K metro 0 – Bruxelles – Le statistiche parlano chiaro: negli ultimi anni, nella maggior parte degli Stati europei la popolazione carceraria è in continua crescita, in alcuni casi a ritmi piuttosto elevati, nonostante alcune iniziative volte a promuovere alternative alla detenzione come provvedimento giudiziario. La situazione che ne è derivata è un sovraffollamento di dimensioni
K metro 0 – Bruxelles – Le statistiche parlano chiaro: negli ultimi anni, nella maggior parte degli Stati europei la popolazione carceraria è in continua crescita, in alcuni casi a ritmi piuttosto elevati, nonostante alcune iniziative volte a promuovere alternative alla detenzione come provvedimento giudiziario. La situazione che ne è derivata è un sovraffollamento di dimensioni enormi, che in alcuni Paesi genera anche forti preoccupazioni.
E siamo davanti a un vicolo cieco: maggiore è la popolazione carceraria, peggiori sono le condizioni di vita dei detenuti, non solo per la scarsità degli spazi, ma anche per l’inadeguatezza o l’indisponibilità di servizi sociali primari, come istruzione e salute. Inoltre, ciò che è stato notato è che anche i profili criminali dei soggetti stanno mutando, rispetto al passato: molti, ad esempio, sono i reati legati alle sostanze stupefacenti, o commessi da soggetti appartenenti alle fasce sociali più deboli e povere. Questo la dice lunga anche sui mutamenti sociali che stanno avvenendo in tutta Europa.
Lo scorso aprile, il Consiglio d’Europa ha pubblicato il rapporto relativo allo status delle carceri europee, registrando un calo dei numeri in generale, ma non sotto tutti i punti di vista: il calo è stato del 6,6% tra il 2016 e il 2018, il che significa che i detenuti sono scesi a 102,5 per 100.000 abitanti. A diminuire è anche la durata media della reclusione, che è scesa da 8,8 a 8,2 mesi (-6,8%) in tutta Europa. A crescere, invece, è la percentuale dei detenuti in attesa di processo: dal 17,4% al 22,4% della popolazione carceraria totale.
I Paesi in cui il tasso di carcerazione è diminuito di più sono stati Romania (-16%), Bulgaria (-15%), Norvegia (-11,6%) e Finlandia (-9,9%), mentre è aumentato in Islanda (+25,4%), Italia (+7,5%), Paesi Bassi (+5,9%), Danimarca (+5,8%) e Montenegro (+5,5%). Tassi di detenzione particolarmente elevati sono sempre registrati in Russia (418,3 detenuti ogni 100.000 abitanti), Georgia (252,2), Azerbaigian (235), Lituania (234,9); i più bassi in Islanda (46,8), Finlandia (51,1), Paesi Bassi (54,4), Svezia (56,5), Danimarca (63,2), Slovenia (61,1) e Norvegia (65,4).
C’è un “grave problema generale di sovraffollamento” in Macedonia settentrionale (122,3), Romania (120,5), Francia (116,3), Italia (115). I reati di droga (16,8%) e furto (15,6%) sono i più ricorrenti, anche se i detenuti per furto sono diminuiti del 15%, mentre per reati di droga sono aumentati del 9,7%. I detenuti stranieri sono calati del 4,8% (erano il 15,9% della popolazione carceraria nel 2018).
Non bisogna dimenticare, che i detenuti hanno un costo: solo per fare un esempio, in Italia, in cui la situazione carceraria è tra le peggiori secondo lo stesso Consiglio, il prezzo è alto. “Aumentano lievemente (di circa 17 milioni) i fondi destinati all’amministrazione penitenziaria, che comunque si mantengono anche nel 2019 al di sotto dei 2,9 miliardi”, scrive l’associazione Antigone, che si occupa dei diritti dei detenuti, nel suo ultimo rapporto. Il costo per detenuto passa dai 137 euro del 2018 ai 131 di oggi. I soldi vanno “in particolar modo all’edilizia penitenziaria, che comprende la realizzazione di nuove infrastrutture, potenziamento e ristrutturazione di quelle esistenti”. Il totale delle spese per il personale rappresenta circa il 76 per cento del budget complessivo.