K metro 0/Jobsnews – Roma – Da quando il ciclista Richard Carapaz, nato e vissuto in un paesino di montagna, Carchi, in Ecuador, tremila metri di altitudine, l’agricoltura come principale fonte di lavoro, ha conquistato la maglia rosa del Giro d’Italia nelle strade della grande corsa italiana sono spuntate tante bandiere dell’Ecuador, tre colori orizzontali, giallo,
K metro 0/Jobsnews – Roma – Da quando il ciclista Richard Carapaz, nato e vissuto in un paesino di montagna, Carchi, in Ecuador, tremila metri di altitudine, l’agricoltura come principale fonte di lavoro, ha conquistato la maglia rosa del Giro d’Italia nelle strade della grande corsa italiana sono spuntate tante bandiere dell’Ecuador, tre colori orizzontali, giallo, blu, rosso col condor nello stemma. Lo attendevano sulle salite e sulle discese, nei punti dove si poteva stare più vicini ai girini. Applausi a non finire. La comunità degli ecuadoriani è scesa in strada, è diventata visibile. In Italia i residenti ufficiali sono 83 mila. Si concentrano nel vecchio triangolo industriale, tra Milano, Torino, Genova. Lavorano come badanti, colf, autotrasportatori, edili, lavoratori nei campi. Sono loro che hanno sostenuto Richard. E lui li ripaga: “È bello, sono contento, mi emoziono quando vedo le bandiere. Io corro per l’Ecuador”. “Sono diventato corridore vero in Colombia, le radio e le tv colombiane mi considerano uno di loro, ma io ho l’orgoglio di essere ecuadoriano”. Il senso di appartenenza dei sudamericani ai propri Paesi, qualcosa di impossibile da sradicare o trasformare.
L’entusiasmo del popolo del Sudamerica, dei migranti che vivono in Italia
Ma la sua è una vittoria che entusiasma ed emoziona non solo gli ecuadoriani ma anche il popolo del Sudamerica, dei migranti che vivono in Italia, una comunità molto consistente, orgogliosa che avverte come “sua” la vittoria di Richard. Già la conquista della maglia rosa era stata “compensata” da manifestazioni, feste, chiusura delle scuole. L’ambasciatore in Italia aveva portato i saluti del governo e del popolo. Man mano che il Giro proseguiva cresceva l’entusiasmo in tutto il Paese. Comunque fosse finita l’avventura italiana per Carapaz si preparavano feste grandi. Ci metteva il timbro lo stesso Lenin Moreno, presidente dell’Ecuador dal maggio 2017. Un nome forte, scrivono i giornali locali, che richiama la Rivoluzione russa e guida un partito di sinistra.
“Alianza Pais” ha celebrato Carapaz con un tweet: “Ha vinto la tappa ed è diventato leader assoluto al Giro d’Italia. Grazie a Richard perché ci dà gioia e orgoglio. Il Paese lo sta celebrando e noi gli daremo il riconoscimento che merita”. Onorificenza in arrivo, insieme all’entusiasmo cresciuto fino alle stelle per la vittoria finale del Giro. Una vittoria imprevista, battuti corridori del calibro di Nibali che non può rimproverarsi niente. Ha fatto una grande corsa, non si è dato per vinto fino all’ultimo centimetro dell’ultimo chilometro. Ha provato a recuperare nell’ultima tappa, la cronometro. Carapaz non era ritenuto uno “specialista”. Nibali poteva farcela. Ma di fronte ad uno scatenato Carapaz non c’è stato niente da fare. Per poco più di un minuto il giro gli è scappato. Forse si è complicato la vita in un duello con lo slovacco Roglic. È stato Nibali a rincorrere le fughe più pericolose. Lo slovacco si limitava a stare a ruota, non ha tirato neppure un metro. Ancora: cronisti e telecronisti non hanno fatto un buon servizio a Nibali. A loro dire non c’era dubbio che sarebbe stato lui a conquistare sulle montagne la maglia rosa. Lo hanno continuamente “stimolato” tanto che il corridore siciliano non si è risparmiato controllando le fughe dei concorrenti più pericolosi. E sulle grandi montagne, mentre i suoi avversari, quelli più noti, perdevano terreno, Carapaz metteva in mostra qualità inaspettate. Nibali per la sesta volta sale sul palco. L’appuntamento con Carapaz, una nuova sfida, forse al Tour de France. Un siciliano contro un ecuadoregno. Due storie parallele. Due giovanotti di provincia, di paese. Carapaz si racconta.
