K metro 0 – Pyongyang – Passed away: è trapassato esattamente 30 anni fa, l’8 luglio 1994, il líder máximo della Repubblica popolare democratica di Corea, Kim Il-sung. Fondatore della Dinastia Rossa e dell’ideologia juche, una variante del marxismo-leninismo, totalitaria e stalinista, con forti tendenze autarchiche e patriottiche, ha fatto della Corea del Nord lo
K metro 0 – Pyongyang – Passed away: è trapassato esattamente 30 anni fa, l’8 luglio 1994, il líder máximo della Repubblica popolare democratica di Corea, Kim Il-sung. Fondatore della Dinastia Rossa e dell’ideologia juche, una variante del marxismo-leninismo, totalitaria e stalinista, con forti tendenze autarchiche e patriottiche, ha fatto della Corea del Nord lo Stato più chiuso e impenetrabile, che ha isolato i suoi cittadini dal resto del mondo.
Lasciò un paese devastato dalla carestia, che aveva assistito alla caduta degli Stati comunisti europei. Nel 1998, quattro anni dopo la sua morte, ricevette il titolo di “Presidente Eterno” della Repubblica.
Gli succedette il figlio Kim Jong-il, promotore del programma nucleare militare nordcoreano, che non ereditò la carica di presidente né il titolo di “Presidente Eterno”, ma fu più sommariamente nominato “Segretario generale eterno”. Dopo la sua scomparsa, nel 2012, la guida del paese toccò a suo figlio, l’attuale leader Kim Jong-un. Ciò ha reso i Kim la prima “dinastia socialista” della storia.
A differenza degli altri regimi, la successione in Corea del Nord non è mai stata un problema: Kim Il-sung è stato glorificato come colui che ha guidato il popolo verso la sua liberazione, di conseguenza anche dopo la sua morte continua a rimanere l’unico vero leader e solamente i membri della sua dinastia possono succedergli.
La Corea del Nord è una creatura fatta a sua immagine e somiglianza. Il sistema socioeconomico del paese, così come il suo regime ereditario e la sua pretesa autosufficienza di fronte alle interferenze “imperialiste”, sono riconducibili alla sua figura.
Ascesa e caduta del sistema nordcoreano
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, la divisione della penisola coreana in due Stati, con un sud agricolo dipendente dal nord industriale, comportò la rottura del sistema produttivo tra i due paesi. Gli sforzi di ricostruzione di Kim Il-sung miravano a sviluppare un’economia dinamica e a riorientare i suoi mercati verso il blocco comunista.
Nonostante la devastazione subita durante la guerra di Corea, l’economia nordcoreana non è stata sempre avvolta nell’ombra. Pyongyang aveva un vantaggio comparativo rispetto al suo vicino poiché possedeva i principali giacimenti minerari della penisola e una base industriale inesistente nel sud. Durante gli anni ’50 e ’60, la Corea del Nord aveva un PIL fino a 30 volte superiore a quello della Corea del Sud.
Negli anni ’70, il paese esportava macchinari pesanti e prodotti chimici in quasi tutti i paesi comunisti e dell’America Latina attraverso il complesso industriale Hamhung-Hungham. Ma due decenni più tardi, stava già sprofondando nella povertà dopo la caduta del blocco comunista e la contrazione dell’offerta del suo mercato.
La débâcle è un ricordo ancor vivo nel paese. “Oggi Kim Jong-un è più interessato alle questioni militari. Ha capito che non può più competere economicamente con la Corea del Sud”, spiega Ramón Pacheco, docente di Relazioni Internazionali al King’s College di Londra.
Mentre sempre più industrie restavano inattive e venivano smantellate e trasportate per essere scambiate con prodotti alimentari in Cina, Kim Jong-il lanciò l’unico meccanismo – oltre a quello militare – che gli era rimasto per tenere a galla il suo governo: la propaganda.
