K metro 0 – Bruxelles – Mark Zuckerberg è andato a Bruxelles sventolando la bandiera della pace e mettendosi la cravatta, cosa inusuale nel suo look iconico. Si è presentato dicendo che è pronto a discutere e ad applicare forme di regolamentazione del web che abbiano lo scopo di combattere fake e hate. E anche
K metro 0 – Bruxelles – Mark Zuckerberg è andato a Bruxelles sventolando la bandiera della pace e mettendosi la cravatta, cosa inusuale nel suo look iconico. Si è presentato dicendo che è pronto a discutere e ad applicare forme di regolamentazione del web che abbiano lo scopo di combattere fake e hate. E anche per quanto riguarda l’annoso problema del pagamento delle tasse se ne può discutere.
Alla vigilia dell’incontro con i tre commissari europei responsabili di Digitale, Mercato interno e Trasparenza – rispettivamente Margrethe Vestager, Thierry Breton e Vera Jourova – Mister Facebook si è annunciato sulle colonne del più tradizionale dei mezzi di informazione, il cartaceo Financial Time, dando il via a quella che molti considerano un’apertura alla trattativa.
“Le aziende tecnologiche – ha assicurato Zuckerberg dalle colonne del Financial Times – dovrebbero servire la società e pertanto sosteniamo gli sforzi dell’Ocse per creare regole fiscali globali eque per Internet”. E, se non si dovesse trovare l’accordo internazionale osteggiato dagli Usa, Bruxelles ha promesso di agire da sola. l’esecutivo Ue parla chiaro: “Le compagnie che vogliono giocare in Europa devono pagare in Europa, è inaccettabile che alcune società paghino le tasse e altre no”.
Ma le parole di Zuckemberg dicono tutto e niente. Nessuno è in grado di capire dove voglia andare a parare concretamente. Chiedere al potere politico di dettare le regole su ciò che può andare in rete, è un’arma molto complicata da attuare e anche assai pericolosa da accettare oltre che un modo per deresponsabilizzare il network. Non a caso il gran capo di Fb glissa con fare smemorato su questioni che hanno un peso decisivo in questa partita: Facebook, Instagram e gli altri net della sua galassia occupano una posizione monopolistica in Occidente. Senza contare lo scandalo di Cambridge Analitica, quando milioni di profili FB furono venduti – senza il consenso degli interessati – e utilizzati a fini politici. Una gigantesca razzia della privacy che non era la prima e neppure fu l’ultima.
Stesso discorso sul fronte del fisco. Oggi Facebook (come Google e Amazon) paga le tasse di Irlanda che è diventata una specie di paradiso fiscale per i colossi Hi-Tech. L’Europa discute se imporre una tassazione che si basi sulle regole del singolo Paese dove avviene lo scambio commerciale, oppure sia migliore una tassa unica a livello UE. Zuckerberg sa che l’Unione Europea non ha pareri univoci su questo fronte ed è attraversata da competizioni interne: Parigi e Londra, ad esempio, puntano a una tariffa fissa. Inoltre, Zuc può contare su un grande e potente alleato, il presidente Trump ha già detto di essere molto irritato per le bozze sulla tassazione di aziende americane.
La delegazione europea usa le parole della diplomazia. “Sono lieta di vedere che il pensiero di Facebook sta cambiando ed è più allineato con l’approccio europeo su diversi aspetti normativi. Vedo le Big Tech come parte della soluzione ai problemi che esse stesse hanno contribuito a creare”: dichiara la commissaria Ue per la Trasparenza, Vera Jourova, dopo l’incontro con il ceo di Facebook. La regolamentazione Ue “non risolverà mai tutti i problemi”, ha precisato Jourova, per questo “Facebook e Zuckerberg devono rispondere alla domanda ‘chi vogliono essere’ come azienda e quali valori vogliono promuovere”. Tanto sintetico quanto diretto il commento di Thierry Breton, commissario per il mercato interno e i servizi, pubblicato da Reuters “Non spetta a noi adeguarci all’azienda, spetta all’azienda adeguarsi a noi” – ha avvertito il commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, che attende una presa di responsabilità da parte delle Big Tech – “Se tutte le piattaforme che operano in Europa non rispetteranno le condizioni” per frenare l’odio e la disinformazione online, “saremo costretti a intervenire in modo più severo”, “nei confronti dei cittadini e della democrazia”.
Sul tavolo di questo difficile e ruvido confronto è anche la questione dell’intelligenza artificiale. Il pacchetto di riforme digitali europee contiene una serie di norme volte a stabilire i limiti di utilizzo dell’intelligenza artificiale. Questo ovviamente potrebbe compromettere il lavoro dei big tech – soprattutto Facebook, Google e Apple – che hanno scommesso soldi e tempo su queste tecnologie. La commissaria Ue , Margrethe Vestager, recentemente ha dichiarato alla stampa che l’intelligenza artificiale è una delle tecnologie più promettenti al mondo, ma al contempo disseminata di pericoli.