K metro 0 – Parigi – La pubblicazione di un documento scritto da Tatiana Giraud, direttrice di ricerca presso il CNRS (Centro nazionale francese per la ricerca scientifica), relativa a una popolazione appena scoperta di Penicillium roqueforti, ha mandato nel panico gli appassionati di Brie e Camembert, certi che la fine degli amati formaggi fosse
K metro 0 – Parigi – La pubblicazione di un documento scritto da Tatiana Giraud, direttrice di ricerca presso il CNRS (Centro nazionale francese per la ricerca scientifica), relativa a una popolazione appena scoperta di Penicillium roqueforti, ha mandato nel panico gli appassionati di Brie e Camembert, certi che la fine degli amati formaggi fosse vicina.
Una reazione giudicata eccessiva da Jeanne Ropars, coautrice dello studio. “Devo sottolineare che non c’è alcun problema di produzione, a breve termine, per i formaggi”, ha detto. “Anche per il Camembert”. Ne ha riferito la Bbc.
Il Camembert e i suoi cugini fioriti, come il Brie francese, il Baron Bigod inglese e il Mt Tam americano, ottengono difatti il loro esterno bianco e profumato di funghi da un solo ceppo di muffa, il Penicillium camemberti var camemberti, un mutante albino isolato nel 1897 nella regione del Brie. Cospargendo questa muffa mutante sulle superfici sterilizzate dei loro formaggi, i casari sostituirono la varietà di muffe e batteri colorati della crosta, che vanno dal rosso al blu, dal verde al grigio, con un bianco puro e lanuginoso.
“Il mercato lo richiedeva”, ha evidenziato Arnaud Sperat-Czar, presidente della Fondation pour la Biodiversité Fromagère. “La gente preferiva un bel formaggio bianco con una bella peluria, piuttosto che un formaggio che sembrava un po’ ammuffito”. Questo desiderio di omogeneità, tuttavia, ha avuto un costo. “Ci sono così tanti produttori e così tanti ceppi madre che nessuno, in fin dei conti, è preoccupato per la fine del Camembert”, ha poi precisato Sperat-Czar.
Ma potrebbero essere altri i problemi. In Svizzera, ad esempio, secondo l’Uniscope dell’Università di Losanna, il riscaldamento delle temperature ha fatto sì che la sassifraga viola di montagna locale sia stata soppiantata da specie vegetali più comuni nel Mediterraneo, riducendo l’aroma intenso e saporito per cui un tempo era noto il formaggio Étivaz di alta quota.
L’Europa intera è poi in apprensione per la decisione della Cina di imporre dazi all’export di formaggi continentali nel Paese del Dragone. La Cina ha, infatti, avviato un’indagine sui presunti sussidi ai prodotti lattiero-caseari provenienti dall’Europa dal 21 agosto scorso.
L’indagine cinese, finalizzata ad accertare eventuali pratiche commerciali scorrette sui formaggi provenienti dall’Unione, era stata chiesta il 29 luglio dai gruppi industriali nazionali e, fa sapere il ministero del Commercio cinese, riguarderà 20 programmi di sovvenzioni in Paesi come Austria, Belgio, Croazia, Repubblica Ceca, Finlandia, Italia, Irlanda e Romania. Nel 2023 le importazioni di prodotti lattiero-caseari dall’Unione Europea valevano 1 miliardo e 700 milioni di euro, con l’Irlanda in testa. L’inchiesta dovrebbe concludersi entro un anno ed è il primo passo verso l’imposizione di potenziali dazi da parte della Cina.
“La Commissione Europea prende nota della decisione di Pechino – ha risposto un portavoce dell’esecutivo Ue – di aprire un’indagine sui prodotti caseari europei. Siamo fiduciosi che questi sussidi siano in linea con le regole internazionali e seguiremo l’indagine con attenzione: la Commissione difenderà il settore agricolo europeo”. Per quanto riguarda l’Italia nello specifico, nei primi 4 mesi del 2024 il nostro export lattiero-caseario in Cina è stato pari a 30,5 milioni di euro, con un +20,5%, mentre il totale dell’export agroalimentare è stato pari a 194 milioni con un +26,0%.
La Francia si conferma nel frattempo mercato leader per l’export di prodotti caseari italiani e in particolare dei formaggi certificati. Su 136mila tonnellate di prodotti caseari nostrani acquistati nel 2023 dai cugini transalpini, oltre 40mila tonnellate sono di formaggi Dop e Igp, per un valore di circa 470 milioni di euro.
Lo rivela Afidop, Associazione Formaggi Italiani Dop e Igp, che dal 19 al 23 ottobre scorsi ha partecipato al Salone Internazionale dell’Alimentazione di Parigi (Sial), tra i principali eventi fieristici europei per il settore food. Oggi un formaggio italiano su 3 che finisce sulle tavole francesi è Dop e il comparto Dop e Igp pesa quasi la metà (45%) del valore dell’export caseario nell’Hexagone.
Tra i formaggi Dop più amati in Francia spiccano il Grana Padano Dop e Parmigiano Reggiano Dop in pezzi (10.700 tonnellate), ma anche le vendite di prodotto già grattugiato (16mila tonnellate di formaggi Dop a pasta dura), Gorgonzola Dop (5.800 tonnellate), Mozzarella di Bufala Campana Dop (oltre 6.000 tonnellate) e i pecorini, come il Pecorino Romano Dop e il Pecorino Toscano Dop (1.000 tonnellate).
Il comparto lattiero caseario sta pertanto attraversando un periodo favorevole, con quotazioni superiori a quelle dello scorso anno sia per il latte sia per i principali prodotti. La conferma dalle analisi dell’Osservatorio della Cattolica di Cremona Il prezzo del latte crudo alla stalla è in salita, trainato dall’andamento decisamente positivo di alcuni derivati, a partire dal burro.
In base all’analisi della filiera lattiero-casearia elaborata dall’Ompz, Osservatorio sul Mercato dei Prodotti Zootecnici dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona, l’indice di valore alla stalla del latte lombardo si mostra in aumento rispetto al mese precedente (+2,08%), che in termini monetari corrisponde a 1,03 euro per 100 litri. Mentre rispetto a un anno fa, l’indice è a +5,14%. A questo incremento concorrono tutti e tre i sotto panieri: mercato europeo, mercato nazionale, materie prime.
di Sandro Doria