K metro 0 – Londra – Sono trascorsi cinque anni dall’uscita ufficiale del Regno Unito dall’Unione europea, avvenuta il 31 gennaio 2020, seguita da un periodo di transizione fino a gennaio 2021. Nonostante le promesse iniziali, tra cui una maggiore sovranità, una drastica riduzione dell’immigrazione e 350 milioni di sterline (circa 402,4 milioni di euro)
K metro 0 – Londra – Sono trascorsi cinque anni dall’uscita ufficiale del Regno Unito dall’Unione europea, avvenuta il 31 gennaio 2020, seguita da un periodo di transizione fino a gennaio 2021. Nonostante le promesse iniziali, tra cui una maggiore sovranità, una drastica riduzione dell’immigrazione e 350 milioni di sterline (circa 402,4 milioni di euro) settimanali destinati al sistema sanitario (Nhs), il bilancio complessivo di Brexit appare fortemente negativo, rivela un’indagine del quotidiano britannico “Independent”.
Le stime del ministero delle Finanze britannico indicano che la “liquidazione finanziaria” con l’Ue è costata finora 30,2 miliardi di sterline (circa 34,73 miliardi di euro), con 6,4 miliardi (circa 7,36 miliardi di euro) ancora da pagare. A ciò si aggiunge una perdita annuale di 100 miliardi di sterline (circa 115 miliardi di euro) di Pil, secondo Bloomberg Economics. Il prodotto interno lordo è ora inferiore del 4 per cento rispetto a quanto sarebbe stato senza Brexit, con un calo del 15 per cento nel commercio a lungo termine previsto dall’Ufficio per la responsabilità di bilancio (Obr).
Gli economisti – riferisce Nova – hanno evidenziato come la separazione dall’Ue abbia ridotto gli investimenti, ostacolato i mercati del lavoro e complicato i rapporti commerciali, colpendo in particolare le piccole imprese. I settori dell’agricoltura e della pesca hanno subito perdite significative: le esportazioni di prodotti ittici sono diminuite del 25 per cento dal 2019, mentre i produttori agricoli lamentano la perdita di sostegni europei e difficoltà nel reclutare manodopera. Contrariamente alle aspettative, l’immigrazione netta ha raggiunto livelli record. Tra giugno 2021 e giugno 2024, si sono registrati 3,6 milioni di ingressi, con un saldo netto di 2,3 milioni. Mentre l’immigrazione dall’Ue è diminuita, quella dai Paesi extraeuropei è aumentata considerevolmente. Allo stesso tempo, gli studenti europei iscritti alle università britanniche sono calati drasticamente, a causa delle nuove tariffe internazionali imposte post-Brexit.
L’inflazione sui beni alimentari e non alcolici sarebbe stata inferiore dell’8 per cento senza Brexit, secondo uno studio della London School of Economics (Lse). Inoltre, il settore alimentare ha registrato una perdita media di 2,8 miliardi di sterline (circa 3,2 miliardi di euro) all’anno nelle esportazioni verso l’Ue, aggravata da complicazioni burocratiche e nuovi controlli alle frontiere. Personalità di spicco, come l’ex vice primo ministro Michael Heseltine, hanno definito Brexit un “disastro storico” che ha danneggiato l’economia britannica, ridotto le opportunità per i giovani e privato l’industria nazionale di risorse e politiche europee. Anche il tanto sbandierato trasferimento di 350 milioni di sterline settimanali all’Nhs non ha trovato riscontri concreti.
Alcuni pro Brexit sostengono che l’uscita dall’Ue abbia permesso una maggiore flessibilità normativa, come l’eliminazione della “tampon tax” e nuove decisioni sull’Iva. Tuttavia, i critici sottolineano che i benefici sono scarsi rispetto ai costi complessivi. Sir Nick Harvey, direttore del centro studi pro UE European Movement Uk, ha chiesto un rafforzamento della partnership con l’Europa per mitigare i danni economici. Brexit, promessa come un’opportunità di rinascita, si rivela sempre più come una scelta con costi pesanti e benefici difficilmente quantificabili.