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Recensione, “Tutto iniziò da quel finestrino”

Recensione, “Tutto iniziò da quel finestrino”

K metro 0 – Roma – Un figlio che recupera a distanza di decenni pagine sparse di un diario paterno. Il diario di un giovane polacco in fuga dalla sua terra, il giorno dopo la sottoscrizione del patto di spartizione della Polonia tra il Reich e l’Urss. E’ la notte del 13 aprile del 1940

K metro 0 – Roma – Un figlio che recupera a distanza di decenni pagine sparse di un diario paterno. Il diario di un giovane polacco in fuga dalla sua terra, il giorno dopo la sottoscrizione del patto di spartizione della Polonia tra il Reich e l’Urss. E’ la notte del 13 aprile del 1940 e Kurt Rosenberg, vent’anni appena, ebreo,  figlio del capitano Herman Rosenberg, viene trascinato fuori casa dalla polizia segreta sovietica. Con lui la madre e il fratello, destinazione la stazione di Leopoli. Dove li aspetta un treno merci, carico di donne, ragazzi, bambini, le famiglie  di ufficiali polacchi, arrestati in precedenza, proprio come il padre di Kurt. Nessuno sa dove sia diretto quel treno, guardato a vista dai soldati sovietici. Trascorrono le ore e quel treno è sempre fermo, sotto stretto controllo dei militari.  Alle sei del mattino il giovane Kurt decide di infilarsi in una stretta apertura, in alto sul carro. Un finestrino, lo stesso che dà il titolo a questo libro curato da Ugo Rosenberg, figlio di Kurt e nato in Italia, a Roma.

Decenni dopo Ugo ha raccolto il diario del padre, della sua straordinaria fuga attraverso mezza Europa, del suo arrivo in Italia, paese che lo accolto e dove si è stabilito, e ne ha recuperato la storia. Kurt che sfugge alla deportazione  che invece toccherà non solo al padre, ma anche alla madre e al fratello minore, Egon che finiranno in Kazakistan. Per qualche mese si nasconde a Leopoli, quindi lascia la Romania smembrata da Stalin, nel frattempo  assiste al violento pogrom scatenato dai nazisti locali.

Migliaia di ebrei  vengono razziati dai legionari della Guardia di Ferro ed esposti nel locale mattatoio. Da Bucarest, attraverso l’Europa in compagnia  di due amici, Jan e Wolf. In attesa di imbarcarsi per la Palestina. Un mito inseguito ma che non si realizzerà per le oggettive condizioni di rischio, con il continente caduto quasi interamente in mano dei tedeschi e dei loro alleati. Dalla Serbia, Kurt e i suoi amici raggiungono Sarajevo e lì con il sostegno della rete clandestina e  con l’aiuto di singoli mossi da umana solidarietà, utilizzando ogni possibile mezzo di locomozione- carri, treni, animali- raggiungono le bocche del Cattaro, sulla costa dalmata, in attesa di una nave britannica che avrebbe dovuto condurli in salvo. E mancherà l’appuntamento. 

Ormai l’esercito jugoslavo si era liquefatto , italiani e tedeschi dilagavano ovunque, la Croazia si era dichiarata indipendente per schierarsi al fianco della Germania, e i gruppi clandestini della resistenza venivano cacciati dall’esercito del Reich palmo per palmo. Una strada per la salvezza viene individuata nell’Italia. Saranno dei contrabbandieri a portare il gruppo nella penisola. Da Trieste verso il sud del paese. Per sopravvivere si fanno internare dopo aver provveduto alla falsificazione dei documenti.. Il gruppo che ormai è composto da una ventina di persone perseguitate è costretto a dividersi: una parte viene trasferito a Bomba ed una parte ad Archi. due borghi del chietino, dove si danno da fare per racimolare un pò di denaro che consenta loro di sopravvivere.

Nel 1942 tra la Russia e il Nord Italia cominciano ad avvertirsi i primi scricchiolii delle forze dell’Asse e i tedeschi che non si fidano più degli italiani, cominciano una selvaggia azione di rastrellamento che arriva fin nelle campagne. Proprio dove hanno trovato rifugio Kurt e i suoi compagni di fuga. E ricomincia la vita da fantasmi, alla ricerca di rifugi dove nascondersi e far perdere le proprie tracce. Solo nell’autunno del ’43 riescono a passare in Puglia. a Brindisi in mano degli Alleati e dove il gruppo si aggrega alle forze di Liberazione. Nel gennaio dell’anno successivo l’arruolamento nell’esercito polacco e la partecipazione alla battaglia di Cassino, durata quattro mesi e tra le più cruente della campagna d’Italia. L’insurrezione  di Varsavia del 1 agosto del 1944 brutalmente repressa nel sangue dai tedeschi con 200mila morti in 63 giorni di resistenza, convinse Kurt a restare in Italia, dove si sposerà e crescerà suo figlio. Ugo, appunto che 80 anni dopo quella battaglia, ha reso omaggio a tutti i resistenti pubblicando la storia del padre in fuga per quattro anni nell’ Europa sconvolta dalla guerra, dalle brutalità staliniane e dalla feroce caccia all’ebreo. 

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Rossana Livolsi
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