Myanmar, La giunta militare rilascia quasi mille prigionieri Rohingya

Myanmar, La giunta militare rilascia quasi mille prigionieri Rohingya

K metro 0 – Naypyidaw – La giunta militare del Myanmar ha recentemente preso una decisione significativa, liberando quasi mille prigionieri appartenenti alla minoranza musulmana Rohingya, una mossa che ha suscitato molteplici interrogativi. L’annuncio è stato dato da Thike Htun Oo, uno dei dirigenti della Rete Birmana dei Prigionieri Politici, durante un’intervista con “Radio Free

K metro 0 – Naypyidaw – La giunta militare del Myanmar ha recentemente preso una decisione significativa, liberando quasi mille prigionieri appartenenti alla minoranza musulmana Rohingya, una mossa che ha suscitato molteplici interrogativi. L’annuncio è stato dato da Thike Htun Oo, uno dei dirigenti della Rete Birmana dei Prigionieri Politici, durante un’intervista con “Radio Free Asia”.

Il rilascio dei prigionieri arriva in un contesto molto delicato, a pochi giorni dalla notizia che un tribunale argentino ha emesso mandati di arresto nei confronti del generale Min Aung Hlaing, capo della giunta militare, e di altri 22 ufficiali birmani. I mandati d’arresto sono stati emessi per crimini contro l’umanità, commessi durante la brutale repressione contro la comunità Rohingya nel 2017. Secondo Thike Htun Oo, questa mossa della giunta potrebbe essere interpretata come un tentativo di coprire le atrocità perpetrate contro il popolo Rohingya.

Il rilascio è avvenuto domenica 16 febbraio dalla prigione principale di Yangon, la più grande del Paese. Tra i 936 prigionieri liberati, figurano 267 donne e 67 bambini. La maggior parte di loro era stata incarcerata a seguito del colpo di stato militare del 2021 che ha rovesciato il governo civile democraticamente eletto. Si presume che i prigionieri siano stati imbarcati su navi dirette verso Sittwe, la capitale dello Stato di Rakhine, situata nell’area occidentale del Myanmar, una delle zone più colpite dalla crisi.

Sempre secondo la stessa fonte, sabato 15 febbraio, funzionari dell’ufficio immigrazione dell’esercito hanno fatto irruzione nella prigione di Insein, a Yangon, per rilasciare documenti d’identità ai Rohingya detenuti. Sebbene non siano disponibili dettagli precisi riguardo i motivi per cui queste persone erano state arrestate, si ritiene che la maggior parte sia stata incarcerata per aver violato le severe restrizioni sui movimenti imposti alla comunità Rohingya. Questi individui, originari principalmente dello Stato di Rakhine, sono considerati apolidi dal governo birmano, che li classifica come migranti provenienti dall’Asia meridionale, non riconoscendoli come uno dei gruppi etnici indigeni ufficiali riconosciuti dalla Costituzione del Myanmar.

E mentre la giunta militare è al centro di controversie internazionali, un altro tragico episodio ha scosso la nazione: l’assassinio di padre Donald Martin Ye Naing Win, un sacerdote di 44 anni, avvenuto il 14 febbraio. Il religioso è stato brutalmente ucciso a colpi d’arma da fuoco mentre stava svolgendo il suo lavoro pastorale nella parrocchia di Nostra Signora di Lourdes nel villaggio di Kan-Gyi-Daw, situato nella regione di Sagaing, una delle aree più coinvolte dalla guerra civile.

Il cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon e presidente della Conferenza Episcopale del Myanmar, ha espresso il suo dolore profondo e quello della comunità cristiana locale per l’omicidio del sacerdote. In un comunicato, il cardinale ha dichiarato: “Che il sangue ei sacrifici di innumerevoli persone innocenti, compresi quelli di padre Donald Martin Ye Naing Win, possono servire come offerta per porre fine alla violenza che attanaglia il nostro Paese.” L’arcivescovo ha inoltre sottolineato come questo crimine non possa essere facilmente dimenticato, esortando le autorità e le forze coinvolte nel conflitto a fare giustizia affinché simili tragedie non si ripetano.

Durante i funerali, che hanno visto una massiccia partecipazione della comunità locale, monsignor Mark Tin Win, arcivescovo di Mandalay e responsabile della diocesi di padre Donald, ha lanciato un accorato appello a tutti i gruppi armati affinché depongano le armi e intraprendano un cammino di riconciliazione. Questo appello alla pace è stato accompagnato dalla notizia che dieci uomini sospettati di aver compiuto l’omicidio sono stati arrestati dai miliziani delle Forze di Difesa Popolari, che si oppongono al regime della giunta militare e che controllano la regione.

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