K metro 0 – Washington – La “febbre dei Muri” sta contagiando fortemente anche gli States: dopo che l’amministrazione Trump, negli ultimi due anni, ha più volte annunciato di voler costruire un muro lungo tutto il confine col Messico, in Arizona, nei dintorni di Yuma, vicino a una parte in secca del fiume Colorado, una
K metro 0 – Washington – La “febbre dei Muri” sta contagiando fortemente anche gli States: dopo che l’amministrazione Trump, negli ultimi due anni, ha più volte annunciato di voler costruire un muro lungo tutto il confine col Messico, in Arizona, nei dintorni di Yuma, vicino a una parte in secca del fiume Colorado, una piccola squadra costruzioni – informa AP – sta innalzando un muro munito di torri di controllo, che , secondo il Governo federale, dovrebbe ridurre il flusso di immigranti che attraversano illegalmente il confine tra Messico e USA. Questa prima sezione, lunga 5 miglia (8 km, circa), sta sorgendo proprio là dove la più vivace campagna mediatica condotta da Donald Trump (accennata addirittura già prima della sua elezione nel 2016) aveva promesso.
Trump e la sua Amministrazione hanno detto questa settimana che progettano di costruire, entro la fine del 2020 (anno cruciale per il Capo della Casa Bianca, che dovrà sottoporsi al giudizio degli elettori) tra le 450 e le 500 miglia (cioè tra i 724 e gli 800 km.) di muro, di fronte a una lunghezza totale del confine pari a circa 2.000 miglia (cioè 3218 km. circa). Un’impresa ambiziosa, finanziata in gran parte da bilioni di dollari, presi dal bilancio della Difesa, accantonati appunto per realizzazioni come scuole militari e strutture variamente destinate alla difesa nazionale.
Altri due progetti di costruzioni finanziati dal Pentagono, in Nuovo Messico ed Arizona, sono in via di realizzazione; alcuni, comunque, negli USA sono scettici sul fatto che un muro così lungo possa essere realizzato in poco più di un anno. Ma il Governo sta ricorrendo a tutti gli strumenti legali, per fronteggiare le proteste e i ricorsi giudiziari sia degli ambientalisti che dei proprietari di terre limitrofe.
I critici dell’Amministrazione, però, rilevano che un muro del genere, oltre a configurare una pesante limitazione dei diritti di movimento delle persone, risulta anche inutile: perché la maggior parte dei migranti arrestati nel tentativo di entrare illegalmente ha da tempo l’abitudine di consegnarsi agli agenti di guardia al confine, nella speranza di poter essere rilasciati quando i loro casi saranno esaminati dalla Corte per l’immigrazione. Questo fenomeno, specie nell’area di Yuma, ha avuto un forte incremento dal 2018, quando è stata preannunciata la costruzione del muro; molti degli immigranti vengono da situazioni di estrema povertà e violenza, e alcuni chiedono asilo politico negli USA. Solo l’anno scorso, gli agenti di confine, in questa zona, hanno arrestato più di 51.000 persone: di fronte ai 14.500 circa del 2017, quando si era appena iniziato a parlare del muro.
Tutto questo, nonostante gli sforzi che il governo messicano sta facendo da tempo per dissuadere i migranti dall’andare verso il Nord: specie dopo che Trump ha minacciato di alzare le tasse di entrata negli USA, appunto per costringere il Messico ad agire. Dopo un 2017 segnato dai gravi episodi di violazioni dei diritti umani legate alla prassi di separare i minori migranti dai loro genitori (prassi contro la quale insorse la First Lady), e un anno in cui il fenomeno degli arresti al confine, come è noto, è fortemente aumentato, gli ultimi mesi, da maggio ad agosto, hanno visto invece un calo del numero degli arresti alla frontiera.
Viictor Manjarrez, un capo delle guardie di frontiera anziano, ora docente all’ università del Texas ad El Paso, ha precisato – sempre in un’intervista ad ad AP – che questi pannelli di muro con sofisticati strumenti tecnologici, di costosissima realizzazione (svolta soprattutto da aziende private, in appalto), risultano però meno utili nelle più remote aree desertiche, dove sono più adatte, invece, barriere più brevi, ma dotate di strumenti di sorveglianza a tecnologia ancor più avanzata, come sensori ad alta efficacia e droni. La questione, però, conclude Manjarrez, non è se gli appaltatori riusciranno a concludere i lavori di costruzione nei tempi promessi, ma se il Governo federale ha veramente bisogno di una barriera come questa, per garantire seriamente la sicurezza nazionale.
Intanto, opposizioni forti al progetto di Trump vengono anche dalle tribù indiane viventi nella zona: la tribù Tohono O’ Odham si è detta contraria alla costruzione di questa barriera, che toccherebbe in gran parte le terre della loro riserva. Mentre vicino Yuma, la riserva dell’altra tribù Cocopah si trova proprio nei pressi del costruendo muro, e i suoi leader – ha riferito il portavoce Jonathan Athens – sono preoccupati dalla sua attuazione, che ostacolerebbe la vista dei loro siti sacri.
Intanto, a Madrid, ieri Papa Francesco ha aperto l’incontro internazionale «nello spirito di Assisi» organizzato dalla comunità di Sant’Egidio, con oltre trecento leader delle grandi religioni mondiali e rappresentanti del mondo della cultura e delle istituzioni. Il tema è «pace senza confini: «È insensato”, ha detto in apertura il Pontefice, “nella prospettiva del bene dei popoli e del mondo, chiudere gli spazi, separare i popoli, anzi contrapporre gli uni agli altri, negare ospitalità a chi ne ha bisogno e alle loro famiglie». Francesco ha ricordato i trentanni della caduta del Muro di Berlino: “Da quel giorno si accesero nuove speranze di pace che dilagarono nel mondo intero». Eppure, «in questi primi due decenni del XXI secolo abbiamo purtroppo assistito, con enorme tristezza, allo spreco di quel dono di Dio che è la pace, dilapidato con nuove guerre e con la costruzione di nuovi muri e nuove barriere», ha proseguito il Pontefice. Si chiudono gli spazi, si alzano nuovi muri, si respinge chi ha bisogno: «In questo modo si fa “a pezzi” il mondo, usando la stessa violenza con cui si rovina l’ambiente e si danneggia la casa comune, che chiede invece amore, cura, rispetto, così come l’umanità invoca pace e fraternità».
di Fabrizio Federici