K metro 0 – Bruxelles – La formazione della seconda Commissione von der Leyen sembrerebbe degna di essere definita un avvincente romanzo politico. A cinque mesi dall’insediamento del Parlamento, le carte vengono ancora una volta sparse sul tavolo e, con rammarico, siamo tenuti a registrare che le motivazioni hanno a che fare con questioni interne
K metro 0 – Bruxelles – La formazione della seconda Commissione von der Leyen sembrerebbe degna di essere definita un avvincente romanzo politico. A cinque mesi dall’insediamento del Parlamento, le carte vengono ancora una volta sparse sul tavolo e, con rammarico, siamo tenuti a registrare che le motivazioni hanno a che fare con questioni interne alle grandi nazioni europee e poco o nulla con una visione comune dell’Unione, nonostante la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti chiami tutte le nazioni del Vecchio Continente, le più potenti in testa, a trovare punti d’incontro e avviare una nuova stagione di integrazione europea.
Tre delle prime quattro economie dell’UE sono in crisi di governo, aperta o alle porte, ed è qui che risiede il germe dello stallo alla messicana a Bruxelles.
Spagna: una maggioranza già fragile sferzata dall’emergenza dell’alluvione di Valencia
In Spagna, l’instabilità politica è ormai una costante. Dal primo governo Sanchez in poi (2018), le maggioranze sono state fragili e completamente dipendenti dall’appoggio esterno degli indipendentisti catalani. Questa fragilità limita la capacità del governo di attuare riforme significative e di rispondere tempestivamente alle emergenze. Situazione così simile a quella italiana negli anni 2014-2019, con i governi Letta, Renzi e Gentiloni, che sembra quasi che i nostri fratelli spagnoli ne abbiano preso ispirazione.
A peggiorare la situazione, il recente disastro dell’alluvione a Valencia ha messo in evidenza i limiti delle infrastrutture di prevenzione, nonché della gestione delle risorse di emergenza. La risposta del governo locale e nazionale, giudicata tardiva, ha portato alle tristi immagini delle contestazioni al capo del governo Sanchez e al Re Filippo VI durante le visite nei luoghi alluvionati.
Francia: una coalizione di necessità e il peso del debito pubblico
In Francia, la situazione politica non è meno complicata. Il governo attuale è il frutto di un’alleanza tra partiti diversi e ideologicamente distanti, uniti più per necessità che per convinzione, ovvero uniti unicamente per tenere il Rassemblement National di Marine Le Pen alla larga da qualsiasi posizione di potere.
Questa situazione, tuttavia, rende difficile prendere decisioni unitarie e adottare politiche coerenti, specialmente su temi delicati come la legge di bilancio e la gestione del debito pubblico, aumentato vertiginosamente negli ultimi anni fino a toccare quota 110% nel 2023. La gestione rigorosa delle risorse è diventata impellente, ma mettere d’accordo i liberali all’interno del governo, proprio con i sovranisti di Le Pen, poiché anche in Francia il governo si regge su un appoggio esterno, sta risultando sempre più complesso.
Germania: elezioni anticipate e l’incertezza politica pressoché totale
In Germania, la situazione più imprevedibile. La nazione che per anni è stata simbolo di stabilità politica in Europa, ha visto seguire all’ultimo governo Merkel l’attuale Scholz, con Socialisti, Liberali e Verdi, che ha ceduto dopo tre anni il 7 novembre 2024. La decisione di anticipare il voto (probabilmente al prossimo febbraio) arriva in un contesto di profonde divisioni tra liberali e socialisti, anche in questo caso arrivate al culmine sulla legge di bilancio, con crescenti pressioni esterne da una Cdu che ha ripreso le forze secondo i sondaggi e un Afd che fa sempre più paura ai partiti tradizionali tedeschi. Il vero elemento di incognita è che cosa farà la Cdu se dovesse trovarsi a poter costruire una maggioranza soltanto con l’Afd: le porte del governo saranno aperte al partito quotidianamente accusato dagli avversari di neonazismo?
Intanto in Europa si gioca a mosca cieca
Le crisi politiche in Spagna, Francia e Germania evidenziano una realtà che molti europei iniziano a percepire con preoccupazione: l’instabilità politica sembra essere diventata la norma, piuttosto che l’eccezione. Governi deboli, coalizioni fragili e difficoltà a rispondere alle esigenze della popolazione mettono in discussione la capacità dei governi di affrontare le grandi sfide del nostro tempo.
Il Partito socialista europeo lamenta il troppo elevato numero di Commissari di area conservatrice e di destra proposti da Ursula von der Leyen e mette il veto sull’italiano Fitto, di Fratelli d’Italia; il Partito popolare risponde puntando il dito contro la socialista spagnola Teresa Ribera, accusata in patria di avere colpe nei disastri di Valencia. Tutto in Europa si ferma mentre tutto nel mondo continua a muoversi.
Proprio in un momento in cui la coesione sarebbe più necessaria che mai, in cui l’alleato americano chiede e il resto del mondo impone prese di posizione chiare da parte nostra, il nuovo esecutivo dell’Unione è ostaggio di veti incrociati e soprattutto delle pressioni interne delle quattro più grandi nazioni europee.