K metro 0 – Londra – Il testa a testa per il ruolo di prossimo premier britannico entra nel vivo. L’ultimo confronto è andato in scena mercoledì, i due candidati del Partito conservatore, Boris Johnson e James Hunt, hanno ribadito la propria posizione sulla Brexit, mettendo a rischio i rapporti del prossimo governo con l’Unione
K metro 0 – Londra – Il testa a testa per il ruolo di prossimo premier britannico entra nel vivo. L’ultimo confronto è andato in scena mercoledì, i due candidati del Partito conservatore, Boris Johnson e James Hunt, hanno ribadito la propria posizione sulla Brexit, mettendo a rischio i rapporti del prossimo governo con l’Unione europea.
L’ex sindaco di Londra Johnson, che è dato in vantaggio nei sondaggi, e il ministro degli Esteri Hunt al momento pensano che l’unica strada possibile per abbandonare l’Ue sia senza accordo, una prospettiva quindi che assume connotati sempre più realistici. Entrambi hanno comunque intenzione di presentarsi a Bruxelles per negoziare un nuovo ‘deal’, modificando parzialmente quello proposto da Theresa May. L’Ue è ferma nella propria posizione e non intende ridiscutere o modificare il documento, che consta di ben 585 pagine redatto assieme alla premier dimissionaria. “All’interno di quell’accordo è contenuta l’unica modalità di abbandono dell’Unione possibile per il Regno Unito”, ha sottolineato il negoziatore della Brexti per l’Unione, Michel Barnier, ai microfoni della BBC giovedì. Molti parlamentari e alcuni esponenti del mondo delle imprese credono che uno scenario del genere possa generare conseguenze economiche disastrose. La preoccupazione maggiore proviene dalla possibilità che vengano imposte tariffe sugli scambi commerciali in settori specifici, compreso quello dell’industria automobilistica.
Johnson e Hunt hanno preso parte a un ultimo faccia a faccia mercoledì, prima dell’esito delle votazioni, cui parteciperanno i membri del Partito Conservatore, che verrà annunciato il 23 giugno. Il nuovo primo ministro si insidierà il giorno successivo. Entrambi hanno promesso di eliminare la clausola del “backstop”, inserita all’interno del contratto presentato a Bruxelles, per tenere aperta la frontiera irlandese. Theresa May si è definita turbata dall’aumento degli “assolutismi” della politica, in riferimento al prossimo leader britannico. May, che abbandonerà il proprio incarico tra una settimana, ha criticato aspramente la “politica di divisione” e ha sottolineato come “alcuni non siano più capaci di essere in disaccordo senza sminuire l’opinione altrui”. L’annuncio delle dimissioni è arrivato il mese scorso, dopo che il parlamento ha respinto nuovamente l’accordo di Brexit proposto.
I membri del Partito Conservatore pro-Brexit hanno giocato un ruolo fondamentale nella sua uscita di scena, condannando soprattutto il compromesso con l’Ue. Durante l’ultimo discorso ‘ufficiale’, nella giornata di mercoledì ha difeso proprio il compromesso politico e ha demonizzato le “risposte facili” a problemi complessi dei populisti.
Intanto, più di 60 membri del Partito Laburista della Camera dei lord britannica hanno accusato, attraverso una nota pubblicata sul Guardian, il leader Jeremy Corbyn di aver ignorato la “cultura tossica” permettendo all’antisemitismo di insidiarsi tra i Labours. La vicenda ha scatenato una bufera su Corbyn, secondo molti, colpevole di aver “permesso che l’antisemitismo crescesse all’interno del Partito Laburista” e di aver “sorvolato su uno dei periodi più bui dei laburisti”. In definitiva, sembra abbia “fallito il test della leadership”. La nota di mercoledì è stata firmata da Peter Hain , John Redi e Perer Mandelson, tutti ministri del precedente governo Labour, insieme ad alcuni esponenti del mondo dei media come, Joan Bakewell, e della scienza come, Robert Winston. Il partito è stato tacciato di antisemitismo sin da quando Corbyn, sostenitore di vecchia data della causa palestinese, è diventato leader nel 2015.