K metro 0 – Roma – La notizia che Khalifa Haftar sarebbe venuto in Europa era già nota da giorni, il generale sarebbe venuto per andare all’Eliseo ad incontrare il presidente francese Emmanuel Macron. Ma a sorpresa, prima di andare a Parigi l’uomo che ha riacceso la miccia della guerra civile in Libia si è
K metro 0 – Roma – La notizia che Khalifa Haftar sarebbe venuto in Europa era già nota da giorni, il generale sarebbe venuto per andare all’Eliseo ad incontrare il presidente francese Emmanuel Macron. Ma a sorpresa, prima di andare a Parigi l’uomo che ha riacceso la miccia della guerra civile in Libia si è fermato a Roma per parlare con Conte dei recenti sviluppi a Tripoli e dintorni: dove Haftar ha lanciato lo scorso 4 aprile un’offensiva militare che ha causato finora più di 600 morti e oltre 60 mila sfollati. Lo scorso 7 maggio Conte ha incontrato a Palazzo Chigi Fayez al Serraj, capo del Consiglio di presidenza a Tripoli.
Il comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), Khalifa Haftar, ha sempre l’appoggio egiziano, ma in Europa a parte Macron non ha sponde e non ha quindi altra scelta che cercare di prendere tempo.
Il premier italiano Giuseppe Conte ha avuto un colloquio di due ore con Haftar, poi ha raccontato: “È stato un lungo incontro, un lungo scambio di informazioni. Gli ho espresso la posizione del governo. Noi vogliamo il cessate il fuoco e confidiamo nella via politica come unica soluzione”.
Dunque, Haftar a Roma, ha anticipato la tabella di marcia che dovrebbe portarlo a breve anche a Parigi.
Nel frattempo l’ambasciatore d’Italia in Libia, Giuseppe Buccino, ha incontrato il ministro dell’Interno libico, Fathi Bashaga. Incontro con cui ha ribadito “l’appoggio del governo italiano al governo di Accordo nazionale” del premier Fayez al-Sarraj. È l’unico esecutivo “legittimo riconosciuto a livello internazionale”. Buccino “ha affermato che la posizione italiana è chiara a proposito dell’assenza di sostegno al comportamento del generale Khalifa Haftar e al suo attacco contro Tripoli”.
Il momento è delicatissimo per la Libia: Conte, come la quasi totalità della Comunità internazionale, chiede un immediato cessate il fuoco attorno a Tripoli. La mobilitazione delle milizie che fanno da forze di sicurezza per il Governo di accordo nazionale onusiano (Gna) guidato da Fayez Serraj ha bloccato l’avanzata dal generalissimo della Cirenaica, col solo risultato che le vittime aumentano continuamente.
Non è chiaro, poi, per esempio, quanto a questo punto Serraj abbia presa sulle forze della Tripolitania che davanti al flop dell’offensiva lampo che avrebbe dovuto lasciare i tripolini senza fiato, storditi, ora chiedono vendetta. Ieri, il portavoce dell’operazione “Vulcano di Rabbia” del Gna ha detto che la situazione sul terreno “è sostanzialmente migliorata” rivendicando nuove conquiste territoriali. “Vulcano di Rabbia” è il nome, dal senso programmatico della controffensiva che ha raggruppato i miliziani di Tripoli e quelli di Misurata, intervenuti non tanto per difendere Serraj quanto per respingere Haftar.
Tornando alla diplomazia, la scorsa settimana era toccato a Serraj fare il giro delle capitali europee più influenti, chiedendo sostegno contro Haftar. Ora quest’ultimo che cerca di far valere la sua posizione, indebolita dall’aggressione che ha prodotto soltanto morti, feriti e sfollati, sotto continue accuse arrivate anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Prima dell’arrivo di Haftar, Conte ha ricevuto a Palazzo Chigi anche l’ambasciatore statunitense, Lewis Eisenberg. Senza altre informazioni, potremmo definirla una coincidenza. Gli Stati Uniti sulla Libia hanno un atteggiamento più distaccato, sostanzialmente allineato con la posizione Onu, che però ha avuto uno scossone quando tre settimane fa si è saputo che Donald Trump aveva avuto una telefonata diretta con Haftar. Circostanza che era stata letta come un cambio di rotta, un allineamento di Trump con le visioni di partner americani regionali più propensi alla soluzione libica tramite l’uomo forte. La posizione della Casa Bianca era stata poi normalizzata da Dipartimento di Stato, Pentagono e Consiglio di Sicurezza nazionale.
