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Madre prigioniero politico Gb-egiziano riprende lo sciopero della fame

Madre prigioniero politico Gb-egiziano riprende lo sciopero della fame

K metro 0 – Il Cairo- Alaa Abdel Fattah è il più noto prigioniero politico britannico-egiziano. Blogger, scrittore e attivista democratico, è stato in carcere per la maggior parte degli ultimi dieci anni. Arrestato nel settembre 2019, sei mesi dopo aver scontato una precedente condanna a cinque anni, è stato condannato nel 2021 per diffusione

K metro 0 – Il Cairo- Alaa Abdel Fattah è il più noto prigioniero politico britannico-egiziano. Blogger, scrittore e attivista democratico, è stato in carcere per la maggior parte degli ultimi dieci anni. Arrestato nel settembre 2019, sei mesi dopo aver scontato una precedente condanna a cinque anni, è stato condannato nel 2021 per diffusione di notizie false, per aver condiviso un post su Facebook sulla tortura in Egitto. Le autorità egiziane si rifiutano di conteggiare gli oltre due anni trascorsi in detenzione preventiva ai fini della pena scontata. Nonostante abbia acquisito la cittadinanza britannica nel 2021, l’Egitto non gli ha mai concesso una visita consolare.

La madre, Laila Soueif, 68enne professoressa di matematica, non mangia da più di tre settimane e non sente più la fame. Ora si trova a Londra per fare una campagna per il rilascio del figlio britannico-egiziano, e insiste nel dire che “non si sente affatto male”, riferisce la BBC.

Al momento sopravvive con acqua, sali reidratanti, tè o caffè senza zucchero. “Continuerò a farlo finché Alaa non sarà libero o sarò portata in ospedale in condizioni terribili”, mi dice. “La sua vita è stata sospesa per 11 anni. Non può andare avanti”.

La mamma del prigioniero ha iniziato lo sciopero della fame il 2 aprile 2022, il giorno dopo quello che avrebbe dovuto essere il termine della sua condanna a cinque anni di carcere, anche se i suoi parenti, insieme ai gruppi per i diritti umani, sostengono che non avrebbe mai dovuto rinchiuso in cattività. Laila Soueif ha poi interrotto lo sciopero dopo sei mesi e ora ripreso, per fare pressione sul governo egiziano e su quello britannico.

Due anni fa, l’ex ministro degli Esteri ombra del Regno Unito, David Lammy, aveva invocato “gravi conseguenze diplomatiche” se l’accesso non fosse stato concesso immediatamente e se Alaa Abdel Fattah non fosse stato liberato.

Ma la sua famiglia è profondamente delusa da come l’attuale governo, e quello precedente, hanno gestito il suo caso. Ritengono che il Regno Unito abbia più influenza sull’Egitto – un alleato chiave – di quanta sia disposto a usarne.

“Non sono una sciocca. Non mi aspetto che il governo rovini accordi commerciali per miliardi di dollari per mio figlio”, dice Laila Souief, che vive al Cairo ma è nata a Londra. Si aspetta però che Lammy, ora che è segretario agli Esteri, faccia pressione sui ministri egiziani affinché agiscano.

Un portavoce del Ministero degli Esteri ha tuttavia dichiarato: “La nostra priorità rimane quella di garantire l’accesso consolare al signor El-Fattah e il suo rilascio. Continuiamo a sollevare il suo caso ai più alti livelli del governo egiziano”.

La campagna della famiglia è stata sostenuta anche da Richard Ratcliffe, che sa fin troppo bene cosa spinge qualcuno a fare lo sciopero della fame – come lui stesso ha fatto per sua moglie, Nazanin Zaghari-Ratcliffe, arrestata ingiustamente in Iran nel 2016 e poi liberata nel 2021.

Lo sciopero della fame di Alaa Abdel Fattah è iniziato nel 2022, mentre l’Egitto ospitava la conferenza delle Nazioni Unite sul clima. Un risultato l’ha comunque raggiunto: pressioni internazionali per il suo rilascio e miglioramento delle sue condizioni in carcere.

Ora gli è permesso leggere libri e guardare lo sport in TV. Ma, secondo la madre, è “giù di morale per la maggior parte del tempo” e sconfortato per il futuro e le sue possibilità di essere rilasciato. Ora vuole lasciare l’Egitto solo per stare con suo figlio di 13 anni, che è affetto da autismo e frequenta una scuola speciale a Brighton.

La donna afferma che altri Paesi hanno stipulato accordi che consentono ai loro cittadini incarcerati in Egitto di essere liberati ed espulsi se rinunciano alla loro nazionalità egiziana. Per quanto riguarda lei e il suo sciopero della fame, dice che vuole diventare un “grattacapo” sia per il governo britannico che per quello egiziano. “Questo è il minimo che spero di ottenere”. E non intende mollare.

 

di Sandro Doria

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