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Polonia: il “liberale” Tusk delude le speranze di rinnovamento

Polonia: il “liberale” Tusk delude le speranze di rinnovamento

K metro 0 – Varsavia – Ombre su Varsavia. Le speranze suscitate lo scorso autunno dal nuovo governo filoeuropeo di Donald Tusk, che ha scalzato gli ultraconservatori al potere da  otto anni, sono tutt’altro che realizzate. Il cambiamento è più di nome che di fatto. Nelle capitali europee la sconfitta del partito ultraconservatore euroscettico e

K metro 0 – Varsavia – Ombre su Varsavia. Le speranze suscitate lo scorso autunno dal nuovo governo filoeuropeo di Donald Tusk, che ha scalzato gli ultraconservatori al potere da  otto anni, sono tutt’altro che realizzate. Il cambiamento è più di nome che di fatto. Nelle capitali europee la sconfitta del partito ultraconservatore euroscettico e nazionalista polacco, il PIS, era stata festeggiata da quasi tutti i governi del continente come un segnale che l’ascesa dell’estrema destra non era inevitabile, nonostante i successi elettorali dell’italiana Giorgia Meloni e dell’ungherese Viktor Orban, scrive  Frédéric Says di Radio France.

Valérie Hayer, eurodeputata del partito di Macron, Renaissance, e capogruppo dei liberali di Renew Europe al parlamento di Bruxelles si era    rallegrata per questa vittoria che avrebbe dovuto creare un clima propizio “per i diritti delle donne, per il progresso e per lo Stato di diritto”.

Ma in Polonia non tutto va come previsto. E i diplomatici europei hanno indubbiamente scambiato i loro desideri con la realtà. La Polonia, oggi guidata da un’alleanza  fra Coalizione civica (Ko, centrodestra), partito centrista Terza via  vicino agli agricoltori e sinistra di Lewica ha certamente cambiato maggioranza politica. Il governo Tusk critica meno Bruxelles e con meno forza.  Ma i suoi margini di manovra sono limitati dal presidente della repubblica,  Andrzej  Duda, (legato al precedente governo) che può mettere il veto sulle leggi approvate dal parlamento.

I programmi e le strategie di quasi tutti i partiti puntavano all’obiettivo di “riprendere il controllo dello Stato” (le istituzioni, le cariche amministrative e i posti negli organi elettivi) dopo otto anni di governo illiberale del partito sovranista e nazionalista Diritto e giustizia (Pis). Questo non significa, però, che  le decisioni su temi come l’ecologia,  la politica migratoria  e i diritti delle donne siano state più progressiste. Su queste materie, del resto,  non c’era  da aspettarsi che il pendolo della politica si spostasse verso il centro. Più probabile invece che il centro tendesse a spostarsi nettamente a destra, come avvertiva già all’inizio di primavera, sul sito d’informazione “Krytyka Polityczna”,  il sociologo polacco Adam Ostolski, già esponente dei Verdi tra il 2013 e il 2016.

Quasi cinque mesi dopo le elezioni politiche dell’autunno 2023, le forze che più si erano mobilitate contro il governo ultraconservatore del PIS stavano ancora aspettando la legge sulla liberalizzazione dell’aborto che Tusk aveva promesso “entro i primi cento giorni di governo”.

L’aborto in Polonia  è praticamente vietato e coloro che aiutano a praticarlo rischiano tre anni di carcere. I deputati si sono rifiutati di modificare la legge, con una maggioranza risicata alla fine della scorsa settimana. La coalizione del primo ministro Donald Tusk è divisa su questo tema molto delicato in una Polonia largamente religiosa. Così il parlamento ha respinto la proposta di legge sulla depenalizzazione dell’aborto assistito, peraltro non condivisa neanche da una parte della coalizione di Tusk. È quindi improbabile che il diritto all’aborto possa progredire nel breve termine.

Mentre il nuovo governo “liberale” cercava di recuperare terreno, gli ultraconservatori del PIS hanno provato a difendere le posizioni acquisite, non sempre contrastate con sufficiente energia.

Un altro tema potenzialmente incandescente, scrive  Ostolski, è quello dei confini e della politica migratoria. Il Pis accusa da tempo i partiti  oggi  al governo di voler aprire le frontiere agli immigrati irregolari, cedendo ai “diktat di Bruxelles”. Coalizione civica si difende sostenendo che i responsabili dell’immigrazione irregolare sono i suoi predecessori e che il nuovo governo sta cercando di chiudere le frontiere correggendo i loro errori.

Il parlamento polacco ha appena autorizzato gli agenti di polizia a sparare con proiettili veri alla frontiera per dissuadere i migranti dall’entrare nel territorio, una legge adottata quasi all’unanimità. La Polonia accusa la Bielorussia, paese vicino e alleato di Mosca, di incoraggiare l’arrivo di migranti irregolari, una strategia che ritiene destabilizzante. Amnesty International è preoccupata per questa nuova legge che rischia di “indebolire lo Stato di diritto”.

E questo, paradossalmente, proprio dopo che il 6 maggio scorso, come riportava France Presse la Commissione europea aveva annunciato la chiusura di una procedura per violazione dello Stato di diritto lanciata contro la Polonia nel dicembre 2017, grazie alle misure adottate dal nuovo governo guidato da Donald Tusk per ripristinare l’indipendenza della magistratura. La procedura dell’articolo 7 del trattato dell’Unione europea (Ue) può portare, in casi estremi, alla sospensione del diritto di voto di un paese membro nel Consiglio dell’Ue in caso di “grave violazione” dello Stato di diritto.   Rimasta in vigore nei confronti di un unico Stato membro, l’Ungheria guidata da Viktor Orbán, era stata chiusa per la Polonia, poiché, secondo la Commissione europea , non c’era più il  rischio evidente di una grave violazione dello Stato di diritto in Polonia sulla base all’articolo 7 del trattato dell’UE.

La Commissione, oltre a sottolineare il fatto che la Polonia aveva introdotto misure per ripristinare l’indipendenza della magistratura e riconosciuto il primato del diritto europeo su quello interno, si era impegnata ad applicare le decisioni  dei tribunali dell’UE e della  Corte europea  dei diritti umani.  

Ma di fronte ai passi indietro del nuovo governo di Varsavia, le capitali europee restano molto silenziose. Da un lato perché la Polonia è uno Stato chiave nel contesto della guerra in Ucraina, quello che spende di più in armi, in proporzione alla sua ricchezza nazionale. Insomma, un  alleato forte. È poi perché è una nazione potente negli organismi europei: la quinta per numero di deputati al Parlamento di Strasburgo, subito dopo Germania, Francia, Italia e Spagna. I polacchi sono molto influenti all’interno del primo gruppo politico, quello della destra europea: ancora una volta, alleati da non urtare.

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