La libertà religiosa è la pietra angolare di una società sviluppata. K metro 0 – New York – Per il 18esimo anno consecutivo Freedom House (una ONG con sede a Washington, che pubblica Freedom in the world, rapporto annuale sul grado di libertà civili e diritti politici garantiti in ciascun paese, N.d.R) ha registrato un
La libertà religiosa è la pietra angolare di una società sviluppata.
K metro 0 – New York – Per il 18esimo anno consecutivo Freedom House (una ONG con sede a Washington, che pubblica Freedom in the world, rapporto annuale sul grado di libertà civili e diritti politici garantiti in ciascun paese, N.d.R) ha registrato un declino delle libertà civili su scala globale. Nella provincia cinese dello Xinjiang, dove vivono molti uiguri (un’etnia turcofona di religione islamica N.d.R.) le pratiche religiose sono state soppresse con la demolizione di moschee e la ridenominazione di 630 villaggi. In India, i musulmani sono di nuovo alle prese con il governo di Narendra Modi appena rieletto per la terza volta e la Nigeria rimane critica per i cristiani.
Ma questi paesi non si rendono pienamente conto di quanto la libertà religiosa sia intrecciata con altre libertà che favoriscono lo sviluppo di società stabili e prospere (cfr., Mario Bccianini, Alle origini del moderno umanitarismo: il ruolo della stampa, www.kmetro0.it, 22 luglio 2024).
Proprio una settimana prima del vertice del G7 in Italia (13-15 giugno 2024) si è svolta a Roma a Villa Magistrale (sede extra-territoriale dell’Ordine di Malta all’Aventino) la conferenza internazionale su “Libertà religiosa e sviluppo umano integrale”. Un grande evento organizzato dal Consiglio Atlantico, dall’Ambasciata del Sovrano Militare Ordine di Malta presso la Santa Sede, dalla Pontificia Università Urbaniana, dall’Università del Sussex, dall’Università di Notre Dame (un’istituzione cattolica statunitense situata presso South Bend, nell’Indiana) e dalla John Cabot University (un’università privata statunitense che opera in Italia con sede a Roma).
Dan Negrea, Senior Director of the Freedom and Prosperity Center dell’Atlantic Council (un centro studi statunitense con sede a Washington, fondato nel 1961 con la missione di incoraggiare la continuazione della cooperazione tra Nord America ed Europa) aveva riunito per l’occasione una sessantina di docenti universitari e di ricercatori provenienti da 19 paesi, insieme a rappresentanti di governi e delle religioni, per affrontare uno dei temi più delicati a livello globale a causa delle restrizioni della libertà di religione e di culto in molti paesi con l’obiettivo di offrire una piattaforma nuova di dialogo aperto ed equilibrato.
Tutti hanno convenuto che per raggiungerlo è fondamentale la cooperazione con i leader e i gruppi religiosi locali anziché imporre idee astratte o stereotipi che mal si attagliano alle realtà sociali.
Esponenti religiosi come monsignor Anthony Onyemuche Ekpo (Sottosegretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale) e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher (Segretario per i Rapporti con gli Stati), sono convinti che la libertà religiosa è un concetto relazionale, non una questione a sé stante.
Se parte dei protagonisti della scena politica e dei media occidentali utilizzano la religione per esaltare il nazionalismo e la supremazia bianca, i relatori della Conferenza di Roma ritengono invece che la libertà religiosa favorisce la prosperità economica e la stabilità sociale.
Nazila Ghanea avvocato britannico di origine iraniana, docente di diritto all’Università di Oxford e relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione o di credo (FORB:‘Freedom of Religion or Belief’) ha sottolineato che dovremmo trattare la diversità come qualcosa che pratichiamo attivamente. Non basta difendere la libertà religiosa, ma è necessario consentire alle minoranze religiose di aprirsi all’intera società favorendo uno scambio fecondo di idee e risorse spirituali.
Né basta difendere semplicemente i diritti umani. E’ necessario anche far capire che il loro rispetto è una scelta intelligente per mantenere la stabilità sociale.
