K metro 0 – Gerusalemme – Dopo la marcia sulla moschea di Al Aqsa, al Monte del Tempio di Gerusalemme, con duemila sostenitori al seguito, il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, ha avuto un’altra “alzata d’ingegno” delle sue: vietare l’adhan, la chiamata islamica alla preghiera del muezzin, perché “fonte di disturbo”. E secondo
K metro 0 – Gerusalemme – Dopo la marcia sulla moschea di Al Aqsa, al Monte del Tempio di Gerusalemme, con duemila sostenitori al seguito, il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, ha avuto un’altra “alzata d’ingegno” delle sue: vietare l’adhan, la chiamata islamica alla preghiera del muezzin, perché “fonte di disturbo”. E secondo quanto riporta “The Times Of Israel”, quotidiano online indipendente, ha diffuso una circolare che permette alle forze dell’ordine di entrare nelle moschee delle città arabe nei territori occupati, e sequestrare qualsiasi tipo di impianto audio venga usato per diffondere l’adhan. Oltre alla confisca delle apparecchiature è prevista anche una multa per i responsabili della moschea.
Un’evidente violazione, ça va sans dire, dei luoghi sacri e delle pratiche religiose, diritti protetti dalle leggi internazionali e umanitarie. Ma il ministro-agitatore, che semina il caos con le sue proposte e dimostra “un palese disprezzo per lo status quo storico dei luoghi santi di Gerusalemme”, secondo il portavoce del dipartimento di Stato americano, Matthew Miller, va avanti per la sua strada. Leader del partito israeliano di estrema destra Otzma Yehudit (Potere Ebraico), successore ideologico del partito razzista del rabbino Kahane (bandito nel 1994 dal governo laburista di Yitzhak Rabin) nel 1995, dopo la firma degli Accordi di pace di Oslo con la Palestina, Ben-Gvir minacciò Rabin, brandendo lo stemma della Cadillac del premier israeliano e dicendo: “Siamo arrivati alla sua macchina, arriveremo anche a lui”. Rabin fu assassinato da un estremista due settimane dopo.
In un’intervista rilasciata alla tv israeliana Keshet 12 (Canale 12) Ben Gvir si è detto “orgoglioso” della sua decisione di impedire la diffusione dell’adhan e di altri “rumori molesti” provenienti dalle moschee.
“Nei nostri dibattiti, è emerso che la maggior parte dei paesi occidentali, e persino alcuni paesi arabi, limitano questi rumori e hanno molte leggi in materia” ha dichiarato l’ufficio di Ben Gvir.
I cittadini palestinesi di Israele, vedono il divieto come un attacco provocatorio alla loro comunità e ai loro diritti religiosi. Ahmad Tibi, un parlamentare leader di Ta’al (partito di sinistra arabo-israeliano) ha condannato la decisione.
“Ben Gvir vuole scatenare una guerra religiosa” ha detto Tibi alla Knesset. In passato, ha ricordato, ci sono stati tentativi di approvare una legge contro le chiamate alla preghiera nelle città miste. Ma “noi ci opponiamo all’ingresso della polizia nelle moschee. L’adhan continuerà perché l’Islam continuerà”. Tibi ha poi accusato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di essere dietro le iniziative di Ben Gvir.
Sindaci palestinesi e attivisti dei diritti umani hanno denunciato il divieto come un’altra misura discriminatoria da parte del governo israeliano. Ma definirla semplicemente una provocazione significherebbe “sminuire la gravità del problema”, secondo l’avvocato palestinese Khaled Zabarqa, che invece chiama in causa “il controllo sullo spazio pubblico”, oggi affollato da vari simboli religiosi e nazionali. Uno di questi è l’adhan, con i suoi richiami alla preghiera scanditi cinque volte al giorno, viva testimonianza della presenza di un altro popolo qui”.
Nel 2013, molto prima di diventare ministro del governo Netanyahu, Ben Gvir e un gruppo di attivisti di estrema destra hanno disturbato i residenti del quartiere di Ramat Aviv a Tel Aviv diffondendo l’adhan attraverso gli altoparlanti.
Lo stratagemma, hanno affermato, aveva lo scopo di evidenziare come altre comunità in Israele siano “disturbate” dalla chiamata alla preghiera.
Tentativi di limitare l’adhan sono emersi anche nel parlamento israeliano (la Knesset). Nel 2017, il cosiddetto “muezzin bill”, che cercava di limitare l’uso degli altoparlanti per scopi religiosi, ha superato una votazione iniziale ma alla fine si è arenato.