K metro 0 – Minsk – In Bielorussia, l’uso della lingua locale sta sparendo. Nonostante siano due le lingue ufficiali di Minsk, il Russo e il Bielorusso, l’idioma moscovita sta prendendo il sopravvento sulla lingua autoctona. Questa uniformazione linguistica non è casuale, poiché la subalternità alla Russia del paese di Lukashenko si riflette tanto su
K metro 0 – Minsk – In Bielorussia, l’uso della lingua locale sta sparendo. Nonostante siano due le lingue ufficiali di Minsk, il Russo e il Bielorusso, l’idioma moscovita sta prendendo il sopravvento sulla lingua autoctona. Questa uniformazione linguistica non è casuale, poiché la subalternità alla Russia del paese di Lukashenko si riflette tanto su aspetti culturali quanto su quelli politico-economici.
Il popolo russo e quello bielorusso non condividono soltanto la prossimità geografica. Le due popolazioni sono entrambe di etnia slava, di religione cristiano-ortodossa e parlano lingue simili, ma non identiche. Per secoli Minsk è stata sotto il dominio di Mosca, prima come una città dell’Impero Zarista e in seguito dell’Unione Sovietica. Con la caduta del potere sovietico nel 1991, la Bielorussia è diventata un paese formalmente indipendente. La presenza russa non ha mai abbandonato del tutto il paese, infatti alle prime elezioni dell’epoca post-sovietica, nel 1994, a trionfare è stato l’ex funzionario sovietico Alexander Lukashenko. Egli, ininterrottamente al potere fino ad oggi, è riuscito a mantenere con pugno autoritario Minsk sotto influenza Russa.
Da subito Lukashenko ha mostrato la vicinanza al Cremlino: nel 1995 è stato firmato con l’allora presidente russo Yeltsin il trattato che sanciva la nascita di una “Comunità tra Russia e Bielorussia”, mentre nel 1997 e 1999 sono stati firmati due Trattati che ambivano a un’unione statale e che prevedevano cooperazione economica, commerciale e la circolazione di merci e cittadini (anche se in seguito, con Putin, si è deciso di ristabilire di nuovo i controlli doganali). La soggezione del presidente Bielorusso a Mosca è aumentata dopo il 2020, quando egli si è trovato a fronteggiare proteste antigovernative e ha ricevuto il supporto del Cremlino per rimanere alla guida del paese. Non ha sorpreso infatti l’appoggio di Minsk all’invasione russa dell’Ucraina, attaccata anche dalle frontiere con la Bielorussia a nord-ovest. Il paese di Lukashenko ad oggi dipende dai prestiti e dall’energia a basso costo dalla Russia.
Come già indicato, Mosca non esercita solo un’egemonia politico-economica sulla Russia Bianca. La Federazione Russa fa sentire la propria influenza anche culturalmente, tramite la “russificazione”, e la lingua è un aspetto tra i più importanti. A Minsk il russo è sempre stata una lingua ufficiale accanto al bielorusso; tuttavia, il ruolo della lingua autoctona va diminuendo. A scuola, nel 1994, il 40% degli studenti riceveva gli insegnamenti in bielorusso, oggi le lezioni nella lingua autoctona sono meno del 9%. Inoltre, in un censimento del 1999 era indicato come il 73% della popolazione definiva il bielorusso la propria lingua madre, mentre in un altro censimento del 2019 questa percentuale è scesa al 53%.
È stato lo stesso presidente Lukashenko a dichiarare: “Non si può esprimere nulla di grande in bielorusso. … Ci sono solo due grandi lingue al mondo: il russo e l’inglese”. Ad opporsi contro l’egemonia culturale russa è la leader dell’opposizione in esilio, Sviatlana Tsikhanouskaya. Ella ha affermato che “l’identità nazionale, la cultura e la lingua bielorussa sono le nostre armi più forti contro il mondo russo e la russificazione”.
“La lingua bielorussa è sempre più percepita come un segno di slealtà politica e viene abbandonata a favore del russo nella pubblica amministrazione, nell’istruzione, nella cultura e nei mass media, su ordine della gerarchia o per paura di discriminazioni”. Con queste parole Anaïs Marin, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani in Bielorussia, ha spiegato cosa succede, sperando in una frenata della russificazione nel paese.