Le sfide globali che oggi dobbiamo affrontare ci impongono di concentrarci nuovamente sulla questione della libertà religiosa, un diritto di fatto limitato per quasi 4,9 miliardi di persone che vivono sotto regimi oppressivi.
Molti gruppi vulnerabili in tutto il mondo sono svantaggiati a causa delle loro convinzioni dal momento in cui, come è stato rilevato durante la Conferenza di Roma, la libertà religiosa entra in sinergia con altri fattori che favoriscono lo sviluppo umano integrale (IHD: Integral Human Development): un nuovo approccio che collega la libertà religiosa e lo sviluppo sostenibile, mostrando come si influenzano a vicenda in diverse situazioni.
Ciò nonostante, gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG: Sustainable Development Goals) trascurano in gran parte la libertà religiosa.
Eppure, se questa venisse tenuta nella giusta considerazione in tutte le iniziative politiche in Europa, potrebbe rafforzare le comunità promuovendo il rispetto e l’inclusione. Cosa tanto più importante ora che le divisioni diventano più profonde e influenzano ovunque la percezione della realtà.
“Siamo fin troppo consapevoli che il nazionalismo religioso, purtroppo, è in aumento”, insieme alla violenza settaria e alla polarizzazione delle nostre società, alimentata anche da pregiudizi religiosi, ha affermato Fabio Petito, docente di Relazioni Internazionali all’Università del Sussex e direttore del programma Religioni e relazioni internazionali dell’Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale).
Tutti i partecipanti alla Conferenza di Roma hanno riconosciuto l’importanza del dialogo interreligioso e della comprensione del concetto di libertà religiosa all’interno delle diverse tradizioni, essenziale per riparare i danni causati dal suprematismo, dalla paura e dall’odio. E hanno sottolineato la necessità di dialoghi che non si limitino a confrontare prospettive diverse, ma coinvolgano anche giovani leader che influenzeranno le politiche future.
Questo richiede una politica innovativa che sfrutti le intuizioni dei diversi punti di vista religiosi e spirituali per raggiungere obiettivi sociali condivisi.
Per i leader del G7, riuniti dopo la Conferenza di Roma del Consiglio Atlantico, il messaggio chiave è chiaro: promuovere la libertà religiosa non è solo un obbligo morale: è una strategia per sviluppare società forti, innovative ed eque capaci di resistere alla retorica divisiva dei leader populisti.
Alla fine, la libertà religiosa è stata ridotta a una pedina nelle guerre culturali, sfruttata in realtà da leader che prosperano nel dividere e imperare. Ma per coloro la cui identità e cultura dipendono da essa, la libertà religiosa è una questione di sopravvivenza e di salvaguardia del proprio modo di vivere.
Joseph Lemoine, vicedirettore del Centro Libertà e Prosperità del Consiglio Atlantico, si è chiesto: se l’obiettivo è la prosperità allora come ci si arriva? Riconoscendo il bisogno di libertà, o più precisamente della libertà politica ed economica garantita da un solido quadro giuridico che vale per tutti i cittadini. Da cui l’importanza della libertà di religione e di credo, che dovrebbe comprendere sia la libertà da interferenze sia la libertà di praticare senza ostacoli, evitando di dare priorità all’una rispetto all’altra.
Ciò implica vivere attivamente la diversità piuttosto che imporla ovvero apprendere attraverso l’azione, e non mediante l’imposizione; e fondare l’azione di governo sul rispetto reciproco, non sulla gerarchia.
I dittatori e coloro che privilegiano una religione rispetto ad altre mirano al potere e al predominio anziché a proteggere gli individui dai loro effetti.
Ecco perché abbracciare la duplice libertà (economica e religiosa) è fondamentale per sanare le divisioni sociali dell’Europa e rivendicare la sua leadership morale e il suo ruolo di paladino mondiale della giustizia.
di Joseph Hammond
(Traduzione di Mario Baccianini)