K metro 0 – Ankara – La crisi in corso a Idlib, nel nord-ovest della Siria, ha condotto a uno scontro aperto tra Damasco e Ankara, ma sta avendo importanti ripercussioni anche sui rapporti tra Turchia e Russia. Nonostante il cessate il fuoco formalmente in vigore dallo scorso 12 gennaio, nelle ultime settimane l’Esercito arabo
K metro 0 – Ankara – La crisi in corso a Idlib, nel nord-ovest della Siria, ha condotto a uno scontro aperto tra Damasco e Ankara, ma sta avendo importanti ripercussioni anche sui rapporti tra Turchia e Russia.
Nonostante il cessate il fuoco formalmente in vigore dallo scorso 12 gennaio, nelle ultime settimane l’Esercito arabo siriano ha avviato una nuova offensiva con l’obiettivo di riconquistare l’ultimo quadrante del paese rimasto sotto il controllo dei gruppi ribelli. Le forze governative hanno conquistato prima Marrat al Numan, poi Saraqib, due città strategicamente importanti situate sull’autostrada M5, che collega la capitale Damasco ad Aleppo. Questo ha spinto la Turchia a rafforzare la propria presenza militare nell’area inviando uomini e mezzi presso i suoi punti di osservazione nel governatorato di Idlib.
Il primo duro scontro tra le parti è avvenuto il 3 febbraio, quando almeno sette militari hanno perso la vita in un bombardamento delle forze governative. Ankara ha risposto prontamente colpendo obiettivi militari delle forze governative nell’area. Successivamente, la Turchia ha accusato la Russia di aver dato il proprio assenso agli attacchi nonostante fosse a conoscenza dei movimenti delle truppe turche in Siria (circostanza tuttavia negata da Mosca). “Da oggi in poi, se i nostri soldati nelle postazioni di osservazione subiranno danni, colpiremo le forze del regime siriano ovunque, senza essere vincolati ai confini del memorandum di Sochi”: dopo l’uccisione di 14 turchi in una settimana a Idlib, Recep Tayyip Erdogan minaccia dunque di far saltare definitivamente l’accordo raggiunto nel settembre 2018 con Vladimir Putin per una zona di de-escalation militare nella Siria nordoccidentale. A placare la tensione non è bastata stavolta neppure la consueta telefonata chiarificatrice tra i due leader. “Siamo decisi a respingere il regime al di fuori dei limiti stabiliti nel memorandum di Sochi entro fine di febbraio. Lo dico apertamente: dove verrà versato il sangue dei nostri soldati, nessuno sarà al sicuro”, ha tuonato il leader di Ankara, rilanciando il suo ultimatum a Damasco e sottolineando gli attacchi subiti “anche dalla Russia”, accusata di partecipare ai “massacri” di civili. Critiche che il Cremlino ha respinto al mittente, denunciando al contrario il mancato rispetto turco della sua parte dell’intesa sul cessate il fuoco per non essersi impegnata a “neutralizzare i terroristi” anti-governativi. Nel loro colloquio, riferisce Mosca, Erdogan e Putin hanno entrambi sottolineato la necessità “della piena attuazione degli accordi esistenti”. Per la diplomazia è una corsa contro il tempo. I rischi di un nuovo scontro diretto restano alti. Almeno 3 delle 12 postazioni turche a Idlib sono circondate dai lealisti.
Il secondo scontro è di lunedì 10 febbraio: cinque militari turchi hanno perso la vita in un nuovo attacco delle forze governative a Idlib. La risposta di Ankara è stata in questo caso ancor più dura, con 115 obiettivi presi di mira e 101 distrutti, e con l’abbattimento di un elicottero militare delle forze di Assad. Secondo il ministero della Difesa di Ankara, tra le fila siriane vi sarebbero centinaia di vittime.
Al momento la situazione resta estremamente tesa. Stamane il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha minacciato una rappresaglia su tutto il territorio siriano “se i soldati turchi verranno nuovamente presi di mira”. Il presidente turco ha detto che “la lotta del popolo siriano per la libertà è anche la lotta di 83 milioni di cittadini della Repubblica di Turchia” e che “la Turchia colpirà ovunque le forze del regime di Assad” se i soldati turchi saranno danneggiati in qualche modo. Tuttavia, Erdogan chiama in causa in primo luogo la Russia.
Oggi, 12 febbraio, i due leader si sono sentiti telefonicamente e hanno discusso della situazione in Siria con particolare riferimento alla crisi della zona di distensione di Idlib, concordando di mantenere aperti i contatti. A questo proposito va sottolineato che nelle scorse ore il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha annunciato la partenza per Mosca di una delegazione governativa di Ankara. Russia e Turchia non sono nuove ad attriti in merito allo scenario siriano, dove Mosca è – insieme all’Iran – il maggior alleato di Damasco e la Turchia sostiene l’opposizione contro il governo di Bashar al Assad. Al 2015 risale un raffreddamento delle relazioni bilaterali causato dall’abbattimento di un caccia russo in volo sul confine turco-siriano da parte delle forze di Ankara. Le tensioni tra i due paesi sono state tuttavia accantonate in nome di comuni interessi economici che vanno dagli scambi commerciali al turismo, passando per condivise iniziative in ambito energetico, come dimostra la recente inaugurazione del gasdotto Turkish Stream, realizzato per trasportare gas dalla Russia in Europa attraverso la Turchia. Le relazioni bilaterali sono state rafforzate anche in materia di difesa con il recente acquisto da parte della Turchia del sistema di difesa missilistico russo S-400, affare che peraltro ha fortemente irritato gli Stati Uniti.
Sul piano della reazione siriana, il ministero degli Esteri ha ribadito il proprio deciso rifiuto a qualsivoglia presenza turca sul territorio nazionale. Lo riferisce l’agenzia di stampa governativa siriana “Sana”, citando fonti ufficiali interne al dicastero. Quest’ultimo ha ribadito che la rinnovata “aggressione turca” alla sovranità e all’integrità territoriale della Siria nei governatorati di Idlib e Aleppo non riuscirà a “resuscitare” le organizzazioni terroristiche nell’area. “Damasco continuerà la lotta contro il terrorismo fino alla riconquista di tutti i territori”, si legge ancora sulla “Sana”. Secondo le fonti, qualsivoglia presenza turca sul territorio siriano costituisce una violazione del diritto internazionale e una palese aggressione e il governo di Damasco chiede alla comunità internazionale di adottare i provvedimenti necessari a fermare l’atteggiamento ostile di Ankara e il suo sostegno al terrorismo in Siria e Libia.