La sua prima bicicletta raccolta dal padre tra i rifiuti
È un corridore di frontiera, nato e cresciuto in Ecuador, ma sul confine con la Colombia, in una località chiamata El Carmelo, dal nome della parrocchia. Un posto in cui si vive di agricoltura, campi e bestiame. Ha alle spalle una famiglia contadina, un “campesino”, come nel Sudamerica di lingua spagnola vengono chiamati i braccianti. La sua regione di provenienza è El Carchi e per questo lo chiamano “La Locomotora (locomotiva) del Carchi”, anche se qua e là compare un altro soprannome, “L’Aquila del Sud”, ma l’interessato smentisce: “No, io sono Richie e basta”. Si racconta che la sua prima bicicletta le sia stata donata dal padre che l’aveva recuperata tra i rifiuti. “Sono nato in un paesino a 20 minuti dalla Colombia e lì ho vissuto fino a quando ho cominciato a correre in Colombia”. Una famiglia votata al lavoro nei campi. Il suo curriculum, diffuso dalle agenzie di stampa e dai quotidiani dell’Ecuador, parla di papà Antonio, mamma Ana Luisa e tre figli, Richard e due sorelle più grandi di lui. Una, Cristina, lavora alla Prefettura di Carchi. Il giovanotto dà una mano al lavoro dei campi. “È successo quando ero adolescente — ricorda —. Mia madre si è ammalata di cancro e per qualche tempo mi sono preso cura delle mucche. Le accudivo, davo loro da mangiare, le mungevo”. Le vacche erano tre, la vendita del latte costituiva il principale introito familiare. La mamma oggi come sta? “Grazie a Dio è guarita e siamo tutti più tranquilli”. Racconta la madre: “A 8 anni mio figlio aveva una mountain bike, ma a lui non piaceva, diceva che era pesante. Preferiva una bici scassata, senza pneumatici, e con questa si divertiva a saltare gli ostacoli”. Quella, appunto, recuperata dal padre. Uno che è nato e vissuto a tremila metri non poteva fallire sulle montagne. I primi successi sono in Eacuador, poi arrivano i colombiani che se lo portano a casa. Richie, così si fa chiamare, aveva vinto nel 2013 La Vuelta de la Juventud de Colombia. Quel ragazzo viene “studiato” dai club europei, gli spagnoli in particolare, prima la Lizarte di Pamplona e poi la Movistar, il club per il quale corre.
Per quanto valgano, le nostre congratulazioni vanno a Carapaz, Nibali e a tutti i girini che hanno dato vita ad una manifestazione sportiva molto apprezzata, con tanti applausi, anche italiani, senza distinzioni di razze, per dirla con una parola molto usata senza sovranismi. Quando prima Nibali, poi Carapaz sono entrati nell’Arena di Verona, uno sventolio di bandiere, si sono incrociati i colori italiani con quelli dell’Ecuador. Un finale entusiasmante non solo per chi ama il ciclismo, ma per tutti coloro che, in Italia, in Europa, nel mondo si battono per la pace, la fratellanza, la solidarietà fra i popoli di tutto il mondo. Sono questi i valori che appartengono allo sport.
L’ordine d’arrivo della ventunesima e ultima tappa del 102esimo Giro d’Italia, una cronometro individuale di 17 chilometri con partenza ed arrivo a Verona
Chad Haga (Usa, Sunweb) in 22’07” 2. Victor Campenaerts (Bel, Lotto-Soudal) a 0’03” 3. Thomas De Gendt (Bel, Lotto-Soudal) a 0’06” 4. Damiano Caruso (Ita) a 0’09” 5. Tobias Ludvigsson (Swe) a 0’11” 6. Josef Cerny (Cze) s.t. 7. Pello Bilbao de Armentia (Esp) a 0’17” 8. Mattia Cattaneo (Ita) a 0’20” 9. Vincenzo Nibali (Ita) a 0’23” 10. Primoz Roglic (Slo) a 0’26” 11. Luke Durbridge (Aus) a 0’27” 21. Mikel Landa (Esp) a 0’57” 22. Davide Formolo (Ita) a 0’58” 23. Dario Cataldo (Ita) a 1’00”.
La classifica generale (maglia rosa) del 102esimo Giro d’Italia
Richard Carapaz (Ecu, Movistar) in 90h01’47” 2. Vincenzo Nibali (Ita, Bahrain-Merida) a 01’05” 3. Primoz Roglic (Slo, Jumbo-Visma) a 02’30” 4. Mikel Landa Meana (Esp) a 02’16” 5. Bauke Mollema (Ned) a 05’43” 6. Rafal Majka (Pol) a 06’56” 7. Miguel Angel Lopez (Col) a 07’26” 8. Simon Yates (Gbr) a 07’49” 9. Pavel Sivakov (Rus) a 08’56” 10. Ilnur Zakarin (Rus) a 12’14” 15. Davide Formolo (Ita) a 22’38” 16. Giulio Ciccone (Ita) a 27’19” 19. Domenico Pozzovivo (Ita) a 33’40” 20. Fausto Masnada (Ita) a 34’52” 23. Damiano Caruso (Ita) a 49’06”.
di Alessandro Cardulli