K metro 0 – Ankara – Gli Stati Uniti e la Turchia hanno concordato giovedì su una tregua di cinque giorni dagli attacchi di Ankara nei confronti dei combattenti curdi nel nord della Siria, il che permetterebbe a questi ultimi di spostarsi a circa 30 km dal confine turco. L’accordo potrebbe essere un passo avanti
K metro 0 – Ankara – Gli Stati Uniti e la Turchia hanno concordato giovedì su una tregua di cinque giorni dagli attacchi di Ankara nei confronti dei combattenti curdi nel nord della Siria, il che permetterebbe a questi ultimi di spostarsi a circa 30 km dal confine turco. L’accordo potrebbe essere un passo avanti nella risoluzione del conflitto che va ormai avanti da una settimana.
Dopo più di quattro ore di negoziazione con il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, il vicepresidente Usa, Mike Pence, ha spiegato che lo scopo della sua missione è mettere fine alle morti causate dall’avanzata della Turchia in Siria ma non ha specificato se nel patto sia compresa una seconda ritirata degli ex alleati curdi nella lotta all’Isis. Il ministro degli Esteri turco, Sergey Lavrov, ha dichiarato che Mosca cercherà di appoggiare un accordo per aiutare la Turchia a mettere in sicurezza i propri confini, mantenendo al contempo l’integrità territoriale della Siria. Lavrov, che si è espresso a Interfax giovedì prima che il vicepresidente degli Stati Uniti Pence rilasciasse dichiarazioni sulla tregua concordata con Erdogan, ha spiegato che la Russia lavorerà per risolvere la questione curda “attraverso il dialogo tra il governo di Damasco e leader dei combattenti” e ha poi aggiunto che il patto dovrà soddisfare gli “interessi sulla sicurezza della Turchia”. Mosca, nelle scorse ore, ha dispiegato le proprie forze militari nel nord della Siria come forza di interposizione, dopo l’abbandono delle truppe statunitensi. Il presidente del Consiglio di sicurezza dell’Onu, ruolo ricoperto in questo mese dall’ambasciatore per il Sudafrica Jerry Matjila, ha sottolineato che la definizione di un accordo del genere potrebbe rivelarsi “grande passo avanti” se dovesse concretizzarsi e ha rivelato che i dettagli erano in fase di discussione. Queste invece le parole del ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, in merito: “Gli Stati Uniti hanno compreso l’importanza e la funzionalità della ‘safe zone’”, quest’ultima verrà controllata proprio dalle forze armate della Turchia seguendo le condizioni concordate con Washington. Tuttavia, Cavusoglu ha anche aggiunto che “una tregua non significa che le truppe si ritireranno. Rimarranno lì anche in futuro”.
Intanto, il presidente russo, Vladimir Putin, ha supervisionato le esercitazioni militari tese a testare la prontezza delle forze strategiche in caso di conflitto nucleare. Tra queste anche le pratiche di lancio di missili balistici intercontinentali, l’utilizzo di navi da guerra e di bombardieri che hanno colpito dei bersagli di prova – un grosso check-up delle forze di terra, mare e aria, che compongono la triade nucleare del Paese. Il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, ha spiegato che l’esercitazione Grom (Thunder) – 2019 ha visto coinvolte 12 mila truppe, 213 lanciamissili, 105 veivoli, 15 navi e 5 sottomarini. Putin ha diretto il tutto dal quartier generale del ministero della Difesa, cercando di capire come l’esercito possa “rispondere ai compiti indicati in caso di conflitto armato e guerra nucleare”.