno un “grazie”. Ma neppure di finire sotto processo.

Solo allora sarà possibile una riflessione non emergenziale sulla perdurante necessità o meno che sia il singolo cittadino a doversi difendere senza per questo essere perseguito; oppure che vengano pienamente restituiti ai Tutori dell’Ordine quei poteri senza i quali la stessa parola di “Tutori dell’Ordine” rischia di apparire un guscio vuoto.

di Tito Lucrezio Rizzo

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