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Hanoi. Trump e Kim Jong-Un si stringono la mano, ma l’intesa su nucleare e uscita dall’armistizio è ancora lontana

Hanoi. Trump e Kim Jong-Un si stringono la mano, ma l’intesa su nucleare e uscita dall’armistizio è ancora lontana

K metro 0 – Hanoi – Una vigorosa stretta di mano e ampi sorrisi a uso e consumo dei fotografi. Otto mesi dopo Singapore, Donald Trump e Kim Jong Un si ritrovano al Metropole Hotel di Hanoi, in Vietnam. Non è ancora un incontro tra due vecchi amici, ma il presidente Usa e il leader di Pyongyang

K metro 0 – Hanoi – Una vigorosa stretta di mano e ampi sorrisi a uso e consumo dei fotografi. Otto mesi dopo Singapore, Donald Trump e Kim Jong Un si ritrovano al Metropole Hotel di Hanoi, in Vietnam. Non è ancora un incontro tra due vecchi amici, ma il presidente Usa e il leader di Pyongyang si sforzano di non apparire troppo tesi. E’ Trump che, per alleggerire, fa la prima mossa: “Il più grande progresso che abbiamo fatto sta nella nostra relazione, che è davvero buona”, afferma. “La Corea del Nord ha un potenziale incredibile, illimitato. Noi siamo qui per fare in modo che si realizzi”. Kim Jong Un ascolta, annuisce, a tratti tradito dal linguaggio del suo corpo: tiene spesso lo sguardo basso, qualche volta rivolto al suo interlocutore. Trump fa professione di ottimismo, ha fiducia nel fatto che al termine di questa due-giorni di colloqui – domani ci sarà un lungo bilaterale tra i due leader -, i risultati saranno “uguali o migliori” di quelli raggiunti otto mesi fa. E il leader nordcoreano prova ad andargli dietro.

“Durante questi 261 giorni sono stati necessari sforzi scrupolosi, ma siamo qui e io spero che si possano ottenere risultati fruttuosi. Farò di tutto perché ciò accada”, gli fa eco Kim, che si scioglie con il passare dei minuti. Quali possano essere questi risultati è difficile dirlo. Secondo gli esperti, la Corea del Nord potrebbe accettare di smantellare la struttura nucleare di Yongbyon, cuore del programma atomico nordcoreano. Mentre Trump potrebbe accettare di firmare una dichiarazione congiunta che dia per finita la Guerra di Corea (1950-53), oggi regolata da un armistizio. Più improbabile invece che si arrivi a un vero trattato di pace. A questo proposito, prima del colloquio a porte chiuse, Trump ha risposto in maniera piuttosto secca ed evasiva a due domande – sintentiche, ma precise – dei giornalisti. Ha rinunciato a chiedere la denuclearizzazione del regime? “No”. Ci sarà una dichiarazione sulla fine della Guerra? “Vedremo”. Nessuna fuga in avanti, insomma. E non potrebbe essere altrimenti.

L’incontro è ancora all’inizio, bisogna andare a cena, e poi ritrovarsi ancora domani, mentre i rispettivi sherpa lavorano per preparare la firma di una “intesa congiunta” a cui accenna la Casa Bianca, senza fornire troppi dettagli. La cena, dunque. Dopo le prime frasi di circostanza davanti ai giornalisti, Trump e Kim si mettono a tavola. Con loro il segretario di Stato Mike Pompeo e il capo di gabinetto ad interim della Casa Bianca Mick Mulvaney, il vice presidente del Partito dei lavoratori di Corea Kim Yong Chol e il ministro degli Esteri Ri Yong Ho. Una fonte riferisce alla Cnn che ci sarebbero stati dei problemi sul menù. Non proprio il massimo per chi deve discutere di armi nucleari, sanzioni e dichiarazioni di pace. I commensali, in ogni caso, stanno a tavola un’ora e 42 minuti. Poi Trump esce, saluta e se ne va. Fa giusto in tempo ad informarsi dell’audizione esplosiva che il suo ex legale Michael Cohen sta tenendo al Congresso Usa. “Un truffatore”, “un razzista”, “un bugiardo”, lo definisce Cohen, che ammette: sulla collaborazione tra la campagna presidenziale del magnate repubblicano e la Russia nessuna prova, solo “sospetti”. Ad Hanoi è già notte e domani è una lunga giornata. Al termine dell’incontro con Kim è prevista una conferenza stampa. Trump troverà il modo di rispondere.

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