K metro 0 – Madrid – È durato 16 giorni lo sciopero dei tassisti che hanno invaso le strade di Madrid fino al 6 febbraio. Più di due settimane di attive mobilitazioni e dimostrazioni durante le quali i manifestanti hanno fatto pressione all’Esecutivo perché si prendessero misure rispetto alla regolazione delle licenze di compagnie come
K metro 0 – Madrid – È durato 16 giorni lo sciopero dei tassisti che hanno invaso le strade di Madrid fino al 6 febbraio. Più di due settimane di attive mobilitazioni e dimostrazioni durante le quali i manifestanti hanno fatto pressione all’Esecutivo perché si prendessero misure rispetto alla regolazione delle licenze di compagnie come Uber e Cabify. Con più o meno successo, siamo sicuri che queste manifestazioni non hanno destato indifferenza tra la popolazione spagnola.
Proprio come per Madrid, anche tassisti di altre città della Spagna hanno scioperato. Le accuse sono rivolte alla concorrenza sleale delle compagnie Uber e Cabify: è chiesto ai governi locali un controllo maggiore sul regolamento relativo al numero massimo di “VTC” (veicoli a noleggio) per taxi. Le migliaia di tassisti hanno anche richiesto una restrizione del tempo di noleggio per queste due, e altre simili, aziende.
Questa non è la prima volta in cui i tassisti mostrano la propria disapprovazione per il modo di fare business delle nuove multinazionali di veicoli a noleggio. Già l’anno scorso, infatti, sono state organizzate diverse manifestazioni a Madrid e Barcellona, ma non dello stesso calibro di quelle di quest’anno.
Dopo che il sistema amministrativo-istituzionale per il governo catalano, Generalitat de Catalunya, ha annunciato, tra le altre misure, un atto che obbliga a contattare il servizio 15 minuti prima di essere fornito, così com’è richiesto per il settore dei taxi, le due grandi compagnie di VTC, Uber e Cabify, operanti a Barcellona, hanno interrotto la propria attività. Entrambe le compagnie hanno richiesto, prima della loro decisione determinate di lasciare la Catalogna che mette a repentaglio più di 3000 posti di lavoro, un cambiamento della legislazione. L’Esecutivo, che l’anno scorso ha approvato la competenza normativa delle regioni, reclama di non aver abbandonato il problema e, anzi, ha richiesto con urgenza a tutte le regioni di trovare una soluzione il prima possibile.
Le compagnie VTC accusano la Generalitat di essersi arresa alle precedenti pressioni dei tassisti “ordinari”, danneggiando, così, gravemente l’interesse dei cittadini. Secondo Cabify, l’unico obiettivo di questo regolamento è di bandire questo genere di compagnia dalla Catalogna, in generale, e da Barcellona, in particolare. La società sostiene, inoltre, di avere un milione di utenti a Barcellona e critica il pregiudizio che questa misura crea sulla società in termini di competenza e qualità del servizio. La compagnia lamenta anche dei risvolti negativi sull’efficienza del servizio: il 98,5% di tutti i loro servizi ha un tempo di attesa inferiore a 15 minuti, quindi la misura del governo regionale impedisce loro di operare normalmente come fanno in altre città.
La risposta di Uber è simile: a causa della nuova norma approvata, il servizio UberX è stato sospeso a Barcellona. La compagnia sta cercando, tuttavia, di avviare delle trattative sia con il sindaco della città che con il governo della Catalogna per giungere ad un accordo e trovare una soluzione utile a tutti. Non è escluso il ritorno del servizio in città, in caso di negoziati.
L’azienda insiste sulle sue intenzioni di trovare una nuova legislazione in grado di soddisfare tutti i settori coinvolti. Uber dichiara: “Vogliamo che il settore venga regolamentato. Il nostro obiettivo è quello di diventare alleati a lungo termine con altre 600 città in cui attualmente operiamo. E Barcellona non è un’eccezione. Per contribuire all’ordinanza della città, c’è bisogno di norme adeguate”.
Entrambe le compagnie, lasciando la Catalogna, metterebbero a repentaglio molte persone coinvolte nella loro attività. Secondo Uber, sia gli utenti che i conducenti sono i testimoni di come la libertà del modo di vivere e del modo in cui spostarsi nella loro città sta scomparendo avanti ai loro occhi.
di Alfonso Aledo Díaz e Marcos Felipe Costa Delgada