Recensione “War” di Bob Woodward Solferino editore

Recensione “War” di Bob Woodward Solferino editore

K metro 0 – Roma – Fa  una certa impressione venire a scoprire che alla  fine dell’estate/ inizio autunno  del 2022 siamo stati vicinissimi alla guerra nucleare. Lo rivela Bob Woodward nella sua 21esima fatica letteraria, “War”- in Italia edito da Solferino- dedicato all’amico e collega di una vita Carl Bernestin. Documentatissima e puntuale ricostruzione,

K metro 0 – Roma – Fa  una certa impressione venire a scoprire che alla  fine dell’estate/ inizio autunno  del 2022 siamo stati vicinissimi alla guerra nucleare. Lo rivela Bob Woodward nella sua 21esima fatica letteraria, “War”- in Italia edito da Solferino- dedicato all’amico e collega di una vita Carl Bernestin. Documentatissima e puntuale ricostruzione, “dietro le quinte” dei quattro anni più tormentati e pericolosi della storia recente. Quelli compresi tra la sconfitta e la vittoria di Donald Trump. Il tycoon fa da contraltare alla presidenza Biden, alla sua squadra, alla politica di buone relazioni interne ed esterne impostate dalla Casa Bianca. È la terza guerra descritta da Woodward nel libro, quella sotterranea, continua, senza tregua che Trump ha dichiarato all’ “usurpatore”. 

Un presidente-ombra che cerca contatti con i “nemici” della Washington democratica, ansioso di riprendersi la scena e per questo disposto anche ad intessere strette relazioni personali con l’uomo di Mosca. Oltre a rievocare i noti rapporti tra Trump e Putin fondati su scambio di reciproci favori, Woodward svela anche le sette telefonate partite dal telefono dell’immobiliarista newyorchese e dirette al Cremlino, oltre la fine del mandato.

Ma torniamo alla guerra nucleare sfiorata. Di fronte al successo della  controffensiva ucraina in quello scorcio del 2022, Putin fu sul punto di premere il bottone della risposta atomica.  Si era aspettato di ottenere una rapida e travolgente vittoria, si era aspettato di essere accolto a braccia aperte dagli ucraini, “che non esistevano”. Aveva miseramente fallito.

Le colonne di carri russi erano inseguiti e cacciati dalle pattuglie dell’esercito ucraino che combattevano una guerra moderna e soprattutto nazionale, patriottica. L’intelligence americana che aveva correttamente visto e messo in allerta sull’ invasione russa del 24 febbraio- ignorata e misconosciuta dagli alleati- ebbe cura di consigliare a Kiev di rallentare la cavalcata della riconquista, perchè  Putin non avrebbe subito, senza reagire, l’umiliazione della evidente sconfitta. Sui canali Telegram controllati dai russi era cominciata a circolare la falsa notizia che gli ucraini volessero sganciare una bomba ” sporca”: Secondo i servizi  Usa era il segnale perché’ lo zar ricorresse alla bomba. Agli ucraini venne dato l’ordine di rallentare, per consentire un ritiro ordinato delle truppe russe al di là del Dnepr. Il tabù nucleare aveva salvato Putin e per la guerra europea del 21esimo secolo si aprivano le porte di uno scontro lungo, sanguinoso, un macello sul modello del primo conflitto mondiale.

Sulla guerra russo-ucraina pesa la debolezza dell’occidente durante la prima fase di questo scontro di riconquista imperiale da parte del Cremlino. Woodward  ci svela le pesanti critiche di Biden alla mollezza di Obama di cui pure era vice, allorché nel 2014 aveva attaccato la Crimea e gli oblast di Donetsk e Lungansk. “Hanno combinato un casino nel 2014-dice Biden ad un amico- ” ecco perchè siamo qui, Barack non ha mai preso Putin sul serio e gli abbiamo dato il permesso di continuare. Adesso io gli sto revocando quel permesso!”. 

Bob Woodward ci racconta  un Joe Biden impegnato a ricostruire relazioni e rapporti, a restituire agli americani serenità e certezze, a tirar fuori gli Usa dalle secche delle vecchie guerre-Afghanistan- e dagli equivoci delle nuove sfide. E dopo un anno e mezzo arriva il 7 ottobre del 2023 a spingere il mondo di nuovo sull’orlo della catastrofe. Biden ingaggia con Netanyahu un braccio di ferro permanente, durato 15 mesi nel tentativo di trattenere Israele, sempre sul punto di scatenare l’armageddon in Medio Oriente. Bibi, un uomo capace di far perdere ripetutamente la pazienza a Joe Biden: liti ed insulti all’ordine del giorno e il malcelato sospetto della Casa Bianca che Netanyahu operasse per favorire Trump nella corsa alle presidenziali. Bibi, un bugiardo levantino, indifferente alle sofferenze dei palestinesi, autore di una vendetta insensata, un pericoloso piromane che stava boicottando la politica Usa indirizzata a far prevalere una pace stabile e duratura con il consenso di tutti gli attori presenti sulla scena mediorentale. L’intelligence americana sapeva che Tel Aviv aveva supportato Hamas contro l’autorità palestinese: un errore volutamente ricercato dalla destra al potere in Israele che non intendeva condividere la terra con i palestinesi. Un errore fatale per gli Usa che avevano registrato la volontà dei paesi arabi di arrivare a una normalizzazione con Israele sulla base del riconoscimento del diritto ad uno stato palestinese. Paesi arabi che non erano contrari all’opera di bonifica messa in atto da Tel Aviv, purché l’obiettivo finale fosse chiaro e condiviso. Proprio quello che gli americani non riuscivano a far ammettere a Netanyahu. 

Un reportage quello del due volte premio Pulitzer capace di illuminare i retroscena della diplomazia del Grandi, la fatica di sedersi ad un tavolo per rammendare le cose, il lavoro di ricucitura  di una politica mondiale che ha smarrito le sue stelle polari. E sempre con Trump che soffiava  sul collo e  che quotidianamente disfaceva quel che si cercava di costruire. Dalla Nato, alle relazioni con gli Europei, dall’Ucraina alle relazioni opache e mai chiarite con la Russia di Putin, fino al ritardo con il quale il Congresso votò gli ultimi aiuti a Kiev da oltre 60 miliardi di dollari. Si era perso del tempo prezioso e il fronte della resistenza ucraina si era fortemente indebolito.

Più di 400 pagine di rivelazioni- Thomas Mark Esper, segretario alla Difesa dal 2019 al 2020 ci conferma che “Trump aveva portato gli Usa sull’orlo della guerra diverse volte”; secondo Dan Coats, uno dei direttori dell’intelligence nel biennio 2017/2019, “Putin ha un piano per gestire Trump”; John Kelly, capo dello staff della Casa Bianca lo giudicava “un idiota”- insufficienti tuttavia a sbarrare la strada al tycoon. Biden e il suo staff saranno ricordati per aver cercato di mettere l’occidente in sicurezza, e tentato di arginare gli effetti della guerra a Gaza. Non basta un libro per restituire verità ed onore ad una presidenza che presto sarà rimpianta, a partire dal monito lanciato nel suo ultimo discorso sui rischi del complesso  tecnologico industriale che sta già minacciando i nostri diritti fondamentali.

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Rossana Livolsi
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