K metro 0 – Gerusalemme – Il piano più audace e controverso di Trump in Medio Oriente, dal giorno del suo insediamento, è stato finora l’invito a rimuovere tutti i due milioni di abitanti di Gaza dal territorio, a far sì che gli Stati Uniti ne assumano la “proprietà” e a supervisionare un processo di
K metro 0 – Gerusalemme – Il piano più audace e controverso di Trump in Medio Oriente, dal giorno del suo insediamento, è stato finora l’invito a rimuovere tutti i due milioni di abitanti di Gaza dal territorio, a far sì che gli Stati Uniti ne assumano la “proprietà” e a supervisionare un processo di ricostruzione della durata di anni. Non è ancora chiaro, tuttavia, se sia una proposta seria o un tentativo di scioccare gli attori della regione per farli tornare al tavolo dei negoziati. Ma il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato domenica 16 febbraio che il piano “è proprio in linea con il punto. È il piano giusto”.
Quando la settimana scorsa Hamas ha minacciato di annullare il previsto rilascio di tre ostaggi israeliani, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump è intervenuto con un ultimatum inaspettato. Parlando infatti nello Studio Ovale, egli ha chiesto ad Hamas di rilasciare tutti gli oltre 70 ostaggi che detiene entro sabato a mezzogiorno. Altrimenti, ha avvertito, “si scatenerà l’inferno. Scopriranno cosa intendo. Sabato alle 12”. Hamas ha però finito per rilasciare i tre ostaggi come inizialmente previsto. Netanyahu ha liberato in cambio decine di prigionieri palestinesi e la scadenza di mezzogiorno fissata da Trump è passata senza ulteriori rilasci di ostaggi.
Il dramma è stato l’ultimo scorcio della diplomazia mediorientale di Trump: un mondo di grandi dichiarazioni, imprevedibilità caotica e risultati contrastanti, ha commentato AP.
In alcuni casi, tale approccio ha dato grandi frutti, in particolare gli Accordi di Abramo del 2020 tra Israele e quattro Paesi arabi. Ma ha anche minacciato di destabilizzare una regione già instabile e mostrato scarsi risultati nel risolvere il decennale conflitto tra Israele e i palestinesi.
Ai palestinesi, dice Trump, con la sua proposta controversa, non sarebbe permesso di tornare – un incubo per un popolo la cui principale lamentela è lo sfollamento di massa subito durante la creazione di Israele 76 anni fa. I palestinesi lo hanno respinto a priori. The Donald non ha nemmeno precisato come funzionerebbe, dove andrebbero i palestinesi, chi li accoglierebbe o chi pagherebbe. I gruppi per i diritti umani e gli esperti di diritto internazionale ritengono inoltre che l’iniziativa costituirebbe un crimine di guerra.
Gli stretti alleati arabi dell’America hanno respinto i piani del Presidente degli Stati Uniti, che rappresentano una minaccia esistenziale alla causa palestinese e alla loro stessa stabilità. Alcuni alleati si trovano anche di fronte alla minaccia che Trump tagli gli aiuti necessari. Re Abdullah II di Giordania, una delle destinazioni sperate da Trump per i palestinesi sradicati, ha, ad esempio, rifiutato gentilmente il piano durante la sua visita alla Casa Bianca la scorsa settimana. Anche l’Egitto, che confina con Gaza e che è stato indicato come un altro potenziale punto di approdo per i palestinesi sfollati, lo ha escluso. Un test fondamentale per Trump è la visita di Marco Rubio, Segretario di Stato, in Arabia Saudita lunedì.
Anche i sauditi si oppongono al trasferimento di massa dei palestinesi da Gaza e vogliono un percorso chiaro per l’indipendenza palestinese come parte di qualsiasi accordo di normalizzazione con Israele. Le stess accuse del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, secondo cui Israele avrebbe commesso un “genocidio” a Gaza, potrebbero complicare i colloqui.
Le popolazioni di Paesi come gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita, la Giordania e l’Egitto sono pertanto molto solidali con il popolo palestinese e l’approvazione di un simile piano potrebbe scatenare disordini interni. L’Egitto ha avvertito che potrebbe mettere in pericolo l’accordo di pace con Israele, pietra miliare della stabilità regionale da quasi mezzo secolo.
Al contempo, il piano di Trump sembra aver generato un senso di urgenza. L’Egitto sta lavorando al proprio piano postbellico per Gaza e ospiterà un vertice arabo alla fine del mese. Rubio ha detto che se agli altri non piacciono le idee americane, dovrebbero offrire un’alternativa. “Può aver scioccato e sorpreso molti, ma ciò che non può continuare è lo stesso ciclo in cui ci ripetiamo più volte e finiamo nello stesso identico posto”, ha affermato con decisione.
Dal punto di vista degli arabi, ciò che è stato provato e fallito per decenni è il sostegno incondizionato dell’America a Israele, che occupa le terre che i palestinesi vorrebbero per un futuro Stato, espande gli insediamenti e cerca di imporre una soluzione militare al conflitto – tutto ciò è destinato ad accelerare sotto Trump. Il quale, d’accordo con Netanyahu, ha chiarito che vorrebbero però vedere l’instaurazione di relazioni diplomatiche complete tra Israele e Arabia Saudita.
Per quanto riguarda la diplomazia di Trump in Europa, invece, gli shock sono arrivati in rapida successione. Prima Pete Hegseth, segretario alla Difesa americano, ha detto agli alleati dell’America che il suo Paese non è più il “principale garante” della sicurezza europea. Qualche ora dopo, Donald Trump ha dichiarato che avrebbe aperto dei colloqui con la Russia sulla questione dell’Ucraina e dell’Europa. Poi, il 14 febbraio, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, un incontro annuale, J.D. Vance, il vicepresidente, ha sferrato un duro attacco al blocco, appoggiando di fatto il partito di destra Alternativa per la Germania (AfD), nove giorni prima delle elezioni del paese. Dopo aver guardato all’America come alleato per decenni, molti leader e funzionari si sono chiesti, infine, se la sicurezza del Vecchio continente si stesse sgretolando davanti ai loro occhi.