K metro 0 – Strasburgo – Secondo il diritto europeo, un rifugiato in fuga da un Paese in cui rischia la tortura o altri trattamenti inumani vietati dalla Convenzione di Ginevra non può essere rimpatriato o respinto nel sopra citato Paese anche se lo status di rifugiato gli viene negato o revocato dallo Stato ospitante
K metro 0 – Strasburgo – Secondo il diritto europeo, un rifugiato in fuga da un Paese in cui rischia la tortura o altri trattamenti inumani vietati dalla Convenzione di Ginevra non può essere rimpatriato o respinto nel sopra citato Paese anche se lo status di rifugiato gli viene negato o revocato dallo Stato ospitante per validi motivi di sicurezza. È quanto ha chiarito la Corte di giustizia dell’Unione europea in una sentenza pubblicata ieri. Per i giudici dell’Ue, le disposizioni previste dalla direttiva sui rifugiati sono valide, ma la decisione di revocare o rifiutare il riconoscimento dello status di rifugiato non produce l’effetto di privare una persona né dello status di rifugiato né dei diritti che la Convenzione di Ginevra ricollega a tale status se questa persona ha il fondato timore di essere perseguitata nel suo paese di origine. Per la Corte, la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue vieta il respingimento di un cittadino di uno Stato extra-Ue o apolide verso un paese dove la sua vita o la sua libertà possano essere minacciate. La Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, inoltre, vieta in termini categorici la tortura nonché le pene e i trattamenti inumani o degradanti, a prescindere dal comportamento dell’interessato, e l’allontanamento verso uno Stato dove esista un rischio serio che una persona sia sottoposta a trattamenti di tal genere. La Corte Ue in sostanza ha stabilito che il diritto dell’Unione riconosce ai rifugiati interessati una protezione internazionale più ampia di quella assicurata dalla Convenzione di Ginevra. Di fatto, la revoca dello status di rifugiato, quando c’è un rischio per la persona in questione, fa perdere alcuni benefici previsti dalla direttiva, ma non permette il rimpatrio. Il caso era stato sollevato da un cittadino ivoriano, da un congolese e da una persona di origine cecena, che si erano visti revocare lo status di rifugiato o negare il riconoscimento in Belgio e Repubblica ceca, perché considerati una minaccia alla sicurezza o condannati per un reato particolarmente grave per la comunità dello Stato membro ospitante.
Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha subito commentato la sentenza: “Ecco perché è importante cambiare questa Europa, con il voto alla Lega del 26 maggio. Comunque io non cambio idea e non cambio la Legge: i ‘richiedenti asilo’ che violentano, rubano e spacciano, tornano tutti a casa loro. E nel Decreto Sicurezza Bis norme ancora più severe contro scafisti e trafficanti”.
La sentenza della Corte di giustizia Ue ha silurato le politiche del ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Ai tre cittadini stranieri era stato revocato o negato, rispettivamente, il riconoscimento dello status di rifugiato sulla base della direttiva europea 95 del 2011 che consente l’adozione di queste misure nei confronti delle persone che rappresentano una minaccia per la sicurezza o, essendo state condannate per un reato particolarmente grave, per la comunità dello Stato membro ospitante. I tre hanno impugnato la decisione ed il contenzioso è approdato in Lussemburgo.
Proprio la facoltà di rimpatriare i richiedenti asilo o i rifugiati che delinquono è stato invece uno dei capisaldi della linea di Salvini che, nel decreto sicurezza, ha rafforzato le misure per favorire le espulsioni di chi commette reati. Il ministro leghista ha ribadito: “In Italia la legge non cambia. E nel Decreto sicurezza bis norme ancora più severe contro scafisti e trafficanti”.
Di parere opposto, Riccardo Magi e Francesco Mingiardi, di+Europa che hanno detto: “Con la sentenza della Corte Ue cade un altro mattone della propaganda del governo e di Salvini, che vorrebbe governare l’immigrazione a suon di respingimenti e rimpatri e perfino multare chi salva vite. Una politica che viola le convenzioni internazionali oltre che miope e fallimentare, come dimostra il numero di rimpatri, e che deve fare i conti con un principio fondamentale ribadito oggi dalla Corte: in nessun caso si può rimpatriare o respingere una persona se da tali provvedimenti derivi un rischio per la sua vita, la sua libertà o dignità”.
Sulla stessa posizione si è espressa Mediterranea saving humans che ha affermato: “Salvare vite umane non è un crimine, rimpatriarle senza tutelare la loro dignità e la loro sicurezza, sì. La Corte ribadisce con forza un principio cardine del diritto internazionale: il ‘non refoulement’ che tutela la vita e la dignità delle persone e la cui violazione deve essere condannata anche quando avvenga in modo indiretto, con la consegna a Stati o enti terzi di persone che subiranno tortura o morte”.
Anche il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, ha commentato: “Le operazioni di compressione dei diritti costituzionali e umani non passeranno. Noi sindaci siamo stati chiamati ribelli ma invece siamo ubbidienti alla Costituzione e alle Convenzioni internazionali dei diritti umani”.
di Salvatore Rondello