K metro 0 – Baku – Alla Conferenza di Baku sui cambiamenti climatici COP29 del 2024, si guarda ai segnali politici che potrebbero arrivare dal G20 di Rio. Intanto la presidenza cerca di mettere insieme i pezzi delle rotture che si sono consumate nelle ultime ore, soprattutto sulla riduzione delle emissioni. Nel frattempo, gli attivisti
K metro 0 – Baku – Alla Conferenza di Baku sui cambiamenti climatici COP29 del 2024, si guarda ai segnali politici che potrebbero arrivare dal G20 di Rio. Intanto la presidenza cerca di mettere insieme i pezzi delle rotture che si sono consumate nelle ultime ore, soprattutto sulla riduzione delle emissioni.
Nel frattempo, gli attivisti stanno protestando contro gli Stati Uniti, la Corea del Sud, il Giappone e la Turchia, a loro dire, fra i principali esclusi dall’accordo OCSE. Oggi, infatti, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, con sede a Parigi, ha elaborato una proposta di taglio della spesa pubblica per i progetti esteri sui combustibili fossili. L’OCSE – composta da 38 Paesi membri tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Corea del Sud, Giappone e Germania – sta difatti discutendo un accordo che potrebbe impedire progetti di inquinamento da carbonio per un valore fino a 40 miliardi di dollari.
“È di fondamentale importanza che il Presidente Biden si schieri a favore. Sappiamo che è molto importante che raggiunga un accordo che Trump non possa annullare”, ha così dichiarato Lauri van der Burg, responsabile globale della finanza pubblica di Oil Change International. “Se si convincerà, aiuterà a fare pressione sugli altri ritardatari, tra cui Corea, Turchia e Giappone”.
I ministri del clima e dell’ambiente di tutto il mondo sono arrivati al vertice per contribuire a far avanzare i negoziati. “I politici hanno il potere di raggiungere un accordo equo e ambizioso”, ha dichiarato il presidente della COP29 Mukhtar Babayev durante una conferenza stampa nella sede del vertice. “Devono fare i conti e impegnarsi immediatamente e in modo costruttivo”. Anche perché senza i soldi per la finanza non c’è la riduzione delle emissioni e senza quest’ultima il conto della crisi continua a salire.
Nella serata di sabato, durante una plenaria, si è consumata una rottura drammatica su questo negoziato. Con Cina, Paesi africani e arabi pronti a rimandare tutto a dopo il vertice di Baku. Nelle ultime ore la presidenza sta cercando di mettere insieme i pezzi.
Il punto cruciale è però quanto denaro potrà essere stanziato per il cambiamento climatico. I colloqui di Baku, ripresi oggi, sono in effetti incentrati sull’ottenimento di maggiori fondi per il clima da destinare ai Paesi in via di sviluppo per la transizione dai combustibili fossili, l’adattamento ai cambiamenti climatici e il pagamento dei danni causati da fenomeni meteorologici estremi. Ma i Paesi sono molto distanti sulla quantità di denaro necessaria. La scorsa settimana un gruppo di nazioni in via di sviluppo ha stimato la somma in 1.300 miliardi di dollari, mentre quelli ricchi non hanno ancora indicato una cifra. Diversi esperti hanno stimato il fabbisogno in circa 1.000 miliardi di dollari.
I negoziatori sono stati così invitati a fare progressi su un accordo in stallo che potrebbe vedere i Paesi in via di sviluppo ottenere più fondi da spendere per l’energia pulita e l’adattamento agli estremi climatici. Il segretario esecutivo dell’ONU per i cambiamenti climatici, Simon Stiell, ha invitato i Paesi a “smetterla con i teatrini e a passare agli affari veri”. Ha poi incalzato: “Riusciremo a portare a termine il lavoro solo se le parti saranno disposte a fare un passo avanti in parallelo, avvicinandoci a un terreno comune. So che possiamo farcela”.
Wopke Hoekstra, Commissario europeo per il clima, durante la conferenza stampa, ha dichiarato: “Sappiamo tutti che in politica e nella politica internazionale non è mai facile parlare di soldi, ma il costo dell’azione oggi è, di fatto, molto più basso del costo dell’inazione”. Ha poi aggiunto che “anche gli altri hanno la responsabilità di contribuire in base alle loro emissioni e alla loro crescita economica”. Ma Teresa Anderson, responsabile globale per la giustizia climatica di ActionAid International, si è detta scettica sulle intenzioni dei Paesi ricchi.
Tuttavia, Rachel Cleetus, dell’Union of Concerned Scientists, ha ammonito che 1.000 miliardi di dollari in fondi globali per il clima “sembreranno un affare tra cinque, dieci anni”. E poi: “Ci chiederemo perché non li abbiamo presi e utilizzati”, ha affermato, citando una moltitudine di costosi eventi meteorologici estremi recenti, dalle inondazioni in Spagna agli uragani Helene e Milton negli Stati Uniti.
Secondo Robert Habeck, ministro tedesco per il clima e gli affari economici, i Paesi ricchi non dovrebbero cercare di impedire ai Paesi in via di sviluppo di produrre più energia, ma che questa deve provenire da fonti più pulite. “I Paesi industrializzati si sono impegnati a finanziare il clima, ma allo stesso tempo stiamo coinvolgendo un maggior numero di investitori privati e donatori, ampliando la base dei donatori”, ha fatto sapere il ministro.
Nel frattempo, oggi e domani il Brasile ospiterà il vertice del Gruppo dei 20, a cui partecipa anche il presidente del Consiglio Meloni, e che riunisce molte delle maggiori economie mondiali. All’ordine del giorno ci saranno anche i cambiamenti climatici, oltre ad altri temi importanti come l’aumento delle tensioni globali e la povertà.
A tal proposito, il presidente della COP Babayev ha dichiarato che il mondo “non può riuscire” a raggiungere i suoi obiettivi climatici senza i Paesi del G20. “Li esortiamo a utilizzare la riunione del G20 per inviare un segnale positivo del loro impegno ad affrontare la crisi climatica. Vogliamo che forniscano mandati chiari per raggiungere gli obiettivi”.
Harjeet Singh, direttore dell’impegno globale dell’Iniziativa per il Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili, ha concluso che i Paesi del G20 “non possono voltare le spalle alla realtà delle loro emissioni storiche e alla responsabilità che ne deriva. Devono impegnarsi a stanziare trilioni di euro in finanziamenti pubblici”.
di Sandro Doria con redazione