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Rifiuti di plastica: il riciclo non basta, va ridotta la produzione

Rifiuti di plastica: il riciclo non basta, va ridotta la produzione

K metro 0 – Washington- Più che suggestiva, l’immagine è altamente inquietante: una montagna di rifiuti di plastica ampia quanto Central Park di New York (un rettangolo di 4 km x 800 metri) e alta quanto l’Empire State Building (102 piani, 381 metri). Un inquinamento diffuso, ogni anno, dalle vette più alte agli oceani più

K metro 0 – Washington- Più che suggestiva, l’immagine è altamente inquietante: una montagna di rifiuti di plastica ampia quanto Central Park di New York (un rettangolo di 4 km x 800 metri) e alta quanto l’Empire State Building (102 piani, 381 metri).

Un inquinamento diffuso, ogni anno, dalle vette più alte agli oceani più profondi, fin dentro i corpi delle persone, causa le microplastiche ingerite con gli alimenti.

57 milioni di tonnellate di rifiuti di cui più di due terzi prodotti dal Sud del mondo: per la maggior parte dall’Africa subsahariana e dal  Sud-est asiatico. L’India è il più grande inquinatore da plastica al mondo.

E’ il quadro dipinto dai ricercatori dell’Università di Leeds in Gran Bretagna, che hanno esaminato i rifiuti prodotti in più di 50.000 città e paesi in tutto il mondo nel loro studio pubblicato recentemente dall’autorevole rivista  scientifica “Nature”.  

Lo studio, ha precisato Seth Borenstein, divulgatore scientifico dell’Associated Press, ha esaminato la plastica che finisce nell’ambiente aperto, non quella che finisce nelle discariche o viene bruciata correttamente.

Lagos, in Nigeria, ha emesso la maggior quantità di inquinamento da plastica di qualsiasi altra città, secondo l’autore dello studio Costas Velis, professore di ingegneria ambientale di Leeds. Le altre città con il più alto inquinamento da plastica sono Nuova Delhi; Luanda, in Angola; Karachi, in Pakistan e Al Qahirah, in Egitto.

L’India produce 10,2 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica all’anno, molto più del doppio dei grandi paesi che seguono in classifica: Nigeria e Indonesia. La Cina, spesso denigrata per l’inquinamento, è al quarto posto ma sta facendo passi da gigante nella riduzione dei rifiuti, ha affermato Velis. Altri grandi inquinatori sono Pakistan, Bangladesh, Russia e Brasile. Questi otto paesi sono responsabili di oltre la metà dell’inquinamento da plastica del mondo.

Gli Stati Uniti sono al 90° posto in classifica, con oltre 52.500 tonnellate di rifiuti e il Regno Unito al 135° posto con quasi 5.100 tonnellate.  

Nel 2022, la maggior parte delle nazioni del mondo ha accettato di stipulare il primo trattato giuridicamente vincolante sull’inquinamento da plastica, anche negli oceani. Le negoziazioni definitive si svolgeranno in Corea del Sud a novembre.

Lo studio ha utilizzato l’intelligenza artificiale per concentrarsi sulla plastica che è stata bruciata in modo improprio (circa il 57% dell’inquinamento) o semplicemente scaricata. In entrambi i casi, microplastiche incredibilmente piccole, o nanoplastiche pongono una minaccia per la vita marina e  la salute umana, ha affermato Velis.

Quest’anno sono state condotte diverse ricerche per stabilire in quale misura le microplastiche sono presenti nell’acqua che beviamo e nei nostri organi (cuore, cervello e testicoli) per consentire a medici e scienziati di valutare con maggior certezza quali minacce rappresentino per la nostra salute.   

“La grande bomba a orologeria è costituita dalle microplastiche sparse soprattutto nel Sud del mondo”, sostiene Velis. “Si trovano nei luoghi più remoti… sulle vette dell’Everest, nelle profondità oceaniche della Fossa delle Marianne, nell’aria che respiriamo, in ciò che mangiamo e che beviamo”.

E’ un problema che riguarda tutti e affliggerà le generazioni future. Non dovremmo dare la colpa al Sud, sostiene Velis. Né vantarci di quel che  facciamo nel Nord.

È solo una questione di mancanza di risorse e capacità del governo di fornire ai cittadini i servizi necessari.  

Gli esperti indipendenti temono che lo studio concentri l’attenzione sull’inquinamento, piuttosto che sulla produzione, sgravando così l’industria dalle sue responsabilità. Col rischio di farci credere che tutto ciò che dobbiamo fare adesso è gestire meglio i rifiuti. Quando in realtà, è proprio la produzione che genera, secondo Neil Tangeri, (direttore di GAIA, una rete di organizzazioni che puntano all’obiettivo zero-rifiuti)grandi quantità di gas serra che contribuiscono al cambiamento climatico.

Theresa Karlsson, consulente tecnico-scientifico di IPEN (International Pollutants Elimination Network), un’altra rete globale di ONG che mira anch’essa all’eliminazione degli inquinanti, ha definito allarmante   il volume di inquinamento calcolato dallo studio di Velis, ma sostiene che la quantità di plastica oggi prodotta è “ingestibile”.

E ha lamentato che lo studio non coglie l’importanza del commercio globale di rifiuti di plastica che spinge i paesi ricchi a inviarli a quelli poveri. Lo studio ha rilevato che il commercio di rifiuti di plastica sta diminuendo, con la Cina che ne vieta le importazioni.  Secondo la  Karlsson, invece, il commercio dei rifiuti, in generale,   sta in realtà aumentando e questo  probabilmente anche nel caso della plastica. Il volume globale di rifiuti dell’UE è salito da 110.000 tonnellate nel 2004 a 1,4 milioni di tonnellate nel 2021.

Velis ha affermato che la quantità di rifiuti di plastica scambiati è ridotta. E Kara Lavender Law, docente di oceanografia presso la Sea Education Association (che non è stata coinvolta nello studio), basandosi sulle tendenze dei rifiuti di plastica negli Stati Uniti, concorda con lui, riconoscendo che il suo studio  è stato uno dei più completi sui rifiuti di plastica. Apprezzato anche dai dirigenti dell’industria della plastica.  

“Questo studio sottolinea che i rifiuti di plastica non raccolti e non gestiti sono il principale fattore di inquinamento da plastica e che per porre fine a questo fenomeno va data priorità a una loro un’adeguata gestione”, ha affermato Chris Jahn, segretario dell’International Council on Chemical Associations. Nelle negoziazioni del trattato, l’industria si oppone in sostanza alla fissazione di un limite alla produzione di plastica, che secondo le Nazioni Unite aumenterà probabilmente da circa 440 milioni di tonnellate all’anno a più di 1.200 milioni. Il nostro pianeta   sta insomma soffocando nella plastica.

Secondo un recente rapporto di Greenpeace USA,  se i tassi di riciclaggio della plastica sono in calo negli Stati Uniti,  la produzione è in aumento. E il riciclaggio della plastica è “una finzione”. L’economia circolare della plastica, propagandata dall’industria, non esiste. Le famiglie americane hanno generato 51 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica nel 2021, di cui solo 2,4 milioni di tonnellate sono state riciclate.

“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” sosteneva Lavoisier, lo scienziato francese padre della chimica moderna. Tutto si trasforma, meno la plastica: più se ne crea, meno si distrugge, almeno finora, a far fede al rapporto di Greenpeace USA (vedi, Mario Baccianini, “Greenpeace USA: il riciclaggio della plastica è una ‘finzione’”, www.kmetro0.it, 25 ottobre 2022).

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