K metro 0 – Oslo – Un vecchio sottomarino a propulsione nucleare sovietico, che affondò nel 1989 nelle acque norvegesi, sta ancora emettendo pericolose radiazioni: come appurato – informa la Reuter’s sulla base di quanto comunicato dall’emittente nazionale di Oslo “NRK” – da una spedizione mista russo- norvegese. Il relitto del “Komsomolets” (questo il nome del
K metro 0 – Oslo – Un vecchio sottomarino a propulsione nucleare sovietico, che affondò nel 1989 nelle acque norvegesi, sta ancora emettendo pericolose radiazioni: come appurato – informa la Reuter’s sulla base di quanto comunicato dall’emittente nazionale di Oslo “NRK” – da una spedizione mista russo- norvegese.
Il relitto del “Komsomolets” (questo il nome del sommergibile) giace sul fondo del Mare di Norvegia, a sudovest dell’isola di Bjornoja, a una profondità di 1700 m. circa. È dagli anni ’90, quando il crollo dell’URSS e l’allentamento della tensione coi Paesi con essa confinanti resero più facile fare questo tipo di ricerche, che le autorità norvegesi organizzano spedizioni come questa: ma questa è la prima volta che viene impiegato un sofisticatissimo apparecchio telecomandato chiamato “Aegir 60000”, in sostanza un minisommergibile telecomandato, capace di fare riprese e prelevare campioni di relitti, per le successive analisi.
Della presenza del “Komsomolets”, in realtà, le autorità svedesi sapevano sin dai primissimi anni ’90. Già nel ’91- ’93, le indagini avevano rilevato, nell’acqua circostante, alte concentrazioni del pericoloso isotopo radioattivo cesio 137; e nel 2007, una spedizione russa aveva riscontrato nuove perdite di sostanze radioattive dal relitto. Ma uno dei 3 campioni di acqua analizzati ora, fuoriuscita dal tubo di ventilazione del sommergibile, presenta un livello di radiazioni tra le 80.000 e le 100.000 volte più alto del normale, secondo quanto comunicato dall’ Autorità Norvegese per le Radiazioni e la Sicurezza Nucleare: in pratica, una radioattività di 100 bequerel per litro.
“Questo è certamente un più alto livello, che generalmente misureremmo fuori del mare; tuttavia, i livelli che abbiamo riscontrato non sono allarmanti”, ha precisato il capo della spedizione, Hilde Elise Heldal, dell’Istituto Norvegese per le Ricerche marine. Questo perché i livelli di radioattività nell’ acqua, ha spiegato ancora, “si dileguano” rapidamente a queste profondità, e nell’area circola poco pesce. Ma è “importante che il monitoraggio continui, in modo da avere una conoscenza aggiornata della situazione dell’inquinamento nell’area circostante il relitto. La sorveglianza aiuta a garantire la fiducia del consumatore nel settore della pesca norvegese”, ha aggiunto la ricercatrice.
Il “Komsomolets” affondò il 7 aprile 1989, in acque internazionali non troppo distanti da quelle norvegesi, dopo un incendio scoppiato a bordo, in cui rimasero uccisi 42 dei 69 marinai della ciurma.
Si è trattato forse del peggiore incidente mai occorso a un sommergibile russo dopo quello del “Kursk” (agosto 2000, 118 morti): e la notizia delle persistenti perdite radioattive dalla carcassa del “Komsomolets” arriva a soli 9 giorni da quella dell’altro incidente a bordo dell’altro sottomarino nucleare “Losharik”. Dove un incendio ha provocato la morte di 14 marinai.
In tutti e 3 i casi, causa del disastro è stato un incendio scoppiato a bordo del sommergibile. Mentre nulla è dato sapere delle decisioni prese dalla riunione d’emergenza coi massimi responsabili della marina russa indetta dal Presidente Putin, annullando ogni impegno del momento, subito dopo l’ultimo incidente del “Losharik”, il fatto che siano così relativamente frequenti le fiamme a bordo dei sommergibili di Mosca (diversamente che per quelli di Washington) non può non sollevare interrogativi sia sul livello complessivo delle tecnologie usate dai russi per questo fondamentale mezzo militare che sull’ efficienza degli stessi sistemi antincendio. Ancora non ci sono, su questa vicenda commenti ufficiali di alto livello da parte del Governo russo.
di Fabrizio Federici