K metro 0 – Washington – In palio il 5 novembre non c’e’ solo la Casa Bianca. O almeno, per cercare di tagliare il traguardo per primi si tenta la carta dei referendum. Sono ben dieci in altrettanti stati quelli predisposti sempre il 5 novembre per sfruttare l’onda lunga della partecipazione al voto e dell’affluenza.
K metro 0 – Washington – In palio il 5 novembre non c’e’ solo la Casa Bianca. O almeno, per cercare di tagliare il traguardo per primi si tenta la carta dei referendum. Sono ben dieci in altrettanti stati quelli predisposti sempre il 5 novembre per sfruttare l’onda lunga della partecipazione al voto e dell’affluenza.
Il tema è di quelli che scottano: l’aborto. Che una sentenza della Corte Suprema fortemente rimaneggiata in senso conservatore da Trump , ha di fatto cancellato a livello federale. Stabilendo che non esiste più un diritto costituzionale all’interruzione volontaria di gravidanza ha rimesso agli stati la decisione. Ribaltando così la storica decisione della Corte del 1973-Roe vs Wade- che concedeva alle donne il diritto alla privacy e alla libera scelta, comprimendo l’ingerenza statale. In questi due anni sono stati numerosi gli stati che si sono ripresi il potere di legiferare in materia, imponendo restrizioni, scatenando però l’ira delle donne. Secondo una stima del Pew Research Center la maggioranza dell’opinione pubblica ha disapprovato la decisione della Corte Suprema ed il 62 per cento degli statunitensi sarebbe favorevole a legalizzare l’aborto. L’ondata di divieti ha generato nuove ed intense battaglie legali. Oltre a produrre un grave impatto sull’assistenza sanitaria. Di pari passo con le restrizioni imposte a livello statale negli stati della “pancia” del paese, si sono svolti diverse consultazioni chiamando i cittadini a dire la loro. Dalla California al Kansas, dal Michigan al Kentucky, e al Vermont, da ultimo l’Ohio. Stati di diverso colore politico che si sono tutti espressi a favore dell’aborto legale e assistito.
E adesso tocca ai cittadini del Montana, dell’ Arizona, del Nebraska , del Missouri, del Colorado, della Florida, del Maryland, del Nevada, del South Dakota e di New York esprimersi sul diritto all’interruzione di gravidanza. Tra le mani si ritroveranno anche una scheda con la quale si chiederà il loro parere sulle modalità di regolamentare l’aborto nel loro stato. Alcuni sono stati in bilico tra Trump ed Harris- Arizona e Nevada sono swing state- New York, Maryland e Colorado sono democratici e l’aborto non è a rischio; tutti gli altri sono stati repubblicani. In cinque di questi stati interrompere la gravidanza diventerebbe legale e molto più accessibile. In altri cinque, il diritto esistente verrebbe rafforzato. I democratici contano che i referendum su un tema sentitissimo trascinino al voto anche gli indifferenti alla corsa per la Casa Bianca, ma non alla battaglia per il riconoscimento dei diritti.
Oltre alla volontà dei pro- choice di inserire il diritto nelle costituzioni statali proteggendolo dagli umori delle corti. Negli scorsi mesi si è tentato di boicottare in tutti i modi le consultazioni, anche avviando cause legali come in Arkansas dove l’aborto è totalmente illegale e il referendum è stato dribblato, bocciando le firme raccolte . In South Dakota si è corso lo stesso rischio. Sulla questione i democratici e la candidata presidente Kamala Harris hanno una chiara posizione favorevole alla libertà di scelta. Al contrario in casa repubblicana a fronte di un ondeggiante e imbarazzato Donald Trump- la moglie Melania si è espressa a favore dell’aborto- il partito è decisamente posizionato contro la libertà di scelta delle donne.
La campagna contro l’aborto ha visto schieratissimi i giudici delle corti di nomina repubblicana: i dem contano sul voto delle donne in fila per i referendum per ribaltare la narrazione che vuole Trump di nuovo inquilino della Casa Bianca.