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Rapporto Italiani nel Mondo 2019, analisi sociologiche e linguistiche

Rapporto Italiani nel Mondo 2019, analisi sociologiche e linguistiche

K metro 0 – Roma – Il Rapporto Italiani nel Mondo 2019 della Fondazione Migrantes – presentato venerdì ottobre a Roma – conserva la struttura degli ultimi anni ma introduce una novità sostanziale: il tema dello Speciale 2019: “Quando brutti, sporchi e cattivi erano gli italiani: dai pregiudizi all’amore per il made in Italy”, è presente

K metro 0 – Roma – Il Rapporto Italiani nel Mondo 2019 della Fondazione Migrantes – presentato venerdì ottobre a Roma – conserva la struttura degli ultimi anni ma introduce una novità sostanziale: il tema dello Speciale 2019: “Quando brutti, sporchi e cattivi erano gli italiani: dai pregiudizi all’amore per il made in Italy”, è presente in ogni sezione, un filo conduttore che permea tutto il volume. Dopo aver dedicato le ultime edizioni ai territori regionali di partenza, alle città di approdo, ai principali paesi di destinazione della neo-mobilità giovanile italiana, la redazione del Rapporto ha voluto interrogarsi e riflettere su un tema fondante della mobilità italiana: la percezione e la conseguente creazione di stereotipi e pregiudizi che hanno accompagnato il migrante italiano nel tempo e in ogni luogo. “Si tratta di una annualità profondamente diversa rispetto agli anni precedenti, probabilmente più qualitativa, dove il fare memoria di sé diventata occasione per meglio comprendere chi siamo oggi e chi vogliamo essere”, si legge nel rapporto. I vari saggi di questa quattordicesima edizione del Rapporto Italiani nel Mondo narrano ulteriori pagine di storia: di come cioè in alcuni contesti gli italiani si sono presi la loro rivalsa diventando protagonisti e fautori del bello, soggetti attivi di positività, leader da imitare.

Da più parti dopo il ‘terremoto’ politico estivo vissuto dall’Italia e dopo le tante discussioni, più o meno accese sul piano europeo, che hanno visto l’Italia recitare una parte non di secondo piano, arrivano le richieste di occuparsi di emigrazione italiana tra le priorità del nostro Stato e non più (o meglio non soltanto) di immigrazione” si legge nel Rapporto Italiani nel Mondo, della Fondazione MIGRANTES. “Salutiamo con favore il cambio di orientamento – si legge ancora – auspicando, però, che non vi sia una semplicistica sostituzione di argomento, dall’immigrazione all’emigrazione, ma che esso sia accompagnato da un metodo diverso nella narrazione in modo che di mobilità italiana, memori di quanto successo a proposito dell’immigrazione, non si finisca con lo sparlare e l’operare sregolato, confuso e a tentativi”.

È fuga dall’Italia. Lo scorso anno sono partiti in 128mila, che vanno a ingrossare le fila dei nostri compatrioti espatriati. Sono l’8,8% degli italiani: un numero impressionante, soprattutto se si considera che dal 2006 al 2019 la mobilità italiana è aumentata del +70,2% passando, in valore assoluto, da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’Aire a quasi 5,3 milioni. È questa la fotografia più impressionante scattata dal Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, che rivela come quasi la metà degli italiani iscritti all’Aire sia originaria del Meridione (48,9%, di cui il 32,0% Sud e il 16,9% Isole); il 35,5% proviene dal Nord (il 18,0% dal Nord-Ovest e il 17,5% dal Nord-Est) e il 15,6% dal Centro. Le donne sono il 68,1%. Più della metà (51,5%) è iscritto all’AIRE per espatrio, ma continua la crescita degli iscritti per nascita (39,7%). Le acquisizioni di cittadinanza sono il 3,4%, le reiscrizioni per irreperibilità il 4,0%. Il 43,9% è iscritto da oltre 15 anni, il 20,7% da meno di 5 anni. Guardando all’ultimo anno, hanno registrato la loro residenza fuori dei confini nazionali per espatrio 128.583 italiani (400 persone in più rispetto all’anno precedente). Si conferma la prevalenza degli uomini (oltre 71 mila, il 55,2%) sulle donne (oltre 57 mila, il 44,8%), ma questa differenza nell’ultimo anno si è leggermente accentuata. La maggior parte sono ancora i giovani (18-34 anni, 40,6%) e i giovani adulti (35-49 anni, 24,3%). Oltre 2,8 milioni (54,3%) risiedono in Europa, oltre 2,1 milioni (40,2%) in America. Nello specifico, però, sono l’Unione Europea (41,6%) e l’America Centro-Meridionale (32,4%) le due aree continentali maggiormente interessate dalla presenza dei residenti italiani. Le comunità più consistenti si trovano, nell’ordine, in Argentina (quasi 843 mila), in Germania (poco più di 764 mila), in Svizzera (623 mila), in Brasile (447 mila), in Francia (422 mila), nel Regno Unito (327 mila) e negli Stati Uniti d’America (272 mila). Con 22.803 partenze continua il solido ‘primato’ della Lombardia, seguita dal Veneto (13.329), dalla Sicilia (12.127), dal Lazio (10.171) e dal Piemonte (9.702).

Da gennaio a dicembre 2018 si sono iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero 242.353 italiani di cui il 53,1% per espatrio, il 35,9% per nascita, il 6,8% per reiscrizione da irreperibilità, il 3,3% per acquisizione di cittadinanza. Si tratta soprattutto di celibi e nubili (64,0%). In valore assoluto – segnala la Fondazione Migrantes -, chi è nel pieno della vita lavorativa e ha deciso, da gennaio a dicembre 2018, di mettere a frutto fuori dei confini nazionali la formazione e le competenze acquisite in Italia raggiunge le 83.490 unità di cui il 55,1% maschi. Il 71,2% degli iscritti all’Aire per solo espatrio da gennaio a dicembre 2018 è in Europa e il 21,5% in America (il 14,2% in America Latina). In pole position, il Regno Unito che, con oltre 20mila iscrizioni, risulta essere la prima meta prescelta nell’ultimo anno (+11,1% rispetto all’anno precedente). Il Rapporto Italiani nel Mondo 2019, attraverso analisi sociologiche e linguistiche, aneddoti e storie fa riferimento al tempo in cui erano gli italiani ad essere discriminati, risvegliando ‘il ricordo di un passato ingiusto – spiega il testo – non per avere una rivalsa sui migranti di oggi che abitano strutturalmente i nostri territori o arrivano sulle nostre coste, ma per ravvivare la responsabilità di essere sempre dalla parte giusta come uomini e donne innanzitutto, nel rispetto di quel diritto alla vita (e, aggiungiamo, a una vita felice) che è intrinsecamente, profondamente, indubbiamente laico’. Si tratta dunque di ‘scegliere non solo da che parte stare, ma anche che tipo di persone vogliamo essere e in che tipo di società vogliamo vivere noi e far vivere i nostri figli, le nuove generazioni’. La Fondazione Migrantes auspica che questo studio possa “aiutare al rispetto della diversità e di chi, italiano o cittadino del mondo, si trova a vivere in un Paese diverso da quello in cui è nato”.

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