Il Generale della Cirenaica ha risposto a Conte: “Io andrò avanti, dobbiamo arrivare a Tripoli per estirpare il terrorismo”. Le risposte di Haftar a Conte hanno lasciato il presidente del Consiglio interdetto: “Lui è convinto che le sue operazioni militari avranno successo, che Tripoli sia infestata da bande criminali o di terroristi. Noi gli abbiamo risposto che non è così, che continuare con le operazioni militari non farà che peggiorare la situazione, che l’unica soluzione è tornare al dialogo politico, nonostante oggi sia molto più difficile che in passato”. I canali di comunicazione tra l’Italia e Haftar restano aperti, e affidati sul campo al nostro ambasciatore a Tripoli, Giuseppe Buccino Grimaldi, e ai nostri servizi d’Intelligence.
D’altro canto, non era servito neanche l’appello al cessate il fuoco lanciato venerdì scorso dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a frenare le ambizioni di conquista del Generale. Nella mattinata di domenica scorsa, le milizie fedeli all’uomo forte della Cirenaica avevano sferrato un nuovo attacco: secondo i media governativi di Tripoli, tre civili erano stati uccisi in un raid aereo sulla città costiera di Zawiya, 50 chilometri a ovest di Tripoli. Un’offensiva che chiama in causa direttamente gli interessi italiani. Il presidente di Feder Petroli, Michele Marsiglia, ha affermato: “Temiamo per i siti produttivi. Centro industriale e petrolifero, Zawiya ospita una delle più grandi raffinerie della Libia a bandiera NOC (National Oil Corporation) con una capacità produttiva di oltre 220mila barili al giorno di greggio e sono presenti pipeline di collegamento ai giacimenti El Feel (Elephant), Hamara e Sharara che sono situati in zona sud e centro occidentale della regione. La raffineria è un orgoglio italiano, fu costruita in gran parte dalla nostra Snam Progetti negli anni ’70. Se le milizie si stanno spostando verso Sirte, un altro sito di interesse produttivo di raffinazione è collocato a Ras Lanuf. Pensavamo che la scorsa settimana con l’inizio del Ramadan gli scontri potessero avere una tregua momentanea ma così non è stato. Attendiamo nelle prossime ore l’evolversi della situazione e cercheremo di metterci in contatto con altri riferimenti in zona per avere maggiori informazioni sugli sviluppi”.
Sviluppi sempre e solo militari. Non a caso, giovedì scorso Haftar era volato al Cairo in visita dal presidente Abdel Fattah al-Sisi che gli aveva rinnovato il suo appoggio alla lotta contro il terrorismo nel Paese. A nulla è servita, quindi, la dichiarazione dell’Onu in cui si esprime preoccupazione per “l’instabilità nella capitale libica e il peggioramento della situazione umanitaria che sta mettendo a rischio la vita di civili innocenti e minacciando le prospettive di una soluzione politica”. Il numero degli sfollati, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari (Ocha), è salito infatti a 67.200. Ciò che conta per il generale di Tobruk sono le parole dei partner regionali e internazionali che lo supportano: Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Russia. Se questi, come ha fatto il 9 maggio al-Sisi, danno il placet all’offensiva, Haftar procede. Durante l’ultimo incontro al-Sisi ha confermato il sostegno dell’Egitto nella lotta contro il terrorismo e contro gruppi e milizie estremisti per raggiungere la sicurezza e la stabilità in Libia. Al-Sisi ha quindi riconosciuto il ruolo dell’Lna per ripristinare la legalità e creare il clima adatto per raggiungere una soluzione politica della crisi in corso e lo svolgimento delle elezioni.
Alcuni giorni fa il giornale francese ‘Le Figaro’, citando il ministro degli Esteri del maresciallo Haftar, Abdlhadi Ibrahim Iahweej, ha scritto: “Khalifa Haftar è deciso a proseguire la sua offensiva su Tripoli”. Secondo il quotidiano, il passaggio di Iahweej a Parigi è avvenuto nella massima discrezione, al contrario di quello di Serraj, ricevuto all’Eliseo mercoledì scorso. Non c’è stato alcun appuntamento, neppure ufficioso. Ma la visita, ha aggiunto Le Figaro, “puntava a contrastare l’offensiva diplomatica di Serraj”. Il quotidiano parigino ha scritto di aver “incontrato” Iahweej, per il quale “l’unico obiettivo dell’operazione su Tripoli è di mettere fine al caos delle milizie armate, del terrorismo, dell’immigrazione irregolare e delle navi della morte; l’obiettivo non è governare i libici con la forza, imporre una giunta o un uomo solo al governo, ma ricostruire uno Stato. La liberazione di Tripoli è imminente, il dialogo verrà dopo la liberazione di Tripoli”.
di Salvatore Rondello