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Germania-Ue su due fronti: Libia e riforme post-Brexit

Germania-Ue su due fronti: Libia e riforme post-Brexit

K metro 0 – Monaco di Baviera – Il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, domenica ha invocato la creazione di una missione Ue per rafforzare l’embargo sulle armi libiche. Maas è intervenuto ai margini della Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, annunciando che presenterà la propria proposta nel meeting di oggi tra i

K metro 0 – Monaco di Baviera – Il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, domenica ha invocato la creazione di una missione Ue per rafforzare l’embargo sulle armi libiche.

Maas è intervenuto ai margini della Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, annunciando che presenterà la propria proposta nel meeting di oggi tra i ministri degli Esteri dell’Unione. “Dobbiamo ancora capire chi contribuirà a cosa ma c’è già un satellite Ue lì”, ha dichiarato e poi ha aggiunto: “C’è ancora da stabilire, inoltre, se le navi possano essere impiegate. C’è differenza di vedute”. L’intenzione è quella di irrobustire i controlli sulle rotte delle armi fino alla Libia, per verificare eventuali violazioni dell’embargo. “Troveremo una soluzione che conterrà il contributo dell’Ue al rafforzamento dell’embargo e che sia accettabile per gli altri stati membri”, ha concluso Maas sottolineando come anche l’Unione africana debba fare la sua parte nelle prossime settimane.

Sempre alla Conferenza di Monaco, Armin Laschet, possibile erede a cancelliere di Angela Merkel, domenica ha criticato quest’ultima per aver temporeggiato sulla proposta francese riguardante una riforma post-Brexit per l’Unione. “Ci mettiamo troppo a reagire” ha detto la prima ministra della Renania Settentrionale-Westfalia e ha continuato: “Vorrei scusarmi da parte del governo tedesco”. Il presidente francese, Emmanuel Macron, nei giorni scorsi aveva invocato una serie di riforme in risposta alla Brexit, per arrivare a una più profonda integrazione finanziaria e di difesa. Inoltre, aveva chiesto alla Germania di appoggiare la proposta. Sabato, lo stesso Macron si era definito “impaziente” vista la riluttanza di Berlino a cooperare. Aveva poi aggiunto che la coalizione di governo, composta da CDU e SPD, non ha mantenuto la promessa di una “ripartenza” per l’Europa.

Nel frattempo, all’azienda automobilista Tesla è stato chiesto di interrompere la costruzione di una fabbrica in Germania dopo la vittoria di alcuni ambientalisti in tribunale. Per mettere in piedi la stessa, la compagnia nei mesi scorsi ha tagliato molti alberi in una zona vicino la capitale di Berlino. L’ordinanza della corte è tuttavia temporanea e soggetta a udienze future, che dovrebbero tenersi durante questa settimana. I manifestanti credono che la fabbrica possa essere una minaccia per la fauna locale e per le scorte d’acqua dell’area. Elon Musk, numero uno di Tesla, ha annunciato il proprio progetto a novembre. La ‘gigafactory’, la prima in Europa, dovrebbe sorgere a Grünheide, nello stato orientale di Brandenburgo. Tuttavia la questione ha infiammato sia gli ambientalisti, sia i cristiano-democratici che il Partito Liberale Democratico, che pensano possa mettere in cattiva luce il Paese in vista di accordi commerciali futuri.

Anche il primo ministro ungherese, Viktor Orban, è intervenuto domenica per affrontare il tema delle auto elettriche e della transizione energetica in generale. Il premier ha annunciato, infatti, alcune politiche per aiutare l’ambiente, come l’incremento del 27% delle aree forestali, lo stop all’utilizzo dei contenitori in plastica e incentivi per l’industria automobilistica. Tra le altre cose ha anche dichiarato che tutti i nuovi autobus utilizzati nel trasporto pubblico saranno elettrici dal 2022. Nel suo discorso alla nazione, poi, ha sottolineato come lo scorso secolo è stato il più florido per l’Ungheria che però sarebbe minacciata proprio dalla crisi climatica, dalla declino della popolazione e dalle cattive “previsioni sull’economia europea. Non sono mancate infatti frecciate ai leader dell’Ue, del Fondo Monetario Internazionale e al filantropo miliardario George Soros.

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