K metro 0 – Roma – Dopo l’Oscar al miglior documentario, assegnato nella notte fra il 2 e il 3 marzo 2025, torna nelle sale cinematografiche “No Other Land”. Il film, realizzato da due registi palestinesi e due israeliani (Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor e Hamdan Ballal) non ha ancora una distribuzione nazionale negli Stati Uniti,
K metro 0 – Roma – Dopo l’Oscar al miglior documentario, assegnato nella notte fra il 2 e il 3 marzo 2025, torna nelle sale cinematografiche “No Other Land”. Il film, realizzato da due registi palestinesi e due israeliani (Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor e Hamdan Ballal) non ha ancora una distribuzione nazionale negli Stati Uniti, dove è stato proiettato solo nelle aree necessarie alla candidatura all’Academy Award.
Per superare il gran rifiuto dei distributori, i quattro registi hanno poi scelto di distribuirlo autonomamente in alcune sale statunitensi. “Credo sia chiaro che è per ragioni politiche”, ha detto il co-regista Yuval Abraham al famoso sito “Deadline” in merito alla mancanza di distribuzione formale. “Spero che cambierà”.
Intanto “abbiamo deciso di non aspettare l’uscita nelle sale perché la domanda negli Stati Uniti è ora così alta per il film. Lo stiamo distribuendo in quasi 100 sale in modo indipendente. E stiamo vedendo che tutto è esaurito“.
In Italia, per fortuna, questo ostacolo non c’è stato. “Wanted Cinema” (casa di distribuzione milanese dedicata a un cinema di ricerca) che aveva già distribuito il film a gennaio, lo riporta in sala dopo l’Oscar, da giovedì 6 marzo 2025.
“No other land”: “Non abbiamo un altro posto dove andare” dice una vicina di Basel, uno dei due registi palestinesi, che, come lei, è nato a Masafer Yatta. Un agglomerato di una ventina di villaggi al confine sud della Cisgiordania, che vivono di agricoltura. Alcuni così antichi cha conservano ancora grotte, tuttora abitate.
Le nuove case edificate vengono sistematicamente distrutte dalle ruspe in seguito a espropri decisi dallo Stato di Israele che vanta un diritto su quest’area come zona di addestramento militare.
Case fragili, caduche travolte dalla violenza dei soldati spalleggiati dai coloni, mal camuffati, che irrompono a volto coperto, perfino da kefiah, e con la fionda in mano.
Una violenza che va avanti da anni. E che Basel e altri hanno iniziato a filmare autonomamente a rischio di lasciarci la pelle. Anche Yuval Abraham, giornalista israeliano e amico di Basel, scrive delle demolizioni per richiamare l’attenzione dentro e fuori il suo paese.
I quattro registi (oltre a Basel Adra e Yuaval, il palestinese Hamdam Ballal e Rachel Szor, regista israeliana con base a Gerusalemme) hanno effettuato le loro riprese tra l’estate del 2019 e ottobre 2023. Concluse a ridosso dell’attacco terroristico di Hamas e della conseguente reazione israeliana.
Ma il loro documentario incorpora molti video registrati in precedenza da Basel o altri a lui vicini, con telefoni cellulari e piccole videocamere.
Ne emerge un repertorio crudo, impressionante, senza precedenti, di azioni repressive contro una comunità inerme, che trova i modi per resistere, ricostruire, non reagire con la violenza. Un’importante testimonianza, anche retrospettiva.
“Come ti sentiresti se distruggessero casa tua?” chiede Yuval in ebraico ai connazionali incursori. Stimola l’immedesimazione perché lo spettatore del film possa sentirsi chiamato in causa. Per cambiare le cose. A partire dalla disparità di condizione tra il giornalista israeliano Yuval, e il suo amico palestinese Basel.
“Quando guardo Basel vedo mio fratello, ma non siamo uguali: viviamo sotto un regime in cui io sono libero, secondo le leggi civili, mentre Basel vive assoggettato a leggi militari che distruggono la sua vita senza che lui abbia alcun controllo. Esiste però un percorso diverso, una soluzione politica, senza supremazia etnica, secondo diritti nazionali per entrambi i nostri popoli.
“Abbiamo fatto questo film, registi palestinesi e israeliani, perché insieme le nostre voci sono più forti” dice Yuval. Ci osserviamo a vicenda. Vediamo l’atroce distruzione di Gaza e del suo popolo, che deve finire; vediamo gli ostaggi israeliani, brutalmente rapiti nelle azioni criminali del 7 ottobre 2023, e che devono essere liberati”.
“No other land”: un film “come gesto di resistenza. Disperato, necessario, profondamente politico” ha scritto Anna Maria Pasetti (“Il Fatto Quotidiano”, 18 gennaio 2025). Prima che ricevesse l’Oscar come miglior documentario (il 3 marzo scorso) aveva già raccolto molti premi lungo il 2024: l’Adience Award e il Panorama Documentary Award al Festival di Berlino. E’ stato votato miglior documentario europeo all’Efa (European Film Award). Ha ottenuto 2 candidature e vinto un premio NSFC Awards (National Society of Film Critics, uno dei principali premi cinematografici assegnati dalla critica negli Stati Uniti, da un’associazione nota per premiare film stranieri o comunque distanti dalle scelte dell’Academy). 20° in classifica al Box Office, ha incassato 9.271,00 euro e registrato 50.479 presenze solo il 6 marzo scorso.