K metro 0 – Paris – Passed away. Se ne è andato, all’età di 85 anni, un testimone del secolo: “il secolo breve”, il XX. Si è spento nella casa di riposo delle Missions Étrangères de Paris a Lauris in Francia, padre François Ponchaud, un missionario che ha trascorso ben 56 anni in Cambogia. Testimone
K metro 0 – Paris – Passed away. Se ne è andato, all’età di 85 anni, un testimone del secolo: “il secolo breve”, il XX. Si è spento nella casa di riposo delle Missions Étrangères de Paris a Lauris in Francia, padre François Ponchaud, un missionario che ha trascorso ben 56 anni in Cambogia.
Testimone diretto della presa del potere dei Khmer rossi, che lo costrinsero all’esilio quando conquistarono Phnom Penh il 17 aprile 1975 divenne famoso in tutto il mondo con il suo libro “Cambogia anno zero” (pubblicato in Italia dalla casa editrice Sonzogno, Milano 1977, traduzione di Mario Baccianini). Un dossier fondamentale sugli anni drammatici della rivoluzione cambogiana che ha documentato la deportazione forzata nelle campagne di tutta la popolazione urbana e lo sterminio di 2,3 milioni di persone da parte del regime di Pol Pot, attraverso la sua testimonianza e quella di numerosi profughi cambogiani, fuoriusciti, come lui, in Tailandia, dove rimase fino al 1977. Tornato in Francia, pubblicò il libro che lo ha reso famoso nel mondo: il primo resoconto dettagliato delle atrocità compiute da Pol Pot e dal regime dei Khmer rossi (1975-1979) ai danni di un paese tradizionalmente pacifico con una popolazione, all’epoca, di 7 milioni di abitanti.
Dopo la caduta del principe Norodom Sihanouk, nel 1970, mentre il conflitto del Vietnam infuriava ai confini del paese, al suo interno scoppiava una guerra civile. Ma a Phnom Penh, circondata dai khmer rossi, padre Poncahud continuava a insegnare e a tradurre la Bibbia nella lingua locale.
Dopo la caduta di Phnom Penh e l’espulsione dalla città di oltre 2 milioni dei suoi abitanti, divenne sempre più consapevole della brutalità del nuovo regime, che denunciò nel suo libro. A dispetto delle élites politico intellettuali occidentali che vedevano l’ascesa al potere dei Khmer rossi come uno sviluppo positivo per la Cambogia. E il quotidiano gauchiste “Liberation” insinuò il sospetto che padre Ponchaud fosse un agente della CIA…
Ma in realtà, dietro le motivazioni ideologiche della guerra civile, si celavano ben altri conflitti di potere. Il principe Shianuk, estromesso, nel 1970, dal colpo di Stato del generale Lon Nol – lui sì, appoggiato dagli Stati Uniti – si rifugiò a Pechino. E i cinesi si servirono di lui per sobillare i khmer (l’etnia predominante in Cambogia, tradizionalmente fedele a Shianouk, come ai principi regnanti prima di lui) contro il regime militare di destra di Lon Nol.
Una manovra orchestrata da Shianouk, con l’appoggio di Pechino, per riprendersi il potere. Ma in questo modo il principe, che nel 1967 ordinò a Lon Nol di condurre la repressione contro i marxisti, organizzati nel Partito Comunista di Kampuchea in occasione della sollevazione nelle provincia di Battambang, lasciò campo libero a Pol Pot e alla sua cerchia di fanatici per i loro esperimenti ideologici in corpore vili: il corpo martoriato della mite popolazione cambogiana, in maggior parte buddista. Il merito, duraturo, di padre Ponchaud sta proprio nella denuncia, obiettiva e non ideologica, di questa barbarie.
Padre Ponchuad ritornò in Cambogia nel 1993, dove continuò a svolgere il suo ministero, contribuendo alla ricostruzione di un paese disastrato.