K metro 0 – Londra – La brexit mette sulla stessa barca il pescatore di merluzzo e il super-manager delle telecomunicazioni. Entrambi si trovano ad affrontare da molti mesi le acque tempestose di una trattativa che sembra non finire mai unita alla perenne incertezza politica acuitasi dalla recente decisione d’ indire nuove elezioni. L’uomo delle
K metro 0 – Londra – La brexit mette sulla stessa barca il pescatore di merluzzo e il super-manager delle telecomunicazioni. Entrambi si trovano ad affrontare da molti mesi le acque tempestose di una trattativa che sembra non finire mai unita alla perenne incertezza politica acuitasi dalla recente decisione d’ indire nuove elezioni. L’uomo delle reti da pesca e quello delle reti informatiche interpretano forse i paradigmi più significativi di un’uscita dall’UE che ha già fatto numerose vittime ancor prima di compiersi.
È noto che i piccoli pescatori della Manica sono stati i maggiori sostenitori di “exit” perché – credevano – che così la Gran Bretagna avrebbe ripreso il controllo del proprio mare attualmente in condominio con i rivali Francesi e il resto d’Europa. Per non parlare poi delle regole ferree sul pescato. Così credevano. Ma così non sarà e cominciano a rendersene conto in queste settimane. C’è un problema di quote ma non riguarda le due sponde del mare, bensì la divisione nella madrepatria: un rapporto di Greenpeace ha registrato che i due terzi delle quote di pesca del Regno Unito è prerogativa di sole 25 imprese ittiche, quelle che possiedono grandi flottiglie di pescherecci, chiamati i “Signori del merluzzo”. Si può comprendere quanto questa semplice constatazione della realtà abbia lasciato i piccoli pescatori di stucco, verrebbe da dire di stoccafisso.
Ma i fisherman non sono le sole vittime di questo ingarbugliata Brexit. Nell’altro capo della scala sociale troviamo i Ceo delle telecomunicazioni. Uno studio sugli effetti della Brexit riguardante i vari settori economici inglesi offre risultati sorprendenti. FactSet ha esaminato il fatturato nell’indice Ftse e ha scoperto due novità. La prima riguarda i servizi finanziari, da sempre creduti i più esposti agli effetti negativi del divorzio con l’Europa che invece sembrano reggere meglio del previsto; la seconda rivelazione riguarda il comparto telecomunicazioni che da quando è iniziata la Brexit ha visto il perdere il 39% del proprio valore. Una nemesi storica per gli eroi di Warterloo.
Se gli inglesi non ridono, comunque, anche gli europei hanno poco da festeggiare. Negli uffici di Bruxelles i ragionieri hanno cominciato a fare i conti di quante risorse verranno a mancare dopo che i sudditi di Sua Maestà avranno chiuso i forzieri.
Negli ultimi quattro anni il Regno Unito ha contributo al bilancio comunitario per circa 7,8 miliardi di sterline (circa 8,8miliardi di euro) l’anno. Il Finacial Time si è chiesto chi potrebbe salvare le casse europee dallo spaventoso deficit e ha formulato anche un’ipotesi: toccherebbe alla Germania raddoppiare i versamenti dai 15 miliardi di euro nel 2020 ai 33 miliardi nel 2027. Anche l’Olanda vedrebbe quasi raddoppiare i contributi. Si tratta di simulazioni che non trovano d’accordo tutti gli economisti e lo stesso Financial Time mette le mani avanti. Unica certezza: i contributi al sistema politico europeo dovranno aumentare costringendo i singoli stati a scelte impopolari. Un solo esempio: l’Italia già oggi versa all’Europa 2,3 miliardi in più di quanto riceva.
di Andrea lazzeri