K metro 0 – Roma – Si è tenuta lunedì 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, la presentazione in prima assoluta – presso la Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati – del film di Vittorio Pavoncello ‘Velia Titta vedova Matteotti’. La pellicola, realizzata – nel quadro delle celebrazioni del centenario del martirio di
K metro 0 – Roma – Si è tenuta lunedì 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, la presentazione in prima assoluta – presso la Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati – del film di Vittorio Pavoncello ‘Velia Titta vedova Matteotti’. La pellicola, realizzata – nel quadro delle celebrazioni del centenario del martirio di Giacomo Matteotti – da Ecad e Zivago film, col contributo del ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, rappresenta un originale esempio di “docu-drama”.
Pavoncello, infatti, pur centrando il film sulla storia d’amore di Giacomo Matteotti, dirigente socialista, e deputato, e Velia Titta, poetessa e scrittrice, e sulla sua difficile vita dopo l’uccisione del marito e con 3 figli piccoli da crescere, non ha realizzato il classico film biografico, ma ha preferito un “espediente” che mescola passato e presente. Il film, cioè, vede la partecipazione di un gruppo di donne ucraine, facenti parte del gruppo teatrale “Theater for inclusion”, rifugiatesi in Italia dal 2022, dopo lo scoppio del conflitto: fermatesi temporaneamente in un teatro, le donne entrano in una sorta di “buco nero” spaziotemporale che le riporta ai primi anni ’20, poco dopo l’eliminazione di Matteotti da parte del fascismo proteso al potere assoluto. Rivivono, così, il dramma della famiglia Matteotti, tra assassinio di Giacomo, indagini-farsa del regime e amara, successiva continuazione della vita a Roma (il governo, infatti, negherà costantemente a Velia – che morirà poi nel 1938 – il rilascio del passaporto, per impedirle di lasciare l’Italia con i figli).
Nel film, è Giorgio Tirabassi a dare la voce a Giacomo Matteotti; mentre Titta Ruffo, il baritono di fama mondiale fratello di Velia, è interpretato da Andrea Ruggeri,: che veste anche i panni di Domenico De Ritis, una spia fascista infiltrata in casa Matteotti, in seguito membro dell’OVRA, e fattosi passare per molto tempo da antifascista e benefattore della famiglia Matteotti dopo l’uccisione di Giacomo (era stato lui a mediare col Governo per far avere a Velia un importante prestito bancario, indispensabile per portare avanti la famiglia).
Alla prima del film, sono intervenuti, tra gli altri, Alberto Aghemo, Presidente della Fondazione Matteotti, Federico Mollicone, Presidente della VII Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione) della Camera, che ha portato il saluto del Parlamento e citato la figura di Velia vedova Matteotti come simbolo di resilienza e determinazione nella lotta per la libertà; gli on. Roberto Morassut, consigliere della Fondazione, e Federico Fornaro, storico, autore d’una documentatissima biografia del deputato socialista: del quale erano presenti le nipoti, Elena e Laura (“nostro padre, uno dei figli di Giacomo Matteotti, bambino all’epoca dell’uccisione del padre, non parlava mai di nostro nonno, ma ricordava spesso la grande lezione di coraggio data da nonna Velia, a lungo minacciata dagli squadristi e sempre alle prese con difficoltà d’ogni tipo”). Ivelise Perniola, docente di Storia del Cinema all’Università Roma 3, ha sottolineato l’originalità della soluzione scelta dal regista Pavoncello per questa sua opera: una sorta, diciamo, di “teatro nel teatro”, o, meglio, “cinema nel cinema”).
In conclusione Andrea Abodi, ministro per lo Sport e i Giovani, ricordando le iniziali difficoltà burocratiche incontrate nella realizzazione della pellicola, ha evidenziato il senso del film come tentativo di contribuire finalmente, in Italia, alla definizione di un patrimonio della memoria del Novecento comune, o almeno in buona parte condivisibile, nel rispetto delle posizioni di tutte le parti in causa: e pensando soprattutto alle nuove generazioni. Vittorio Pavoncello ha evidenziato l’importanza che ogni progetto comune a più’ parti si ponga sempre gli obbiettivi essenziali del rispetto per l’umanità e della lotta alla sofferenza; mentre il Novecento, per diventare finalmente Storia, senza più essere “passato che non passa”, deve “lasciarsi definitivamente alle spalle la nefasta eredità del totalitarismo, di qualsiasi colore”,…