fbpx

Regno Unito: l’islamofobia è figlia di politiche razziste di lunga data

Regno Unito: l’islamofobia è figlia di politiche razziste di lunga data

K metro 0 – Londra – “Changing anatomy of Britain”: se dovesse riscriverlo oggi il suo libro, Anatomy of Britain, periodicamente riveduto, dalla prima edizione, del 1962, all’ultima, Who Runs This Place? The Anatomy of Britain in the 21st Century  del 2004 (anno della sua morte), Anthony Sampson, principe del giornalismo investigativo  britannico, dovrebbe dedicare

K metro 0 – Londra – “Changing anatomy of Britain”: se dovesse riscriverlo oggi il suo libro, Anatomy of Britain, periodicamente riveduto, dalla prima edizione, del 1962, all’ultima, Who Runs This Place? The Anatomy of Britain in the 21st Century  del 2004 (anno della sua morte), Anthony Sampson, principe del giornalismo investigativo  britannico, dovrebbe dedicare un capitolo al ”Razzismo”.

L’Inghilterra è un paese razzista? E’ una domanda, difficile, che già aveva cominciato a circolare dopo l’ultima ondata di xenofobia innescata dalla sconfitta dell’Inghilterra nella finale degli Europei di calcio 2020 (spostati al 2021, causa pandemia).

La frustrazione per la sconfitta si era tradotta nell’aggressione fisica e verbale verso i giocatori di colore della nazionale inglese, presi di mira sui social media e non solo. Come dimostrò un’analisi, condotta da Christof Nägel (Università di Colonia), Mathijs Kros (Università di Utrecht) e da Ryan Davenport (University College di Londra), che  evidenziava un aumento del 30% dei crimini d’odio a Londra nelle settimane successive, concentrato  nei quartieri  con una storia pregressa di violenza razziale. A dimostrazione che  gli eventi scatenanti non hanno un effetto omogeneo sulla società, ma tendono a rafforzare gli atteggiamenti preesistenti.

E sono proprio queste “preesistenze” che sono riaffiorate, a sorpresa, nelle violenze contro  migranti e musulmani  scoppiate in molte parti del Regno Unito, dopo la diffusione della falsa voce che un “rifugiato musulmano” di 17 anni aveva assassinato 3 bambine e causato 10 feriti nell’atacco a un centro di danza a Southport il 29 luglio scorso, inducendo il sospetto che si trattasse di un attentatore islamico. Salvo poi verificare in seguito che si trattava di un ragazzo nato a Cardiff (Galles).

Ma intanto la falsa voce aveva innescato rapidamente turbolente dimostrazioni xenofobe. A dimostrazione che  una parte di Inghilterra  covava un profondo risentimento  suprematista, finora latente, ma  pronto a deflagrare. 

Così, mentre a Southport c’era chi si raccoglieva in lutto, a poca distanza circa 300 maschi bianchi, affiliati al nucleo residuo della English Defence League  (attivisti ultranazionalisti provenienti da ambienti hooligans) hanno tentato di assaltare una moschea, scontrandosi con la polizia. E’ stato il primo episodio violento di quei giorni, seguito da numerosi attacchi successivi, organizzati sui social con slogan  come “Enough is Enough” ( quel che è troppo è troppo).

Segno premonitore di quel che stava per esplodere era stata la manifestazione promossa a Londra il 27 luglio scorso (poco prima dell’accoltellamento delle tre bambine di Southport) dal leader fascista Tommy Robinson. La più partecipata da sempre, che aveva  radunato  per “una dimostrazione di forza patriottica” 20mila persone dietro lo  se striscione “Uniting the Kingdom” (unificare il regno).

Per molti, compresi i musulmani di Francia o Austria, l’Inghilterra era vista come un paradiso di tolleranza, un paese amico in cui le comunità potevano praticare la propria fede senza le ingerenze di  uno Stato islamofobo, ha scritto Salman Sayyid, docente presso la School of Sociology and Social Policy dell’Università di Leeds, in un suo articolo pubblicato dall’agenzia di stampa nazionale turca “Anadolu”. 

Nessuno avrebbe potuto prevedere che l’equivoco ingenerato dal tragico evento di Southport avrebbe scatenato una tale violenza. L’accusato, tuttavia, non era né musulmano né un rifugiato, ma un cristiano nato nel Regno Unito. Ma se  fosse stato musulmano, si chiede Sayyid, questo avrebbe giustificato l’attacco alle moschee, il saccheggio di negozi musulmani, il pestaggio di persone di colore a caso e l’esposizione di slogan che insultano il Profeta e l’Islam?

Una caratteristica fondamentale di tutte le forme di razzismo è il modo in cui un individuo è visto come rappresentante di un’intera comunità.

Muslims Lives Don’t Matter?

Viviamo in un’epoca in cui l’islamofobia è ormai routine: ”Muslims lives Don’t  Matter” le vite dei musulmani sembrano non avere importanza, scrive il professor Sayyied. Ma l’islamofobia, a suo giudizio, non è presente solo nelle violenze contro le espressioni percepite di appartenenza musulmana, ma anche nelle condizioni che rendono tale violenza pensabile. Una falsa voce potrebbe aver innescato il pogrom antislamico dei giorni scorsi nel Regno Unito, ma non ne è stata la causa…

Autori e complici

Gli autori dei pogrom sono facili da identificare: sono le persone che bruciano, saccheggiano e aggrediscono. Ma se trascuriamo i loro complici, perdiamo di vista la collaborazione tra dirigenti politici e opinion makers che hanno favorito la creazione di un ambiente ostile a  musulmani e rifugiati.

Come nel caso di Robert Jenrick, candidato alla leadership dei Tory e potenzialmente futuro primo ministro, che nel pieno del pogrom antislamico,  ha dichiarato in TV che qualsiasi musulmano che dicesse “Allahu Akbar” dovrebbe essere immediatamente arrestato (sic!).

Il governo dei Tory, sconfitto dopo 14 anni al potere, aveva fatto delle politiche razziste un proprio tratto identitario: vedi la legge recentemente approvata, fra molte polemiche, sulla deportazione in Rwanda dei migranti irregolari (subito   abrogata dai neo eletti Labour).

L’ondata di razzismo ha travolto il Regno Unito a meno di un mese dall’insediamento del nuovo governo Labour di Keir Starmer, che ha promesso di proteggere le minoranze, reclutando altri 6.000 poliziotti e creando 500 posti in carcere.

Il professor Sayyid, tuttavia, lamenta il fatto che il nuovo governo laburista    continua a rifiutarsi di collaborare con il Muslim Council of Britain, la più grande organizzazione rappresentativa musulmana.

Ma quel che più conta è che dopo dieci giorni di azioni squadriste e  mobilitazioni islamofobe in tutto il Regno Unito, attivisti antirazzisti organizzati sotto lo slogan Stand Up to Racism hanno marciato in oltre 30 città, da Liverpool a Oxford, Newcastle, Brighton, Southampton, North Finchley, Nottingham, Cheadle … A Londra una folla oceanica è partita da Totthenam per riversarsi verso Walthamstow.

Contro-proteste su larga scala, ampiamente partecipate, che hanno dimostrato che la società civile inglese possiede ancora gli anticorpi per sconfiggere i pregiudizi xenofobi e razziali.

Condividi su:

Posts Carousel

Latest Posts

Top Authors

Most Commented

Featured Videos

Che tempo fa



Condividi su: