K metro 0 – New York – Ad Haiti, la situazione umanitaria è sempre più critica. La popolazione ha bisogno urgentemente di maggiori risorse, e le ha bisogno adesso. Questo l’appello lanciato da Stephane Dujarric, portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, sulla base dei dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim). Dal
K metro 0 – New York – Ad Haiti, la situazione umanitaria è sempre più critica. La popolazione ha bisogno urgentemente di maggiori risorse, e le ha bisogno adesso. Questo l’appello lanciato da Stephane Dujarric, portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, sulla base dei dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim).
Dal 14 febbraio al 5 marzo, ben 40.000 persone hanno dovuto lasciare le proprie case nell’area metropolitana della capitale, Porto Principe. Si tratta del più alto numero di sfollati registrato in un periodo così breve dal 2021, anno in cui è iniziata la fuga dei residenti. Molti di loro sono costretti a vivere in condizioni disumane, senza accesso a servizi di base come acqua potabile, cure mediche e ripari adeguati.
Le operazioni umanitarie affrontano ostacoli enormi, tra rischi per la sicurezza e una drammatica mancanza di risorse. L’Ufficio Onu per gli Affari Umanitari (Ocha) ha lanciato un allarme: la carenza di fondi sta aggravando le condizioni degli sfollati, molti dei quali sono stati costretti a spostarsi tre o quattro volte, diventando ogni volta più vulnerabili. La violenza delle bande armate impedisce il trasporto di aiuti umanitari, ostacolando le missioni di soccorso e mettendo in pericolo i volontari.
Nei campi di accoglienza, la situazione è disperata. In uno dei principali, che ospita 6.000 persone, l’Ocha ha rilevato che ci sono solo quattro bagni funzionanti e che molti bambini non hanno nemmeno indumenti. Le madri lottano per nutrire i propri figli, spesso con pasti insufficienti e privi dei nutrienti essenziali. La violenza delle bande criminali, che controllano oltre l’80% della capitale, rende tutto ancora più pericoloso: i rifugiati si trovano spesso vicino a zone di scontri armati, e la scorsa settimana un proiettile ha colpito un rifugiato, ferendone altri.
L’emergenza umanitaria si intreccia con una profonda crisi politica. Dalla morte del presidente Jovenel Moïse nel 2021, Haiti è senza una costituzione, senza presidente e senza governo, gestito da organismi di transizione come il Consiglio presidenziale di transizione (Cpt) e un Consiglio dei ministri guidato da un premier ad interim.
La mancanza di stabilità politica alimenta ulteriormente l’insicurezza e rende impossibile una risposta coordinata ed efficace alla crisi umanitaria. Nel tentativo di stabilizzare il Paese, è stata schierata una missione multinazionale di sicurezza guidata dal Kenya, mentre le elezioni sono previste entro la fine del 2025.
Nonostante l’urgenza, il piano di risposta umanitaria delle Nazioni Unite da 908 milioni di dollari è stato finanziato solo al 5%. Questo significa che la popolazione di Haiti continua a soffrire, abbandonata a una crisi che non accenna a fermarsi.
Di fronte a questa emergenza, è fondamentale che la comunità internazionale agisca subito. Servono fondi, risorse e un impegno concreto per garantire aiuti immediati e sostenere iniziative a lungo termine per la ricostruzione del Paese. Ogni giorno di ritardo costa vite umane.