K metro 0 – Ankara – Il governo turco ha convocato l’incaricato d’affari iraniano ad Ankara in risposta a un’azione analoga di Teheran nei confronti dell’ambasciatore turco nella Repubblica Islamica. Il motivo di questa tensione diplomatica? Le dichiarazioni del ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, che in una recente intervista ad “Al Jazeera” ha criticato
K metro 0 – Ankara – Il governo turco ha convocato l’incaricato d’affari iraniano ad Ankara in risposta a un’azione analoga di Teheran nei confronti dell’ambasciatore turco nella Repubblica Islamica. Il motivo di questa tensione diplomatica? Le dichiarazioni del ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, che in una recente intervista ad “Al Jazeera” ha criticato l’Iran per la sua politica estera basata sull’uso di “proxy”, sottolineando che Teheran non dovrebbe sorprendersi se altri Paesi rispondono sostenendo gruppi all’interno dei suoi confini. Secondo Fidan l’Iran ha già pagato un “prezzo molto alto” per tentare di mantenere la propria influenza in Siria e Iraq.
La reazione iraniana non si è fatta attendere. Teheran ha convocato l’ambasciatore turco per comunicare la necessità di “evitare dichiarazioni che potrebbero provocare tensioni” tra i due Paesi. Il vice ministro degli Esteri iraniano, Mahmoud Heydari, ha evidenziato come “gli interessi comuni e la delicata situazione regionale richiedano cautela nelle dichiarazioni pubbliche”. Una risposta che non ha fermato Ankara dal ribadire le proprie posizioni.
Il portavoce del ministero degli Esteri turco, Oncu Keceli, ha dichiarato che l’incaricato d’affari iraniano è stato convocato per affrontare le accuse di Teheran e discutere delle relazioni bilaterali. Keceli ha sottolineato che “le questioni di politica estera non dovrebbero essere utilizzate come strumento per la politica interna” e ha ribadito l’importanza per Ankara di rafforzare le relazioni con l’Iran. Ha inoltre aggiunto che la Turchia è aperta al dialogo, ma non intende arretrare su questioni che riguardano la propria sicurezza e la stabilità della regione.
Le tensioni tra Turchia e Iran riflettono una rivalità crescente, con Ankara che mira a consolidare la propria influenza in Medio Oriente, specialmente dopo la caduta del regime di Bashar al Assad in Siria, un colpo duro per Teheran. La Siria ha rappresentato per anni un corridoio strategico per l’Iran, garantendo un collegamento diretto con gli Hezbollah libanesi e permettendo a Teheran di esercitare la propria influenza nella regione. La perdita di Assad ha cambiato gli equilibri, consentendo alla Turchia di rafforzare il proprio ruolo e di supportare gruppi di opposizione.
Parallelamente, Ankara ha anche rafforzato i legami con i gruppi curdi e il governo iracheno. L’accordo con il Pkk e con il leader curdo del nord Iraq, Barzani, ha permesso alla Turchia di acquisire maggiore influenza in Iraq, mentre l’Iran vede ridursi la propria presenza nella regione. Un altro punto di attrito è rappresentato dal ruolo delle Unità di mobilitazione popolare (PMU), un’alleanza di gruppi sciiti sostenuti storicamente da Teheran.
Nonostante queste divergenze, una rottura totale tra i due Paesi sembra improbabile. I rapporti commerciali restano solidi, con scambi economici e accordi che aiutano Teheran a mitigare gli effetti delle sanzioni internazionali. Inoltre, su temi come la guerra a Gaza e l’opposizione alla presenza israeliana in Siria, le due diplomazie mostrano una certa convergenza.
Al momento, Iran e Turchia restano rivali in una competizione costante per l’influenza regionale. Tuttavia, il dialogo diplomatico rimane aperto, con entrambe le nazioni consapevoli che, al di là delle tensioni, la cooperazione su alcune questioni strategiche è essenziale per garantire un fragile equilibrio in Medio Oriente.