L’ideologia Juche: autonomia e culto del leader
L’attuale sistema della Corea del Nord è stato mantenuto sulla base dell’ideologia Juche di Kim Il-sung e Kim Jong-il, il cui obiettivo finale era quello di rendere autosufficiente la popolazione della Corea del Nord in tutti i campi, da quello economico a quello militare facendo appello a un sentimento di unità nazionale.
L’ideologia Juche non è altro che l’ossessione di una famiglia e di un’élite di restare al potere. “E questo, a sua volta, è il fattore che impedisce la riforma, perché qualsiasi riforma, anche in stile cinese, significa mettere a rischio il loro potere” sostiene Fernando Delage dell’Università Loyola del’Andalusia.
Fin dall’inizio della sua carriera politica, la ricerca dell’autonomia per la Corea ha occupato un posto centrale nel pensiero di Kim Il-sung, ma solo con il suo successore l’idea è stata sistematizzata. Fu in effetti Kim Jong-il a trasformare l’ideologia Juche da una visione meramente nazionalista a un’ideologia di culto e di rafforzamento del regime ereditario di Pyongyang.
Uno degli aspetti che hanno aiutato la permanenza dei Kim attraverso la dottrina Juche è stata la flessibilità e la capacità di adattare l’ideologia ai cambiamenti del sistema internazionale. In effetti, il rafforzamento di questa ideologia di “autodeterminazione” ha motivato in una certa misura il successivo sviluppo del programma militare nucleare di Kim Jong-il.
La dinastia rossa
Nel 1974, Kim Jong-il fu nominato successore di suo padre Kim Il-sung. Con un evento senza precedenti, il regime comunista rese ereditario il trasferimento del potere politico.
Le ragioni della successione rispondevano sia alla necessità di evitare l’instabilità politica in caso di morte improvvisa, sia alla situazione degli altri regimi socialisti. Nella vicina Cina, la Rivoluzione Culturale aveva scosso il regime maoista e, prima ancora, in Unione Sovietica, Nikita Krusciov aveva promosso la destalinizzazione e lo smantellato della sua eredità dittatoriale.
Kim Il-sung aveva bisogno di un successore che garantisse la preservazione del suo modello ideologico in un regime che doveva ancora superare la prova del passaggio dalla prima alla seconda generazione rivoluzionaria.
Oggi, il contesto in cui opera l’attuale leader Kim Jong-un è completamente diverso da quello dell’epoca di duo nonno, che probabilmente aveva più fiducia in coloro che lo circondavano, osserva Delage. “Il nipote, invece, trasmette una forte sensazione di vulnerabilità interna dopo aver ucciso lo zio e il fratellastro, entrambi possibili successori al suo posto”, osserva Delage.
La predestinazione nucleare
A differenza di suo figlio e di suo nipote, Kim Il-sung non aveva un interesse così evidente nello sviluppo di un programma nucleare militare, anche se non vi è dubbio che gli eventi internazionali alla fine abbiano influenzato la sua propensione verso l’arma atomica, peraltro già covata anche prima della guerra di Corea.
Alla fine il leader nordcoreano decise di sviluppare un programma nucleare sulla scia della distensione dell’URSS e della Cina con gli Stati Uniti. “Durante la Guerra Fredda, anche gli Stati Uniti smisero di sostenere Taiwan e il Vietnam del Sud, quindi era normale che Kim Il-sung pensasse che la Cina e l’URSS avrebbero fatto lo stesso con loro”, osserva Pacheco.
Ma anche le attività nucleari segrete svolte dalla Corea del Sud tra il 1979 e il 2000, e finalmente ammesse nel 2004, aumentarono i sospetti della Corea del Nord. E alla fine, Kim Il-sung capì che la longevità del regime, così come l’interesse di suo figlio, potevano essere garantiti con le armi atomiche.
Dopo la crisi economica del 1990, Kim Jong-il, allora capo della Commissione di difesa nazionale, sottolineò che le questioni di sicurezza erano diventate prioritarie. E apparve chiaro che le perplessità di Kim Il-sung sullo sviluppo delle armi atomiche dovute alla situazione interna e internazionale, non avrebbero avuto più ragion d’essere per i suoi successori.